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Papa Wojtyla

Papa Wojtyla, Papa Bergoglio e la legittima difesa dei popoli

Il Bloc Notes di Michele Magno

Il 7 agosto 1992, il segretario della Santa Sede Angelo Sodano rilasciò questa dichiarazione, ovviamente concordata con Giovanni Paolo II: “Per frenare questa guerra [in Jugoslavia], per recare soccorsi alle popolazioni e per indagare sulle accuse di atrocità in campi di concentramento, per i quali la Santa Sede ha notizie più che sicure, gli Stati europei e le Nazioni Unite hanno il dovere e il diritto di ingerenza, per disarmare chi vuole uccidere”.

Il 5 dicembre 1992, nel discorso alla Fao, Giovanni Paolo II disse: “Sia reso obbligatorio l’intervento umanitario nelle situazioni che compromettono gravemente la sopravvivenza di popoli e di interi gruppi etnici”. Il 17 gennaio 1993, nel discorso al Corpo diplomatico, sempre sulla guerra in Jugoslavia precisò: “Una volta che tutte le possibilità offerte dai negoziati diplomatici siano stati messi in atto e che, nonostante questo, delle intere popolazioni sono sul punto di soccombere sotto i colpi di un ingiusto aggressore, gli Stati non hanno più il ‘diritto all’indifferenza’. Sembra proprio che il loro dovere sia di disarmare questo aggressore”. Un anno dopo, nel gennaio 1994, ancora al Corpo diplomatico, Papa Wojtyla spiegò: “La Sede Apostolica, da parte sua, non cessa di ricordare il principio dell’intervento umanitario. Non in primo luogo un intervento di tipo militare, ma ogni tipo di azione che miri a un disarmo dell’aggressore”. Altri tempi, altri Papi.

[ItaliaOggi]

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“Vim vi repellere licet” (è lecito respingere la violenza con la violenza), è un principio presente già nel Digesto di Giustiniano (533). È accettato da ogni ordinamento giuridico e da ogni dottrina morale, tranne dalle dottrine della nonviolenza. Con una sua interpretazione perfino estensiva, è stato accolto  anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica, voluto nel 1992 da Giovanni Paolo II proprio come espressione del magistero conciliare: “La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l’ingiusto aggressore in stato di non nuocere” (n.2265).

Non basta. Più avanti, il Catechismo recita:” Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente: che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo; che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci; che ci siano fondate condizioni di successo; che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della ‘guerra giusta’. La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune” (n.2309). Se dico una castroneria Papa Bergoglio mi perdonerà (del resto è il suo mestiere), ma ho l’impressione che il diritto alla legittima difesa del popolo ucraino non abbia trovato fin qui, nei suoi pur appassionati appelli alla pace, il sostegno che meritava.

[ItaliaOggi]

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“Sull’invio delle armi in Ucraina ripeto quello che ho detto dall’inizio: c’è un diritto alla difesa armata in caso di aggressione, questo lo afferma anche il Catechismo, a determinate condizioni. Soprattutto quella della proporzionalità, poi il fatto che la risposta non produca maggiori danni di quelli dell’aggressione. In questo contesto si parla di ‘guerra giusta’”. Il problema dell’invio di armi si colloca all’interno di questo quadro. Capisco che nel concreto sia più difficile determinarlo, però bisogna avere alcuni parametri chiari per affrontarlo nella maniera più giusta e moderata possibile” (Dichiarazione rilasciata alla stampa il 12 maggio 2022 dal cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede).

 

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