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Aforisma

Il valore di verità dell’aforisma

Il Bloc Notes di Michele Magno

Pillola sapienziale, nell’arte dell’aforisma si sono esercitati non soltanto maestri come Oscar Wilde e Karl Kraus (da noi Leo Longanesi e Ennio Flaiano), ma un po’ tutti i grandi pensatori. A cosa si deve l’immortalità della forma aforistica? E qual è il suo valore letterario? Scrive Umberto Eco nella prefazione a “Teoria e storia dell’aforisma” di Gino Ruozzi (Bruno Monddadori, 2004): “Dove sta dunque il valore di verità dell’aforisma, almeno in quei casi in cui pare colpirci con una rivelazione e mostrarci aspetti ignorati del mondo e della nostra vita? Quando l’aforisma per la sua forza inattesa e insospettabile scatena una sorta di curiosità interpretativa, esso assume allora funzione poetica. In base alla sua forma persuasiva ci fa balenare una verità possibile”.

Sempre Eco distingueva gli aforismi per “estrazione” dagli aforismi “per creazione”, ovvero massime estrapolate da opere di natura non aforistica e massime nate già come aforismi. Al primo genere appartengono i frammenti presocratici, e in particolare di Eraclito, che appaiono come frutto di una sapienza oracolare. Il secondo genere è la forma di scrittura utilizzata consapevolmente dai filosofi stoici, in particolare da Seneca e Marco Aurelio: sia le “Sentenze” di Seneca, sia, soprattutto, i “Ricordi” di Marco Aurelio sono legati alla pratica di vita stoica, alla meditazione: hanno un carattere soggettivo, presentano emozioni e pensieri, in una profonda aderenza all’esperienza vissuta.

L’aforisma il più delle volte costituisce un vero e proprio lampo di genialità linguistica, L’aforisma è spesso alla base della creazione di nuove idee, di nuovi concetti, è una forma che rivisita, analizza e critica la nostra realtà, dando prova di humor e brillantezza d’intelletto. La sua forma di espressione breve ben si addice al witz, ai motti di spirito, alle battute, all’invettiva e all’utilizzo immediato di tutte quelle figure del linguaggio che riescono sempre a stupirci, a divertirci e talvolta anche ad indignarci. Un aforisma inoltre può dare poi luogo ad una barzelletta, ad un racconto breve, ad un saggio, in pratica non è altro che una “topic sentence”. L’aforisma, insomma, è che la minima forma di scrittura elevata al massimo grado di espressività comunicativa.

Nella filosofia moderna e contemporanea è possibile distinguere due tendenze nell’uso dell’aforisma. La prima, pur presente in tutte le culture europee (si pensi per l’Italia al Guicciardini dei “Ricordi” (1530), e al Leopardi dei “Pensieri” (1845); allo spagnolo Baltasar Gracian e al suo gusto per la “agudeza”; al tedesco Georg C. Lichtenberg) trova esemplare espressione nella cultura francese tra il secolo sedicesimo e il secolo diciotte (Jean de La Bruyere, François de La Rochefoucauld, Blaise Pascal, Nicolas de Chamfort), dando luogo a massime moraleggianti, spesso riprendendo sentenze e proverbi dell’antichità, come già aveva fatto Erasmo da Rotterdam con i suoi “Adagia” (1508-11).

La seconda nasce nel primo romanticismo tedesco (Novalis, Friedrich Schlegel),  dove l’aforisma esprime in maniera sorprendente e lapidaria una verità derivante da un’illuminazione improvvisa (gli aforismi dei romantici sono in realtà frammenti,  “frammentario” è il sapere dell’Assoluto). Disprezzata da Hegel, questa scrittura aforistica e frammentaria viene rivalutata da Arthur Schopenhauer, che nei “Parerga e paralipomena” (1851), comprendenti gli “Aforismi sulla saggezza della vita”, riprende la tradizione latina della massima. Così anche da  Nietzsche ( “Umano, troppo umano”, 1878), in cui l’aforisma si svincoa da ogni legame con una verità assoluta. La comprensione del breve aforisma ha bisogno però di un impegnativo lavoro ermeneutico che Nietzsche  chiama metaforicamente “ruminare”.

