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Cina Xi

Com’è cambiata l’economia della Cina con Xi

Nei dieci anni circa di presidenza Xi, il Pil della Cina è più che raddoppiato. Ma la politica zero-Covid e la crisi del settore immobiliare potrebbero aver allontanato il sorpasso degli Stati Uniti. Ecco numeri e dettagli.

Il ventesimo Congresso nazionale del Partito comunista cinese, iniziato domenica 16 ottobre, dovrebbe confermare Xi Jinping come presidente della Cina e segretario generale del partito per almeno altri cinque anni: il terzo mandato – il limite di due è stato cancellato nel 2018 – farà di lui il leader più longevo da Mao Zedong.

ZERO-COVID E IMPATTO SUL PIL

Come ha riassunto su Axios Bethany Allen-Ebrahimian, giornalista esperta di Cina, “l’autoritarismo e le politiche estere assertive [di Xi, ndr] continueranno probabilmente per almeno altri cinque anni”. Così come pare proseguirà la cosiddetta politica “zero-COVID“, ovvero quell’insieme di pratiche altamente restrittive per il contenimento dei contagi da coronavirus.

Lo stesso Xi ha dichiarato infatti che “abbiamo aderito alla supremazia del popolo e alla supremazia della vita, abbiamo aderito alla dinamica zero-COVID […] e abbiamo ottenuto importanti risultati positivi”. Ma la sua strategia anti-contagi, oltre ad aver alimentato un certo malcontento sociale, ha avuto un forte impatto negativo sull’economia, al punto che – per la prima volta dal 1990 – quest’anno il PIL della Cina potrebbe crescere a un tasso più basso rispetto al resto dell’Asia.

Stando alle ultime stime della Banca mondiale, nel 2022 il prodotto interno lordo della Cina – seconda economia più grande del pianeta, dopo quella statunitense – crescerà del 2,8 per cento, molto meno del +8,1 per cento del 2021 e molto meno anche del 4-5 per cento previsto dall’istituzione lo scorso aprile. Per quest’anno Pechino aveva fissato un obiettivo di crescita del 5,5 per cento, il più basso da trent’anni.

LA PRESIDENZA XI E LA CRESCITA ECONOMICA DELLA CINA

Nei suoi dieci anni circa di presidenza – è diventato segretario del Partito comunista a fine 2012 – Xi Jinping ha fatto dell’economia cinese uno strumento per la proiezione di potenza geopolitica, scrive Allen-Ebrahimian. Nel 2012 il PIL della Cina era di 8,5 migliaia di miliardi di dollari; nel 2021 risultava più che raddoppiato, a 17,7 migliaia di miliardi.

Il PIL degli Stati Uniti, che la Cina ambisce a superare sia per grandezza economica che per influenza politica, è di circa 23 migliaia di miliardi di dollari.

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Grafico via Axios.

LA CINA RIUSCIRÀ A SUPERARE GLI STATI UNITI?

L’idea che l’economia cinese sia destinata a superare quella americana nel giro di qualche decennio, però, ha perso ultimamente un po’ di forza. Al di là del danno causato dalla politica zero-COVID, l’industria immobiliare si trova infatti in una crisi di indebitamento che, data la rilevanza del settore (vale il 30 per cento circa dell’attività economica nazionale), potrebbe finire col contagiare l’intera economia. La Banca mondiale, ad esempio, pensa che quella del settore edile non sia una crisi passeggera, ma che rappresenti piuttosto un problema “strutturale”.

LO STUDIO DEL JCER

Secondo uno studio realizzato dal Japan Center for Economic Research (JCER), in termini nominali l’economia cinese supererà quella statunitense nel 2033. Ma il primato non durerà a lungo perché, dopo “diciassette anni di supremazia”, nel 2050 tornerà di nuovo al secondo posto.

I motivi – spiega l’istituto – sono diversi: l’economia cinese dipende attualmente, per la sua crescita, dagli investimenti in infrastrutture e in proprietà immobiliari, ma il settore è vicino al suo limite; le restrizioni sulle società tecnologiche, in particolare, potrebbero portare a un rallentamento della produttività; la contrazione e l’invecchiamento della popolazione, infine, costituirà un peso per le casse statali.

Nello scenario principale elaborato dal JCER, dopo averlo superato, nel 2038 il Pil della Cina sarà di quasi il 5 per cento più grande di quello statunitense. Il divario tuttavia si ridurrà nel corso degli anni 2040; nel 2050 avverrà il ribaltamento e nel 2060 l’America avrà un’economia del 10 per cento più ampia di quella cinese.

La previsione del centro studi si fonda su tre fattori: le strutture aziendali e la disponibilità di capitali; le dimensioni delle forze-lavoro; la produttività, riflesso dello sviluppo tecnologico e dell’efficienza. Secondo il JCER finora la crescita economica ha permesso a Pechino di accumulare capitali, ma è probabile che gli investimenti andranno incontro a un rallentamento, anche a causa dei vincoli al settore immobiliare; il numero di lavoratori diminuirà, e così il tasso di partecipazione al mercato; la crescita della produttività verrà ostacolata dalla regolamentazione dell’industria tecnologica.

L’ANDAMENTO DELLA POPOLAZIONE

Nel 2021 la crescita demografica cinese ha toccato il minimo dal 1960, e il numero delle nascite supera solo di poco quello dei decessi: nel 2021 ci sono stati 10,6 milioni di nascite, contro i 16 milioni del 2012.

Un tasso di natalità basso può portare a una riduzione della popolazione in età da lavoro, fondamentale per la crescita economica e per il sostegno degli anziani.

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Grafico via Axios.

LA SPESA PER LA DIFESA

Nei piani di Xi non c’è soltanto il sorpasso economico degli Stati Uniti, ma anche quello militare. L’intenzione di Pechino è quella di potenziare le proprie forze armate (note come Esercito popolare di liberazione), di modernizzarle e di aumentarne la prontezza al combattimento, così da adeguare la propria forza militare alle ambizioni di influenza globale.

La tabella di marcia prevede la modernizzazione dell’esercito per il 2035 e la capacità, entro il 2050, di schierare un’armata di prima fascia.

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Grafico via Axios.

Secondo un rapporto di fine 2021 del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, entro il 2027 la Cina avrà a disposizione settecento testate nucleari, arrivando a mille tre anni dopo: oggi ne possiede circa 350.

Il generale americano Mark Milley, capo dello stato maggiore congiunto, aveva detto di considerare la Cina come la sfidante militare “numero uno” degli Stati Uniti, specificando che il paese “ci sta chiaramente sfidando a livello regionale”, nell’Asia-Pacifico, “e la loro aspirazione è di sfidarci a livello globale”. “Hanno un sogno cinese”, proseguì, “e vogliono sfidare il cosiddetto ordine liberale basato sulle regole” con un sistema proprio e alternativo.

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