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Salvini

Il concerto italiano contro le smargiassate francesi

Le reazioni di Mattarella e Draghi alle minacce di ingerenze balenate da un ministro francese. La nota di Paola Sacchi

 

L’intervento del Capo dello Stato fermo e stringato: “L’Italia sa badare a sé stessa”. Quello di Mario Draghi nello stesso solco. La rettifica da Oltralpe dello stesso presidente Emmanuel Macron: pronti a collaborare con l’Italia. Sono tutti potenti segnali di un alt a quelle che Giorgia Meloni aveva definito “minacce di ingerenze”, dopo le parole a Repubblica del ministro francese agli Affari europei Laurence Boone sulla necessità di “vigilare sull’Italia”.

Giorgia Meloni, uscendo ieri sera da Montecitorio dopo un’altra giornata di lavoro sui dossier e il rebus della squadra di governo, non può che essere soddisfatta e fa sue le parole di Sergio Mattarella e Draghi: “Penso che qualunque italiano possa sentirsi rappresentato dalla segnalazione circa il fatto che l’Italia è perfettamente in grado di badare a sé stessa senza ingerenze”. Chiosa: “È finita l’epoca delle ingerenze estere”.

Il centrodestra resta guardingo. Antonio Tajani, vicepresidente e coordinatore di Forza Italia, plaude alle parole di Mattarella, e ricorda subito il precedente del 2011: “Ci furono pesanti ingerenze di altri governi europei nei confronti dell’Italia che portarono alla caduta del governo Berlusconi, l’ultimo espressione di una volontà popolare. Anche con il compiacente silenzio della sinistra. Faremo in modo che non accada mai più”.

Il numero due del Cav, ex presidente del Parlamento Europeo e ex commissario Ue, dato in pole per il ministero degli Esteri, ma secondo alcuni rumors anche per quello della Difesa, lancia un secco alt anche alla sinistra italiana. Tanto più che mentre tutti i riflettori sono puntati sul toto-nomi del futuro governo di centrodestra, non sono però passate inosservate le parole di Enrico Letta alla direzione del Pd dopo la sconfitta definita “non catastrofica”, anche se il Pd dopo 11 anni quasi torna all’opposizione.

Il segretario dem ha previsto che il governo non durerà più di tanto e che in quel caso saranno chieste elezioni, “niente più governi di unità nazionale”. È suonato come l’annuncio di un’antica strategia che è parsa prevalere sull’analisi vera delle cause della sconfitta e che ha creato malumori anche tra gli stessi dem.

Il punto, al di là del congresso e dell’eventuale cambio di leadership, sembra restare sempre quello di una mancata vera analisi sul problema numero uno: l’identità del Pd. E, quindi, se il dibattito procederà su questo binario rischia di seguirne una strategia dall’opposizione più che volta a tornare a vincere con propri precisi progetti e visioni, concentrata invece quasi soltanto sull’attacco degli avversari al governo. Anche chiedendo quelle elezioni anticipate sempre osteggiate quando le reclamava in questi anni il centrodestra. Insomma, un po’ sempre lo schema della campagna elettorale rivelatosi perdente, giocato proprio sull’allarme lanciato soprattutto sul piano internazionale.

Il centrodestra ha certamente i suoi problemi, a cominciare ora dal rebus della squadra di governo, ma sono problemi nell’ambito di una vittoria con una maggioranza netta. E il centrodestra ha già governato per quattro volte con il premier Berlusconi oltre ad essere ben rodato dalla guida che ha di 14 Regioni su 20. Un vertice della coalizione, annunciato per i prossimi giorni dalla di fatto premier in pectore Meloni, dovrebbe segnare un punto di svolta nel complesso risiko sul nuovo esecutivo a guida FdI.

Tajani, e con lui Maurizio Gasparri, chiede “pari dignità con la Lega”. Le due forze sono di fatto appaiate, seppur la Lega sia un incollatura sopra. Ma Matteo Salvini ha il 16 per cento dei parlamentari per effetto della vittoria nei collegi uninominali assegnati alla Lega in quota maggiore rispetto a FI. Resta lo snodo del Viminale dove la Lega non molla, se non altro per la semplice ragione che in caso di rifiuto a quel punto verrà chiesto un altro “ministero di peso” per il leader. Ieri a conferma che, nonostante a Salvini ogni giorno il toto-nomi assegni ministeri diversi – gli ultimi sarebbero Infrastrutture, Lavoro, Agricoltura, Sviluppo Economico – il Viminale resta la richiesta centrale del partito per il suo leader, fonti della Lega hanno sottolineato: “Non ci sono veti di alcun tipo su Matteo Salvini, il cui ottimo lavoro ai tempi del Viminale non è in discussione”.

Il fatto che Salvini a Saronno, a porte chiuse con i militanti, abbia rivendicato il ministero della Famiglia evidentemente non significa, secondo un’interpretazione semplicistica, che lo chieda per sé. Ovvio che si tratta di un modo per ribadire la centralità oltre che del dicastero per il partito, soprattutto quella della Lega che ha opzionato anche altri ministeri come quello, centrale per l’Autonomia, degli Affari regionali. Anche FI chiede ministeri chiave.

Oltre a Tajani, nella rosa del Cav le azzurre Licia Ronzulli e Annamaria Bernini, la prima stretta collaboratrice e vicecapogruppo al Senato, la seconda capogruppo sempre a Palazzo Madama. Nei nomi azzurri che si fanno anche Alessandro Cattaneo, capo dei dipartimenti di FI. Resta il nodo dei tecnici. Che però anche per FI potranno essere rappresentati solo da alcune personalità”, come ha detto il numero due azzurro.

Centrodestra guardingo anche sulla crisi energetica e le soluzioni Ue. La senatrice di FI Stefania Craxi, presidente uscente della commissione Esteri, avverte: “Ottusità e furbizie mettono a rischio l’Europa”.

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