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Tunisia

Lista di putiniani e compiti dei Servizi

La lista dei “putiniani” è un brutto scivolone, da parte di un “gruppo di lavoro” (a quanto sembra) presso la Presidenza del consiglio. Che, seppure involontariamente, ha portato acqua al mulino dei nostri eroi, trasformandoli nei martiri della libertà.

 

Saremo anche dei minoritari. Ma questa grande ammucchiata di uomini di destra e di sinistra intorno a Putin, non è bella da vedere. Vi sono i reduci del vecchio comunismo, intellettuali di grido, sovranisti che vedono nel leader di “Russia unita” un modello da ammirare ed anche da imitare. Lo schieramento, poi, si allarga ad altri soggetti della vita politica italiana, come i vecchi “no vax”, che hanno trovato un nuovo idolo da servire ed una nuova battaglia da combattere. Il tutto nella confusa situazione politica del Paese con i vari spezzoni della destra e della sinistra alla ricerca dell’elettore marginale: non per garantire una maggiore governabilità, ma solo per vincere la partita all’interno del proprio schieramento.

Per questi motivi di sostanza non ci stracceremo le vesti per la lista dei “putiniani” pubblicata da Il Corriere della sera. Per la verità un brutto scivolone, da parte di un “gruppo di lavoro” (a quanto sembra) presso la Presidenza del consiglio. Che, seppure involontariamente, ha portato acqua al mulino dei nostri eroi, trasformandoli nei martiri della libertà. Strano paradosso per chi, nei giorni, passati cercava il pelo nell’uovo non per avallare la scelta di Putin, ma per far sì che Zelensky, privato delle armi occidentali, non potesse difendersi. Chissà come sarebbe finita se al posto di Mario Draghi, vi fosse stato ancora Giuseppe Conte?

Che cosa cercava il “gruppo di lavoro”, purtroppo (almeno così sembrerebbe) non facendo bene il suo lavoro? Cercava di individuare una rete, sempre che esista, in grado di propagandare le tesi di Putin, per aggredire il “fronte interno”. Vale a dire quell’opinione pubblica dal cui sentiment non dipende solo la salute del Governo, ma la posizione dell’Italia, nel contesto europeo ed occidentale. E poiché é lo stesso Putin a dire che l’Occidente, per il solo fatto di aver fornito le armi, doveva considerarsi combelligerante, ecco allora che quella che l’Italia sta vivendo non é certo una situazione di ordinaria amministrazione.

Una preoccupazione eccessiva? Non si dimentichi la guerra del Vietnam. Fu vinta dai vietnamiti per tante ragioni, soprattutto grazie all’eroismo di un popolo che lottava per la propria indipendenza nazionale, utilizzando tuttavia le armi ricevute dall’URRS e dalla Cina comunista. Ma forse l’arma più insidiosa, se non la più importante, fu la rivolta interna negli stessi Stati Uniti. Quei milioni di giovani che lottavano contro la “sporca guerra”, che bruciavano le cartoline precetto, che si scontravano con la polizia. Ed allora non esistevano i social per mobilitare le masse. Pericoli oggi accentuati proprio dalle presenza di questa nuova “potenza”.

In Italia la guerra cibernetica si combatte da tempo. Il gruppo di hacker russo é killnet. Solo recentemente sono stati aggrediti il Ministero della sanità, le Poste, la Difesa, gli Interni e addirittura il Senato della Repubblica. Semplici avvisaglie. Le armi utilizzate sono state quelle più semplici. L’effetto dimostrativo del mailbombing: l’invadere cioè, in modo simultaneo, un singolo sito con migliaia di mail per renderne impossibile l’accesso da parte dei normali utenti. Attacco facile da respingere, ma solo a causa della scarsa potenza impiegata. I pericoli veri sono altrove, come hanno dimostrato diverse situazioni internazionali: dal separatismo Catalano, alla Brexit ed infine al vero capolavoro, l’interferenza nelle elezioni americane a favore di Donald Trump, dopo aver contribuito a demolire la figura di Hillary Clinton.

La tecnica sperimentata é quella di non concentrare il mailbombing contro un sito istituzionale, ma, per così dire, sparare a raffica. Allargare, grazie ad internet, lo spettro d’intervento tra migliaia di indirizzi di posta elettronica. Al fine di orientare il più possibile gli eventuali, nel caso più evidente degli USA, votanti a favore dei candidati prescelti. Sennonché una simile tecnica non può essere utilizzata a freddo. Diventa più efficace grazie all’eventuale presenza di influencer: di persone, cioè, capaci con il loro carisma di divenire polo d’attrazione per la veicolazione del messaggio. Si stabilisce così una relazione tra il maître à penser, capace con le sue idee di calamitare l’attenzione, e la successiva azione di bombing. Il che non significa, necessariamente, che l’influencer debba essere necessariamente arruolato. Una sorta di agente del GRU. Anzi, molto meglio, se agisce di sua spontanea volontà, per libero convincimento.

Ed ecco, allora, la necessità di tenere sotto controllo posizioni, per così dire, eterodosse. Specie se caratterizzate da interne contraddizioni. Nel caso dell’Ucraina l’anelito verso la pace non é monopolio di alcuni. L’esclusività di una parte contro gli altri che sono guerrafondai. I morti che si piangono sono su entrambi i fronti: il popolo in arme da un lato, i ragazzini russi mandati al macello, in modo inconsapevole, dall’altro. La vera differenza sta tra chi chiede la semplice capitolazione, perché Putin è più potente. E chi ipotizza, con tutti i rischi che questa posizione comporta, di resistere per poi trattare da una posizione non tanto di forza, ma di minore debolezza.

La cosa è complicata dal fatto che resistere all’aggressione russa comporta costi pesanti per i Paesi combelligeranti, secondo la definizione di Putin precedentemente ricordata. Ne deriva che prepararsi fin d’adesso – compito dei “servizi segreti” e non di gruppi di lavoro vagamente costituiti – a prevenire eventuali futuri attentati é dovere dello Stato democratico. L’eventuale attacco informatico non sarà cruento come il terrorismo di una volta, ma forse più pericoloso. Come si vede il maccartismo, in questo caso, c’entra poco. Ci trovassimo in una situazione normale, stracciarsi le vesti in difesa delle libertà sarebbe più che legittimo e necessario. Ma in una situazione d’emergenza, i condizionamenti e le prudenze diventano inevitabili, con buona pace di chi é pronto a fare le barricate nel nome dei sacri principi violati. Dagli altri.

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