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Expo 2030

Caro Renzi, è il momento di lasciare anche le consulenze in Arabia Saudita

Perché Matteo Renzi, dopo aver lasciato la direzione del "Riformista", dovrebbe tagliare i rapporti anche con l'Arabia Saudita. L'intervento di Marco Mayer, professore di Intelligence e Sicurezza nazionale alla Lumsa

“A proposito, come avete letto, nelle prossime settimane lascerò la guida de Il Riformista, al termine dell’anno di direzione che avevo assunto lo scorso aprile.” Con queste scarne parole Matteo Renzi ha informato stamani i lettori della sua newsletter della decisione di dimettersi da direttore de il Riformista, la testata firmata nei suoi tempi migliori da Antonio Polito e del compianto Emanuele Macaluso, a cui – per inciso – mi legava una lunga amicizia politica.

La decisione di Matteo Renzi mi ha fatto fa piacere perché il Riformista non è un organo di partito, e l’idea di un leader politico che dirige un quotidiano di opinione mi era sembrata sin dall’esordio una scelta infelice.

Non mi pare giusto mescolare l’attività politico-parlamentare con il quarto potere. Certo, stiamo parlando di un piccolo partito e di un piccolo giornale, poca cosa rispetto ai grandi intrecci tra politica, sanità, appalti pubblici e finanza che condizionano il mondo editoriale italiano, per non parlare della RAI. È un vero peccato – per fare un esempio – che gloriose testate come Panorama ed Espresso siano – un giorno sì e un giorno no – in balia delle onde.

A questo punto, se Matteo Renzi intende continuare nei prossimi anni il suo impegno in politica (e non solo in vista dell’eventuale candidatura alle europee) deve trovare il coraggio di fare il secondo passo. Non mi interessa che siano gratuite, pagate o a semplice rimborso spese, a me non piace (è solo una mia opinione, intendiamoci) che un politico italiano svolga attività di conferenziere e di consigliere del principe per la monarchia saudita, che governa un paese oltretutto molto influente nella politica internazionale, membro del G20 e dal 1 gennaio del 2024 anche dei BRICS, quest’anno a presidenza russa.

Matteo Renzi – polemizzando con Giuseppe Conte – ha ragione quando afferma che non è questione di conflitto di interessi. A mio avviso, Renzi farebbe bene a dimettersi dal board di FII non per un conflitto di interessi (peraltro tutto da dimostrare), ma per una questione di stile o – se i lettori di Startmag mi consentono questa espressione – di “eleganza politica”.

Matteo Renzi non ha bisogno di stare nel board di FII né di collaborare a progetti e iniziative con l’Arabia Saudita. Potrebbe farne a meno. La sua è una situazione di libertà. Ben diversa da quella di Emanuel Macron, che è alla guida di una nazione e che – sfidando le dure critiche di Renew Europe – dal 2017 ha stabilito relazioni commerciali sempre più intense con Riad anche nel comparto della difesa.

Personalmente, ritengo che sarebbe una buona regola che i politici evitassero di assumere incarichi in altri paesi. In passato non mi hanno neppure entusiasmato le scelte di Sandro Gozi, comunque rispettabili perché inserite in una solida cornice europea.

Il discorso sull’Arabia Saudita è totalmente diverso e richiede grande saggezza e prudenza. Il 7 dicembre scorso il presidente russo Vladimir Putin è stato ricevuto a Riad con tutti gli onori. Stando a quanto riporta Ria Novosti, Peskov ha detto ai giornalisti di “non potere riferire esattamente di cosa si è discusso” ma che “in generale” tra gli argomenti “è chiaro” che siano inclusi “il conflitto israelo-palestinese e altre questioni delicate nell’agenda internazionale”. E sicuramente Matteo Renzi ha letto il lungo e cordiale comunicato finale dell’incontro.

Qualunque sia la decisione personale dell’ex presidente del Consiglio sulla presenza futura in FII, un’opinione sui più recenti sviluppi delle relazioni russo-saudite farebbe bene ad esprimerla, o sbaglio? Anche stamani cadono missili Khinzal sulla regione ucraina di Leopoli e su Kiev. In vista delle prossime elezioni europee dell’8 e 9 giugno tutti i partiti e tutti candidati dovrebbero prendere posizione sui i paesi che intrattengono relazioni ambivalenti e “pericolose” con la Russia. Se non ora, quando?

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