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Israele Iran

Le guerre di carta sulle guerre vere

Il dibattito sulla strage all'ospedale di Gaza si è sfilacciato in mille rivoli nei quali si è sentito parlare di tutto. Il corsivo di Teodoro Dalavecuras.

 

Nei giorni scorsi si è sviluppato in tutto il mondo occidentale un animato dibattito “mediologico” sulla questione – non ancora completamente chiarita – della asserita strage in un ospedale di Gaza attribuita inizialmente, con grande evidenza, da testate come The New York Times, forse la massima autorità mediatica del mondo occidentale (soprattuttto dopo gli ultimi infortuni della un tempo mitica BBC) ad Israele. Dopo una sorta di sdrammatizzazione della notizia ad opera del presidente Usa Joe Biden che, in occasione del viaggio lampo in Israele della scorsa settimana, ha attribuito all’altro “team” – manco fosse un incontro di rugby – il missile (o i missili) che secondo la prima versione circolata avrebbe (o avrebbero) distrutto un ospedale nella striscia di Gaza facendo cinquecento morti, il dibattito si è sfilacciato in mille rivoli nei quali si è sentito parlare di tutto: di un buco di un metro di diametro nel parcheggio dell’ospedale, di vetri rotti, di siepi indenni, della totale inverosimiglianza del numero di vittime inizialmente indicato; per quanto mi riguarda ho rinunciato a farmi un’opinione su questo episodio (come su molti altri).

DIFFERENZE DI APPROCCIO TRA LE GUERRE IN UCRAINA E A GAZA

Numerosi “analisti” di questioni mediologiche spiegano che questi qui pro quo globali sono dovuti alla povertà dei mezzi di cui oggi dispongono i media in generale, e/o alla necessità esistenziale di “bruciare” i concorrenti pubblicando le notizie con la massimo visibilità per primi, a spese di ogni seria verifica della loro fondatezza. Un dibattito che si trascina da un sacco di tempo ma continua a distinguersi per la sua irrilevanza, quanto meno nei termini in cui lo si imposta. Quel che meriterebbe una riflessione, forse, è invece la circostanza che nessun dibattito simile sia mai nemmeno cominciato sul tema della guerra tra Russia e Ucraina. Dal primo giorno dopo l’ingresso delle truppe russe nel territorio ucraino la preoccupazione è stata una sola: combattere le fake news e, tanto per cominciare, espellere Russia Today dai computer occidentali. Poco dopo (“per buon peso”, come dicevano i macellai di una volta) è entrata in campo la Commissione europea mobilitando risorse continentali, arruolando direttori in cerca di occupazione e stanziando fondi per fare della caccia alle fake news qualcosa di organizzato, com’è nel dna degli eurocrati e probabilmente di ogni burocrate degno della qualifica. Il tutto accompagnato da unanime plauso.

Nulla di simile per la guerra tra Hamas e Israele. Evidentemente, a differenza della guerra in corso dalle parti del Dniepr, dove si dispone di informazioni a origine garantita e di disinformazioni a origine parimenti garantita, nella guerra di Gaza i media si muovono a tentoni e ciò alimenta non solo confusione ma anche pensosi dibattiti. Ergo, anche se Biden – che ha una certa tendenza a esagerare – ha messo nella stessa cesta della crociata universale della democrazia il conflitto tra Israele e Hamas, la guerra tra Kiev e Mosca e le tensioni intorno a Taiwan, non è esattamente così. Eppure non dovrebbe esserci dubbio che nel conflitto Hamas/Israele i crociati della democrazia stiano, senza se e senza ma, dalla parte di Israele. O no?

Se fossi un israeliano – non necessariamente un seguace di “Bibi” Netanyahu – comincerei a preoccuparmi. E, considerato il quadro complessivo, mi preoccuperei non poco anche essendo “solo” uno dei 448,4 milioni di europei tendenzialmente apolidi. L’uso del termine “apolide” può apparire una forzatura ma lo sarebbe assai meno se da almeno tre decenni in Europa il tema della legittimazione democratica non fosse stato sistematicamente espulso dal discorso pubblico, da quello cioè svolto attraverso i media. Anche in questo caso c’entrano, in un altro senso però, risorse che scarseggiano. Ma per occuparsi di questo argomento occorrerebbe lo spazio di un altro articolo.

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