Non c’è pace per il settimanale L’Espresso. Il settimanale, fondato da Arrigo Benedetti ed Eugenio Scalfari 67 anni fa, diventa di proprietà al 100% del gruppo Ludoil Energy della famiglia Ammaturo. Il 27 giugno 2022 era passato dal gruppo Gedi a Bfc Media, il gruppo che fa capo all’imprenditore Danilo Iervolino.
Si è così concluso il progetto che doveva prevedere “il consolidamento e lo sviluppo del settimanale, accompagnato da una forte spinta multimediale attraverso le nuove tecnologie”. Il processo di avvicinamento tra L’Espresso e la famiglia Ammaturo andava avanti da diversi mesi: dallo scorso giugno Iervolino aveva aperto alla famiglia Ammaturo le porte del suo gruppo editoriale.
Ecco fatti, nomi, numeri e dettagli su Ammaturo, Ludoil e non solo.
L’ESPRESSO FINISCE NELLA MANI DELLA FAMIGLIA AMMATURO
A distanza di un anno e mezzo cambia ancora l’assetto proprietario del settimanale progressista. Una nota diffusa dal gruppo spiega cosa succede alla proprietà de L’Espresso. “Il Gruppo Ludoil Energy della famiglia Ammaturo acquista il 51% de L’Espresso Media da BFC Media che fa capo a Danilo Iervolino. Contestualmente Alga del Gruppo Ammaturo vende il 24,3% di BFC Media a IDI S.r.l., società di Danilo Iervolino”. Dunque, da un lato sale la quota di Ammaturo dal 49% al 100% dell’editrice de L’Espresso e dall’altro Iervolino rafforzare la quota in BFC Media che edita, tra le altre, l’edizione italiana della rivista Forbes. A giugno 2022 Bfc Media aveva acquistato il settimanale attraverso la sua controllata L’Espresso Media, partecipata al 51% da Bfc Media (di cui Iervolino detiene la quota di controllo) ed al 49% dalla Idi a socio unico Danilo Iervolino. Il valore dell’operazione era stato 4,5 milioni di euro.
LE PREOCCUPAZIONI DEL COMITATO DI REDAZIONE DE L’ESPRESSO
Il comitato di redazione del settimanale di sinistra ha commentato con preoccupazione questo nuovo avvicendamento societario. “Dopo un anno e mezzo di roboanti annunci dell’azionista di riferimento Danilo Iervolino, un annuncio davvero importante ci è arrivato a mezzo stampa. Infatti, abbiamo appreso da “Il Giornale”, prima che la notizia fosse confermata da un comunicato ufficiale, l’imminente vendita dell’Espresso al gruppo Ludoil della famiglia Ammaturo – scrivono i giornalisti de L’Espresso -. In attesa di scoprire con spirito costruttivo i piani di sviluppo e di rilancio dell’Espresso dei nuovi proprietari ribadiamo che sarà compito del comitato di redazione – che opera col mandato dell’intera assemblea – vigilare e agire sempre a tutela del prestigio e dell’indipendenza della testata”.
DI COSA SI OCCUPA IL NUOVO PROPRIETARIO DE L’ESPRESSO
Il gruppo Ludoil, di proprietà della famiglia Ammaturo, controllato dalla società capogruppo Ludoil Energy, è impegnato nella vendita, nella logistica e nella distribuzione dei prodotti petroliferi. L’azienda ha base a Nola, in provincia di Napoli. Come riportato sul portale della società, le vendite fanno capo alla Ludoil Energia Srl, mentre la logistica sui vari depositi fa capo a SO.DE.CO. Srl. “Quest’ultima, infatti, detiene le quote delle varie società proprietarie e che gestiscono gli assets petroliferi della Ludoil”. La rete di stazioni di servizio, più di 150 con i marchi Ludoil, Staroil, Italfuel, Alteroil, Easy fuel, tutti di proprietà dell’azienda, e con il marchio convenzionato Eni, fanno capo a Ludoil Re Spa, società collegata al gruppo ma fuori dal perimetro del consolidato.
TUTTI I NUMERI DELLA LUDOIL DELLA FAMIGLIA AMMATURO
La Ludoil, secondo i dati elaborati dal Centro studi CoMar, nel 2022 ha realizzato un fatturato di 1.505.595.000 euro, più che raddoppiando il risultato del 2021. Il margine operativo netto per il 2022 è stato di 10.134.000, in aumento rispetto al 2021 (7.970.00). A salire sono stati anche i dipendenti, passati da 168 a 181. Sono scesi i debiti: il rapporto in base al fatturato è passato dal 14,94% del 2021 al 4,99% del 2023.
GLI OBIETTIVI, NON REALIZZATI, DA IERVOLINO: 1 MILIONE DI ABBONATI
“Miriamo, nel prossimo anno, a un milione di abbonamenti online, puntando anche sul B2B”. Questo era l’annuncio roboante con il quale si era insediato l’editore di Bfc Media e L’Espresso, Danilo Iervolino. “Saremo – aveva spiegato – il primo ‘Netzine’, network e magazine, in una community su cui si può dibattere: ci sarà una partecipazione degli utenti per approfondire e discutere i contenuti con i giornalisti”. L’obiettivo era “creare un magazine tra i più grandi d’Europa”, dare vita a un magazine irriverente “perché L’Espresso possa rappresentare un vero alfiere nel cambiamento dell’editoria”, un settimanale che “sposerà le cause della sostenibilità, interculturalità, inclusione, smart city, telemedicina, microrobotica eccetera: siamo progressisti e su questo continueremo a essere divisivi”.
