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Vi spiego gli obiettivi dell’intesa Merkel-Macron sull’Europa (e i rischi per l’Italia)

L’analisi di Gianfranco Polillo sulla Meseberg Declaration: contenuti, fini, prospettive (e rischi per l’Italia) Contrordine compagni! La pubblicazione della Meseberg Declaration consente di correggere una serie d’errori in cui è incorsa tutta la stampa nazionale ed internazionale. E noi con loro. Gli spizzichi di informazione, carpiti in precedenza, non consentivano di avere piena consapevolezza di…

Contrordine compagni! La pubblicazione della Meseberg Declaration consente di correggere una serie d’errori in cui è incorsa tutta la stampa nazionale ed internazionale. E noi con loro. Gli spizzichi di informazione, carpiti in precedenza, non consentivano di avere piena consapevolezza di quello che effettivamente bolliva in pentola.

Ne erano derivate interpretazioni fuorvianti, al punto da spingere sia Emmanuel Macron sia Angela Merkel ad autorizzare la pubblicazione integrale del documento che descrive gli accordi sottoscritti. Fatto inusuale, ma indicativo del tenore delle preoccupazioni sorte nel leggere i resoconti di stampa. Fatto inusuale perché quella piattaforma fa parte di preliminari che andranno vagliati nelle sedi opportune. E non è mai bene mettere i propri partner di fronte a fatti compiuti, che hanno il sapore del prendere o lasciare.

Al di là di tutto, vale allora la pena entrare più nel merito di quanto discusso e stabilito dai due “lider maximi”. Almeno per quanto riguarda le problematiche di carattere economico.

Al centro della proposta, l’idea è quella di costituire rapidamente un “comitato dei saggi” per affrontare le complesse problematiche che riguardano l’architettura dell’Europa finanziaria. Obiettivi dovrebbero essere quelli di un più forte sviluppo economico e convergenza sociale. Un occhio puntato alla maggior crescita dell’occupazione ed allo sviluppo competitivo del sistema industriale. Il tutto nel rispetto dei principi della libera economia di mercato e delle riforme necessarie per evitare ogni misura distorsiva degli scambi.

Francia e Germania procederanno di concerto verso un comune sistema di tassazione (Common Corporate Tax Base) e punteranno a trovare un accordo sul tema spinoso dell’imposta sui grandi gruppi dell’e-commerce. L’euro rimane il cardine dell’Unione europea. Un’area monetaria aperta nei confronti di tutti coloro che vorranno parteciparvi, nel rispetto delle regole e dei trattati vigenti. Una struttura che andrà, comunque, rafforzata grazie all’avvio di un processo di riforma che dovrà prevedere i seguenti passaggi.

Il primo passo sarà quello di modificare il trattato che ha istituito l’ESM (European stability mechanism), il cosiddetto Fondo salva stati, al fine di costituire un fondo (backstop instrument) con cui far fronte alle eventuali situazioni di crisi, garantendo i necessari finanziamenti. L’obiettivo è aumentare il grado di affidabilità delle politiche finanziarie e spingere gli Stati membri a politiche di maggior prudenza, nel monitoraggio e nella valutazione dei futuri programmi. In un secondo tempo queste nuove regole confluiranno nell’ordinamento giuridico europeo. In seguito si deciderà circa i fondi necessari per garantire la sua liquidità. La condizione essenziale resta, comunque, il rispetto dei principi che hanno portato alla sua costituzione.

Si ricorda quindi (in Italia saranno fischiate le orecchie) che “ogni decisione d’intervento da parte dell’EMS nei confronti dei membri dell’Eurozona include l’analisi sulla sostenibilità del debito (DSA – Debt Sustainability Analysis)”. Per scongiurare possibili botte di testa, si dovrà procedere alla generalizzazione delle cosiddette Euro CaCs procedure. Secondo le quali, anche in caso d’uscita dall’euro, i debiti passati dovranno essere rimborsati al loro valore facciale: rivalutato per tener conto dell’eventuale svalutazione del nuovo conio. Il nuovo EMS lavorerà in stretta collaborazione con la Commissione europea e la BCE, ma senza alcun intralcio reciproco. L’intervento dell’ESM, in caso di crisi, è compatibile con la richiesta d’aiuto nei confronti del FMI. Compito dell’EMS sarà anche quello di fornire linee di credito agli istituti bancari in momentanee situazioni di crisi di liquidità.

Poche o nulle le novità relative all’Unione bancaria – pomo della discordia di questi ultimi anni per le resistenze soprattutto tedesche – si seguirà la road-map indicata dall’Ecofin nel giugno 2016. Mentre di assicurazione dei depositi (EDIS) si potrà cominciare a discutere dopo il prossimo Consiglio europeo, ma non prima che si sia accertata un effettivo contenimento del rischio. Avrà a disposizione uno specifico fondo (Single Resolution Fund) per garantire una rete di sicurezza che potrà consentire linee di credito alle banche in difficoltà, destinato ad entrare in funzione agli inizi del 2024. Il suo ammontare potrà essere simile, ma non superiore a quello previsto dal SFR: il fondo di risoluzione già previsto dalla direttiva Brrd, sulle banche. Esso è finanziato da un prelievo pari all’1 per cento sui depositi delle singole banche e, al 2024, dovrebbe raggiungere un importo pari a 55 miliardi. Nel frattempo il processo di riduzione degli NPL (non performing loans) dovrà andare avanti. Una prima verifica, circa i progressi compiuti, si farà entro il 2020. E solo allora si deciderà come procedere ulteriormente.

L’intesa franco-tedesca riprende solo alcuni punti delle precedenti elaborazioni comunitarie: il particolare il documento dei 5 presidenti ed il discorso sullo stato dell’Unione del 2017 di Junker. E’ un bene o un male per l’Italia? Dipenderà da come sarà condotta l’analisi sulla sostenibilità del debito. Se ci si limiterà a prenderne in considerazione il solo ammontare, i problemi saranno alle porte. Ma se, sulla scorta delle migliori pratiche internazionali, si terrà anche conto dell’andamento delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, si aprirà più di uno spiraglio. Al Governo italiano il compito di far valere le ragioni del Paese.

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