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Ministro Finanze

Vi racconto la guerra in Germania sul nuovo ministro delle Finanze

Lame affilate nello scontro per il prossimo ministro delle Finanze. Nella contesa tra Habeck (Verdi) e Lindner (Fdp) entrano gli economisti Stiglitz e Tooze che consigliano di non nominare il liberale. E incassano repliche piccate.

Attorno alla figura del futuro ministro delle Finanze si disputa la partita più importante nel grande gioco del nuovo governo tedesco. La contesa sembrerebbe riguardare i due uomini di spicco dei cosiddetti partiti minori, Verdi e liberali, Robert Habeck e Christian Lindner. Ma l’aggettivo “minori” non calza più alle due forze che hanno assunto l’iniziativa politica all’indomani delle elezioni del 26 settembre, hanno alle spalle le preferenze del voto giovanile e hanno impresso la svolta verso il centrosinistra sulla spinta della necessità di un cambio di passo dopo sedici anni di merkelismo e dodici di Grosse Koalition.

STIGLITZ E TOOZE CONTRO LE FINANZE A LINDNER (FDP)

Il braccio di ferro che si gioca dietro le quinte è stato portato alla ribalta da un intervento pubblico a gamba tesa. Perché venuto dall’esterno, sia del campo politico che del territorio nazionale. Due economisti di fama mondiale, il premio Nobel americano Joseph Stiglitz e lo storico dell’economia britannico Adam Tooze, hanno scritto un commento sul settimanale tedesco Die Zeit chiedendo che il prossimo ministro delle Finanze non sia il liberale Lindner. Il titolo: “Sarebbe un errore esaudire il suo desiderio”.

Lo stile ironico e sarcastico non ha nascosto la durezza all’intervento: per il suo stesso bene, a Lindner dovrebbe essere risparmiato il “compito impossibile” di dover applicare la sua “agenda di bilancio antidiluviana” alla situazione finanziaria odierna. L’Europa e la Germania non possono permettersi questo “crash test”, proseguono i due economisti: il problema è che l’agenda della politica finanziaria dell’Fdp e di Lindner non è solo “un accumulo di cliché conservatori”, ma soprattutto “sono cliché degli anni Novanta”.

Meglio per tutti, e soprattutto per il cancelliere Scholz, sarebbe affidare ai liberali un super dicastero per la Digitalizzazione, dove potrebbero misurare tutta la loro capacità di innovazione, lasciando invece che siano i Verdi, con le loro politiche e le loro strategie, a guidare la macchina finanziaria tedesca dei prossimi quattro anni.

IL RISCHIO DI RINFOCOLARE IL POPULISMO IN ITALIA

“Il grande pericolo per la democrazia in Europa non è rappresentato dall’interferenza di estranei o di troll su Internet”, prosegue l’attacco dei due professori, “ma dall’applicazione nel momento sbagliato di una disciplina di bilancio inadeguata, che un gruppo minoritario di Stati del nord vuole imporre a una maggioranza di elettori europei”. Per la Germania questa opzione sarebbe “catastrofica”, così come mettersi alla testa degli Stati del nord: “I populisti italiani non potrebbero sperar di meglio che ingaggiare una contrapposizione pubblica con il ministero delle Finanze tedesco”, concludono Stiglitz e Tooze, che “sarebbe fatale per l’Italia e un male per l’Europa e la Germania”.

LA REPLICA DI LINDNER

C’è chi crede che l’uscita dei due professori possa più favorire che danneggiare le ambizioni di Lindner, tanto più che nessun politico ama dare l’impressione di subire interferenze esterne. Uno di questi è proprio Christian Lindner, che replicando in un’intervista alla Rheinische Post ai due economisti, senza citarli per nome, ha detto di sentirsi confermato nelle proprie posizioni di fronte a certe critiche. Li chiama “economisti del debito”, li incasella a sinistra e dice che tifano per l’inflazione: “Al contrario io guardo molto attentamente al rischio di svalutazione della moneta e negli Stati Uniti potrebbe esserci un’inversione di tendenza dei tassi di interesse a causa del rischio di inflazione”. Per Lindner “la capacità di azione della Bce è messa in discussione perché alcuni paesi dell’euro avrebbero difficoltà a rifinanziarsi senza il loro aiuto”. “Non bisogna accrescere intenzionalmente il rischio della cosiddetta dominanza fiscale, ecco perché in Europa e in Germania dobbiamo mantenere finanze statali sostenibili”.

HANDELSBLATT: A STIGLITZ PIACEVA CHAVEZ

LHandelsblatt invece restituisce l’attacco ai mittenti e lo fa alla tedesca, cioè senza humor. I consigli di Stiglitz sono folli e più che insoliti, scrive in un editoriale, ricordando che “per quanto eccezionale sia il suo curriculum accademico, le sue raccomandazioni politiche sono state confuse. Ha tessuto ghirlande economiche e politiche per il presidente venezuelano e populista di sinistra Hugo Chavez”. Risultato? Oggi “il Venezuela è uno Stato fallito” dove “l’inflazione galoppa e la gente è in povertà”.

Soprattutto l’accusa di politiche da anni Novanta non è piaciuta al quotidiano finanziario: “In un momento in cui l’inflazione è in drammatico aumento, l’economista americano auspica un ministro delle finanze tedesco che spenda soldi a piene mani e in cambio contragga enormi debiti”.

FUEST (IFO): SERVE UN MINISTRO CHE INDICHI DISCIPLINA

Non avverrà mai, sostiene da parte sua Clemens Fuest, presidente del più prestigioso istituto economico tedesco, l’Ifo di Monaco. Parlando ai cronisti della stampa estera a Berlino, Fuest ha ricordato maliziosamente anche lui le simpatie per Chavez di Stiglitz, e ha invitato politici ed economisti tedeschi a non prendere sul serio le sue provocazioni. La sua posizione è “unilaterale” e denuncia “una comprensione ingenua e superficiale della politica tedesca”.

Per il presidente dell’Ifo la Germania ha invece bisogno di un ministro delle Finanze che non perda di vista le necessità della disciplina di bilancio, anche per realizzare un necessario riequilibrio di forze all’interno dell’Europa e della stessa Germania con le forti correnti pro-debiti.

Non siamo in una fase di risorse infinite, ha concluso Fuest, e c’è bisogno di assegnare priorità alle spese necessarie per rilanciare le economie dopo la pandemia.

FINANZE ORMAI PIÙ IMPORTANTI DEGLI ESTERI

La contesa sul ministero delle Finanze è anche figlia dello spirito dei tempi. È diventato il dicastero chiave dell’esecutivo, la leva di ogni politica futura. E anche il luogo del prestigio. Quello che un tempo veniva scansato come la peste, perché identificato nel ministero delle tasse che metteva le mani in tasca ai cittadini, è ora ambito e ricercato. Un tempo era il ministro degli Esteri a incarnare autorevolezza oltre al cancelliere, basta scorrere alcuni nomi: Konrad Adenauer, Willy Brandt, Walter Scheel, Hans-Dietrich Genscher, Joschka Fischer. Dagli anni Duemila il ministro delle Finanze ha preso il sopravvento, da Wolfgang Schäuble allo stesso Olaf Scholz, che sui tesoretti distribuiti nei mesi della crisi pandemica e promessi dopo l’alluvione estivo ha costruito la sua incredibile rimonta elettorale. Chissà che alla fine, tra Habeck e Lindner, non spunti un nome di compromesso.

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