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Landini

Perché è folle negare le armi agli ucraini in nome della pace

Putin, come Hitler, aveva annunciato chiaramente le sue intenzioni. Il problema è che quasi nessuno gli ha dato troppo peso. Il commento di Giuliano Cazzola

 

Dopo aver letto, sbigottito, l’editoriale di Ernesto Galli della Loggia (“La storia falsa”) sul Corriere della sera, sono andato alla ricerca del saggio dello storico slavista francese, Nicolas Werth (Poutine historien en chef) che raccoglie i testi di scritti e i discorsi di Vladimir Putin.

Giustamente quella antologia è stata paragonata al Mein kampf di Adolf Hitler, per tanti motivi. In primo luogo perché dalla lettura si ricava un dato di fatto: l’invasione dell’Ucraina non è stata una decisione improvvisata, ma il primo atto di una strategia sostenuta da una visione imperialista rivolta alla ricostruzione della Grande Madre Russia, come se fosse una missione imposta dalla storia ed ereditata dai grandi Zar del passato (non a caso Putin ha citato spesso Pietro I).

Di conseguenza, a Putin (come a suo tempo a Hitler) non può essere imputata nessuna dissimulazione: ambedue hanno fatto quanto avevano annunciato. Hanno sbagliato, allora come adesso, coloro che non hanno dato peso alle loro affermazioni per l’opportunismo dell’appeasement.

Ma ad approfondire le dottrine dell’autocrate del Cremlino, emergono – mutatis mutandis – ideologie, sentimenti, odi ancestrali che non sono troppo diversi da quelli che hanno attraversato gli incubi del caporale boemo (come Hindenburg definiva Hitler).

Galli della Loggia si è soffermato sulla riscrittura della storia (appunto “falsa”) che sta alla base del pensiero di Putin. Ma per trovare l’anima nera del nuovo Ivan il terribile bisogna andare alle pagine con cui vengono spiegati i motivi dell’operazione militare speciale e, soprattutto, il programma della c.d. denazificazione dell’Ucraina, in cui vengono descritte iniziative degne del migliore Pol Pot.

Da Zelensky all’ultimo cittadino ucraino sono tutti colpevoli, perché “la denazificazione è necessaria quando una parte significativa del popolo – molto probabilmente la maggioranza – viene dominata e trascinata dal regime nazista nella sua politica. Cioè quando l’ipotesi ‘il popolo è buono – il governo è cattivo’ non funziona”.

Poi Putin passa a spiegare in che cosa consiste la denazificazione: “è un insieme di misure nei confronti della massa nazificata della popolazione, che tecnicamente non può essere punita direttamente come criminale di guerra. I nazisti che hanno preso le armi devono essere distrutti il più possibile sul campo di battaglia (…….) I criminali di guerra e i nazisti attivi devono essere puniti in modo sommario ed esemplare. È necessario procedere a una liquidazione totale. Tutte le organizzazioni che si sono legate alla pratica del nazismo devono essere eliminate e messe al bando”.

Poi si arriva alla politica di rieducazione dei Khmer rossi per espiare una sorta di peccato originale (non era forse il medesimo destino degli ebrei nel regime nazista?).

“Tuttavia, oltre ai vertici, è colpevole anche una parte significativa della massa di persone che sono nazisti passivi, collaboratori del nazismo. Hanno sostenuto e assecondato il governo nazista. Una giusta punizione per questa parte della popolazione è possibile solo se si sopporta l’inevitabile peso di una guerra giusta contro il sistema nazista, condotta nel modo più delicato e discreto possibile (sic!) contro i civili. L’ulteriore denazificazione di questa massa di popolazione consiste nella rieducazione, che si ottiene attraverso la repressione ideologica (soppressione) degli atteggiamenti nazisti e una dura censura: non solo nella sfera politica, ma necessariamente anche in quella della cultura e dell’istruzione. È attraverso la cultura e l’istruzione che è stata preparata e portata avanti la profonda nazificazione di massa della popolazione, consolidata dalla promessa di dividendi derivanti dalla vittoria del regime nazista sulla Russia, dalla propaganda nazista, dalla violenza e dal terrore interni e dalla guerra di otto anni con il popolo ribelle del Donbass, ribelle al nazismo”.