Dalla fine dell’Ottocento e nel corso del Novecento la scrittura aforistica, per la sua natura antidialettica e antisistematica, è stata strumento espressivo di filosofi e scrittori che hanno  affrontato criticamente il rapporto tra verità ed apparenza, chi proponendo una nuova estetica, chi una “dialettica negativa”, chi una filosofia del linguaggio asistematica, tendente a rivalutare l’aspetto molteplice e irriducibile a unità delle forme di vita (Charles Baudelaire,  E. Cioran, Walter Benjamin, Theodor W. Adorno, Ludvig Wittgenstein, per fare qualche nome).

 

Di seguito, alcune riflessioni sull’aforisma:

L’aforisma ha l’indubbio vantaggio di essere veloce da leggere; in genere (ma non necessariamente) è inoltre spiritoso e sorprendente, nel senso che contraddice la verità dei luoghi comuni.

Gino Ruozzi

 

Scrivere aforismi è da gran signore; un gran signore regala bottiglie di vino pregiato; un villano regala una botte di vino mediocre.
Giuseppe Prezzolini

La vita stessa è una citazione.
Jorge Luis Borges

Citando un verso isolato se ne moltiplica la forza attrattiva.
Marcel Proust

Lo scrittore di aforismi può privilegiare lo stile filosofico, umoristico, poetico, orientale, spirituale, religioso, scientifico, psicologico, politico, giuridico, ermetico, burocratico, satirico, pragmatico, sentenzioso, provocatorio, facendo magari anche un buon uso dell’invettiva; può altresì mescolare i vari generi o più semplicemente può limitarsi a scrivere o raccogliere delle stronzate più o meno decenti senza avere in testa un progetto ben definito! Per intenderci, è proprio quest’ultimo aspetto che fa la differenza, soprattutto per i lettori!
Carl William Brown

L’aforisma è […] una frase che porta alla luce qualcosa che noi avevamo già dentro di noi e leggendolo diciamo “È proprio così”. Ma l’aforisma è anche un pensiero divergente, che ci fa vedere la realtà da un punto di vista inedito, originale. L’aforisma poi fa anche arrossire, ci fa domandare “Ma questo sono io?”, perché ci fa scoprire i nostri difetti. È la capacità di concentrare l’universo in un granello di senape, questa è la sua bellezza. E credo che sia inconfondibile da qualsiasi pensiero banale. Anche tra corto e breve c’è differenza. Questa è l’epoca della brevità, ma molto spesso si confonde il breve con il corto. Scrivere corto non significa scrivere un aforisma. Il breve rispetto al corto ha una sua concentrazione, è una cosa folgorante, che colpisce, che scuote. È questa la bellezza dell’aforisma. L’aforisma è quel qualcosa che ti fa sobbalzare dalla sedia.

Fabrizio Caramagna

L’aforisma è un esercizio mentale, psichico, logico e linguistico, spirituale, rituale, emotivo e razionale; è una primaria attività concettuale e letteraria, un misto di prosa e poesia che veicola, oltre all’ideologia, simpatia od antipatia.
Carl William Brown

L’aforisma non è che la minima forma della scrittura elevata al massimo grado di espressività comunicativa.

L’aforisma è un’estrema sintesi di tesi e antitesi, di teoria e di pratica, di intuizione e di osservazione, di ipotesi ed illusioni, di certezze e di probabilità, di storia e di stupidità
Carl William Brown

È come se ogni volta l’aforisma mi donasse un “filo intermentale”, che pulisce la mia mente dalle incrostazioni del linguaggio e del senso, dalla giungla e dalla sterpaglia di frasi fatte, di false verità e luoghi comuni. Ovvero è come se mi donasse una specie di leva per sollevare il mondo e vederlo da un punto di vista completamente diverso tanto che ogni volta che leggo un aforisma mi viene da dire: “Eureka”, “Ho trovato”. Che cosa ho trovato? Un nuovo modo di pensare, ma anche un nuovo frammento di universo e un nuovo frammento di me stesso, in attesa dell’aforisma risolutivo, l’aforisma degli aforismi, quello che tutti noi- lettori e scrittori di aforismi -cerchiamo da migliaia di anni. L’aforisma che -nell’infinita combinazione di poche parole- contenga finalmente la formula che spieghi Dio e l’Universo.

 

 

 

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