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Russia Turchia

L’Italia resta a guardare Turchia e Russia in Libia?

Che cosa succede in Libia? Il commento di Giuseppe Gagliano

 

Mentre la portaerei Cavour ha raggiunto il suo obiettivo ormeggiando a Norfolk, in Virginia, presso la base navale della seconda flotta della Us Navy, il Mare Nostrum — e in particolare lo scacchiere libico — è allo stato attuale dominato dalle logiche di potenza russe e turche.

Al di là dei paradossi della politica estera italiana — interessata a compiacere l’alleato americano sia sotto il profilo industriale che strategico — ma incapace di tutelare i propri interessi nazionali in Libia, sono diverse le riflessioni che le recenti vicende libiche suscitano.

In prima battuta, a proposito della Turchia, ancora una volta non possiamo non osservare come le aspirazioni egemoniche del Mediterraneo orientale da parte della Turchia siano per certi versi analoghe a quelle già consolidate a Mogadiscio.

In secondo luogo non possiamo — né tanto meno dobbiamo — dimenticare che la Libia rimane suddivisa in tre settori e cioè la Tripolitania in mani al Gna, la Cirenaica controllata dall’Lna di Haftar mentre il Fezzan è caratterizzato da una parcellizzazione cagionata anche da organizzazioni terroristiche e criminali.

In terzo luogo, in relazione ai piani di risoluzione politica — certamente necessari — quello del Libyan Political Dialogue Forum (Lpdf) e della conseguente proposta costituzionale del 2017 a referendum per la ratifica, fino allo stato attuale ha riprodotto la conflittualità di interessi come dimostra l’assenza di un comune denominatore politico tra i 4 leader eletti alla guida del nuovo esecutivo.

In quarto luogo, i veri soggetti politici che dietro le quinte intendono porre in essere le loro sfere di influenze stanno con attenzione valutando quale credibilità dare al nuovo esecutivo anche se allo stato attuale l’ipotesi più credibile sembra quella di privarlo di una vera rappresentatività.

In quinto luogo l’approccio che fino a questo momento l’Onu ha attuato sembra essere caratterizzato dalla mancanza di una piena consapevolezza delle reali dinamiche conflittuali dello scacchiere libico come dimostra da un lato il fatto che Stephanie Williams ha riposto la propria fiducia su personaggi politicamente privi di credibilità come Bashagah e Saleh, e dall’altro lato come abbia dato per scontato la fine politica e militare di Haftar.

Quanto al nostro paese — al di là della commovente retorica del governo di unità nazionale e alle patetiche logiche gattopardiane — la classe politica nostrana è troppo interessata a spartirsi le poltrone secondo il motto romanesco purché se magna che a tutelare l’interesse nazionale. Erdogan e Putin ringraziano.

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