Continuiamo a leggere sempre più allibiti: “La denazificazione può essere effettuata solo dal vincitore, il che presuppone (1) il suo controllo incondizionato sul processo di denazificazione e (2) il potere di garantire tale controllo. In questo senso, il Paese denazificato non può essere sovrano. Lo Stato denazificatore – la Russia – non può procedere con un approccio liberale alla denazificazione. L’ideologia del denazificatore non può essere contestata dal colpevole sottoposto a denazificazione”.

E quanto tempo occorrerà per questa pulizia ideologica? “Il periodo di tempo per la denazificazione non può in alcun modo essere inferiore a una generazione che deve nascere, crescere e maturare nelle condizioni della denazificazione. La nazificazione dell’Ucraina dura da oltre 30 anni – a partire almeno dal 1989, quando il nazionalismo ucraino ha ottenuto forme legali e legittime di espressione politica e ha condotto il movimento per l'”indipendenza” verso il nazismo”.

Come si è camuffato sotto una patina democratica il nazismo ucraino? “Non c’è un partito nazista principale, né un Führer, né leggi razziali a tutti gli effetti (solo una versione ridotta sotto forma di repressione della lingua russa). Di conseguenza, non c’è opposizione né resistenza al regime. Tuttavia – prosegue lo zar – tutto ciò non fa del nazismo ucraino una “versione leggera” del nazismo tedesco della prima metà del XX secolo. Al contrario – poiché il nazismo ucraino è libero da tali quadri e restrizioni di “genere” (essenzialmente politico-tecnologico), esso si dispiega liberamente come base fondamentale di tutto il nazismo – come razzismo europeo e, nella sua forma più sviluppata, americano (….) L’ucraino rappresenta – udite! udite! (ndr) – per la pace e la Russia una minaccia non minore, ma maggiore del nazismo tedesco di Hitler”.

Quale sarà il destino di questa nazione tanto pericolosa? “Evidentemente, il nome “Ucraina” non può essere mantenuto come titolo di una formazione statale completamente denazificata sul territorio liberato dal regime nazista (…) Il riscatto dal senso di colpa nei confronti della Russia per averla trattata come un nemico può realizzarsi solo affidandosi alla Russia nei processi di ricostruzione, rigenerazione e sviluppo”.

Viene poi descritto il futuro geopolitico dell’Ucraina. “Naturalmente, ci vorrà un po’ di tempo (come è buono lei!!, ndr) prima che la gente si riprenda dallo shock dell’azione militare e si convinca delle intenzioni a lungo termine della Russia” – cioè che “non sarà abbandonata”.

“Un’Ucraina ostile alla Russia, ma forzatamente neutrale e smilitarizzata, con un nazismo formalmente bandito, dovrebbe sopravvivere, secondo il modello coreano di Putin. Gli odiatori della Russia andranno lì. Una garanzia che questa Ucraina residua rimarrà neutrale dovrebbe essere la minaccia di una continuazione immediata dell’operazione militare se i requisiti elencati non saranno soddisfatti. Ciò richiederebbe probabilmente una presenza militare russa permanente sul suo territorio. Dalla linea di alienazione e fino al confine russo sarebbe il territorio di potenziale integrazione nella civiltà russa, antifascista nel suo intimo”.

In presenza di tanto odio non si può che essere d’accordo con Galli della Loggia quando si chiede, nell’editoriale, se “c’è ancora qualcuno che in nome della ‘pace’ intende negare le armi a chi se la sta vedendo da mesi con simili criminali”.

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