IL GIORNALE GREEN, INDIPENDENTE E DIGITALE CHE NON HA MAI VISTO LA LUCE
Iervolino disse che il giornale cartaceo doveva ritrovare “lo spirito di una lettura lenta che cambi l’umore, l’atmosfera e la vista sulla vita, che sia di inchiesta ma anche di proposizione, che possa scatenare la passione per la politica come per l’economia, che gridi per le grandi ingiustizie, che sia vicino ai deboli, che sia per il green e per la pace, per ridurre le disuguaglianze, che sia contro le criminalità, che racconti i volti nuovi che cambieranno il mondo, che sia coraggioso, il giornale di chi ha voglia di cambiamento”. Non solo. Molto forte avrebbe dovuto essere la spinta sul digitale. “Quando si parla di editoria online, non si intende semplicemente il giornale online. Quello è un solo aspetto”. Ma prima di tutto L’Espresso immaginato e promesso da Iervolino doveva essere indipendente. “Il modello Espresso rimarrà totalmente indipendente. Totalmente – aveva sottolineato -. Sono certo che sui business potrò fare di tutto. Mi piace fare, sono un costruttore. Ma non farò mai politica”.
L’ESPRESSO: DA LIRIO ABBATE AD ALESSANDRO ROSSI
Le cose sono andate in maniera un po’ diversa. A incominciare dal modo in cui è stato trattato il direttore Lirio Abbate, cui era stata inizialmente affidata la direzione del settimanale. Lirio Abbate promise “una nuova rivista che scompagina la sua foliazione, con un progetto grafico che punta sulle immagini: grandi ed esclusive, firmate spesso da grandi fotografi”. Fulcro della rivista di Abbate doveva essere una “contaminazione multimediale nel giornale di carta: ci sarà un QR Code su ogni articolo che rimanda non soltanto alla lettura ma anche all’ascolto, ai video, e a tutto ciò che può arricchire il servizio”. Dopo meno di sei mesi l’editore Iervolino licenziò Lirio Abbate preferendogli Alessandro Mauro Rossi, direttore di Forbes Italia e direttore editoriale del gruppo Bfc Media. Gia all’epoca la redazione dell’Espresso entrò in stato di agitazione e chiese al Cdr di “prendere ogni tipo di iniziativa a tutela del prestigio e dell’indipendenza della testata”.
LE RAGIONI DIETRO L’ALLONTANAMENTO DI LIRIO ABBATE
Secondo quanto riportato all’epoca da Dagospia a pesare sull’avvicendamento fu un’inchiesta, pubblicata nell’edizione di domenica 11 dicembre, sull’Amazzonia. L’articolo, firmato da Paolo Biondani e Pietro Mecarozzi, conteneva un attacco durissimo a Exor e Cnh di John Elkann. “Le due società degli Agnelli venivano tirate in ballo tra quelle che finanziano i colossi brasiliani accusati dei roghi che stanno devastando le foreste amazzonica – si legge su Dagospia -. E Yaki, memore dei bei tempi in cui era lui l’editore dell’Espresso, non avrebbe affatto gradito. Il nipote dell’Avvocato si è incazzato e l’ha fatto presente a Iervolino, minacciando di stracciare l’accordo per la distribuzione del settimanale in allegato a Repubblica (che scade a marzo). E a quel punto il vispo “golden boy” dell’editoria italiana si è rivalso sul direttore”.
COSA SCRIVEVA IL DIRETTORE DE L’ESPRESSO ALESSANDRO ROSSI DELLA FAMIGLIA AMMATURO
L’arrivo dei capitali della famiglia Ammaturo fu celebrato con toni a dir poco entusiastici da Forbes, allora diretto da Alessandro Mauro Rossi (attuale direttore anche del settimanale L’Espresso). “La storia dell’energia in Italia porta impresso il nome di Donato Ammaturo”, scriveva il direttore che definì l’imprenditore addirittura “visionario” per aver “trasformato un’azienda familiare, fondata nel 1954 da suo nonno, anche lui Donato, in uno dei gruppi energetici privati più importanti in Europa”. Tutto questo, viene sottolineato da Forbes nell’articolo prontamente postato sui social dal gruppo Ludoil, “sempre sotto la bandiera dell’etica”. Lo stesso stendardo che dovrebbe accompagnare l’avventura editoriale. “Donato – sottolinea Forbes – vuol farlo in punta di piedi”, ma più che per rispetto per la storia della testata e della redazione perché riconosce “la leadership indiscussa all’amico Danilo (si conoscono dall’infanzia perché sono entrambi di Palma Campania), ma pronto a portare la sua esperienza imprenditoriale in quest’avventura e mettere a disposizione il sostegno finanziario necessario per meglio realizzare il progetto de L’Espresso messo a punto dal socio-amico”.