La intensa e doppia tappa romana del viaggio del presidente ucraino Volodymir Zelensky – su entrambe le rive del Tevere – si è conclusa in un grande affare politico per Giorgia Meloni. Con la quale non a caso l’incontro dell’ospite è stato il più lungo: più di quello precedente col presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Quirinale e di quello successivo col Papa in Vaticano. Giorgia qua e Gorgia là, grazie a Giorgia a destra e grazie a Gorgia a sinistra, ha detto Zelensky nella partecipazione all’edizione davvero straordinaria di Porta a Porta, anche sul piano scenografico.
I voti che potranno arrivare alla Meloni e ai suoi candidati fra oggi e domani dalle elezioni in 700 o 580 che potranno essere, secondo le versioni dei giornali, i Comuni interessati a questo turno locale, per il quale si è mobilitato con un altro videomessaggio registrato in giacca e camicia da Silvio Berlusconi nell’ospedale in cui continua ad essere ricoverato; i voti, dicevo, che potranno arrivarle da queste urne procureranno alla premier e leader della destra meno successo e vantaggi d’immagine politica, interna e internazionale, di quelli ottenuti con Zelensky a Palazzo Chigi, fra cortile con tanto di onori militari, colloquio nel salotto personale e pranzo.
Quando qualcuno degli invitati di Bruno Vespa ha cercato di trascinare il presidente ucraino nelle beghe della politica interna italiana e, più in particolare, della sua maggioranza di governo, con lo stesso Vespa che ha chiamato in causa il vice presidente del Consiglio e leader leghista Matteo Salvini, l’ospite ha reagito ridendo o strabuzzando gli occhi. La parola di Giorgia – sempre Giorgia – gli basta e avanza per fidarsi dell’Italia e dei suoi impegni a favore dell’Ucraina aggredita dalla Russia di Putin. Da casa o dov’altro avrà seguito la puntata straordinaria, ripeto, di Porta a Porta trasmessa dalla terrazza del Vittoriano la presidente del Consiglio sarà rimasta compiaciuta, non so se quanto o più ancora dell’applauso e delle altre carinerie riservatele il giorno prima in un affollatissima manifestazione dal Papa, peraltro compiaciuto di vederla vestita “quasi” come lui, in bianco. Con Zelensky invece l’abito è tornato scuro.
Chissà cosa saranno ora capaci di pensare e scrivere i rosiconi dopo quello che ho già letto ieri sulla Meloni, proprio per quell’incontro così cordiale col Pontefice, sul quotidiano Domani di Carlo De Benedetti. Dove Marco Damilano, l’ex direttore dell’Espresso, ha scritto nell’editoriale: “I capi democristiani, tutti rigorosamente in abito scuro, non avrebbero mai immaginato di condividere un palco con il pontefice come ha fatto Giorgia Meloni. Ma il suo Biancofiore non è questione di armocromia, è un progetto politico”. Che sarebbe la conquista del ruolo e dei numeri che furono della Dc. Panico, evidentemente, a casa dell’ingegnere, dove stanno peraltro rovistando a modo loro, come in una monnezza, nella storia familiare della Meloni facendo le pulci anche alla madre.