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È ormai una guerra di posizione tra Russia e Ucraina. L’intervento di Crosetto in Parlamento

Che cosa ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto durante le comunicazioni in Parlamento in materia di proroga all’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative dell'Ucraina. Ecco il testo integrale

 

Grazie, signor Presidente. Onorevoli deputati, quella di oggi è un’occasione per fornire un punto di situazione sul conflitto in Ucraina, su ciò che l’Italia ha fatto, fa e farà a supporto del Governo ucraino, con particolare riferimento alla proroga al 31 dicembre 2024 dell’autorizzazione per la fornitura di aiuti, anche militari, a Kiev. Purtroppo la controffensiva estiva dell’Ucraina non ha dato i risultati sperati e l’Esercito di Kiev sta ora affrontando un nuovo inverno di guerra, dovendo, a sua volta, fare fronte alla prevedibile, violenta reazione russa, per lo più basata su lancio di missili e droni dall’est del Paese. Anche grazie alla promessa di un futuro ingresso dell’Ucraina in Europa, che auspichiamo, e agli appuntamenti elettorali già previsti nell’Unione europea, negli Stati Uniti e anche in Russia, il 2024 sarà un anno cruciale del conflitto iniziato il 24 febbraio 2022.

L’Italia, recependo tutte le risoluzioni del Parlamento in merito, supporta dall’inizio e con determinazione ogni azione per favorire l’apertura di un confronto diplomatico e arrivare quanto prima a una soluzione negoziale che non sia disgiunta da una pace giusta e senza che ciò venga erroneamente interpretato come una volontà di disimpegnarsi dal nostro sostegno – e della comunità internazionale – al fianco dell’Ucraina, volontà che resta forte e totalmente inalterata.

La gravità della situazione e la minaccia che essa pone all’ordine e alla stabilità europea globale, infatti, confermano quanto sia importante continuare a sostenere lo sforzo del popolo e delle Forze armate ucraine affinché siano in grado di resistere all’aggressione russa. In questo contesto, lo scorso 19 dicembre, il Consiglio dei ministri ha ritenuto necessaria la proroga per un altro anno, previo il successivo e doveroso passaggio parlamentare per la conversione del decreto-legge, dell’autorizzazione a fornire aiuto concreto con mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari e civili al Governo dell’Ucraina.

Dopo quasi due anni, il conflitto presenta le caratteristiche di una tradizionale guerra di posizione, anche in considerazione del fatto che gli sforzi finora sostenuti hanno esaurito le risorse necessarie per alimentare ulteriori spinte offensive. La stagione invernale tende a cristallizzare la situazione sul campo ed è prevedibile che la reazione russa sia particolarmente dura e faccia ricorso ad attacchi massicci, con missili e droni, contro le infrastrutture civili e militari più critiche. Lo scopo è quello di fiaccare il morale della popolazione ucraina, indebolendone la volontà di combattere, creando una frattura interna e fiaccandone il morale. La controffensiva ucraina ha avuto un andamento generoso, ma irregolare, non riuscendo a liberare dall’occupazione russa aree significative e non cogliendo l’obiettivo finale che Kiev si era posta, cioè raggiungere il Mare di Azov e interrompere la continuità territoriale tra Crimea e Donbass. Per esplicita ammissione delle autorità ucraine, il contrattacco, sviluppatosi soprattutto a sud degli oblast di Zaporizhzhia e Kherson, ha, infatti, permesso di recuperare dall’occupazione russa poche decine di chilometri quadrati di terreno. Le principali difficoltà riscontrate sono da imputare alla presenza di vasti campi minati – l’intelligence ucraina stima in oltre 8 milioni il numero di mine impiegate dai russi a protezione delle proprie posizioni – e alla superiorità numerica e aerea delle forze di Mosca. Lo stesso Presidente Zelensky ha dichiarato la necessità che l’Esercito ucraino mobiliti altri 450.000-500.000 effettivi e, soprattutto, che venga garantito il costante e significativo sostegno occidentale a Kiev in termini di armamenti e di addestramento. La Russia, sebbene abbia mancato gli obiettivi che si era posta, non sembra dare segni di cedimento. Putin ha tamponato le difficoltà stabilizzando il fronte interno ed esterno al punto di invertire alcune dinamiche preesistenti. Se ricordate, io dissi, tempo fa, che la forza principale di Putin era il fatto che per lui tempo e morti non avevano importanza, tanto che il fattore tempo, che alcuni pensavano giocasse a favore di Kiev, ora pare più favorevole a Mosca. Purtroppo, anche in questo campo si nota la differenza tra un’autocrazia, la Russia, e una democrazia, l’Ucraina. Mosca, inoltre, è stata capace di sostenere il suo sforzo bellico aggirando le sanzioni occidentali, intensificando gli scambi con Corea del Nord, Iran, Cina e altri partner del Sud globale, aumentando la spesa pubblica e con una disponibilità di un settore privato particolarmente resistente.

La Russia sembra, sostanzialmente, intenzionata a puntare a un conflitto di logoramento, sul tempo, sui tempi lunghi, nella convinzione che, nel lungo periodo, le opinioni pubbliche occidentali si stancheranno e ci saranno defezioni tra i ranghi dei Paesi sostenitori di Kiev. In questo senso, è inevitabile l’influenza che potrebbero generare le prossime scadenze elettorali, negli USA, in Europa e le relative campagne politiche. Tendenze isolazionistiche di disimpegno dal sostegno dell’Ucraina potrebbero, presto o tardi, manifestarsi nell’elettorato americano, in particolare, ma sono presenti anche a livello europeo, come sapete bene.

Quello appena descritto è lo scenario che oggi caratterizza il conflitto russo-ucraino e che impone a noi, all’Italia, una scelta di coerenza, di sostegno e dunque di proroga degli aiuti all’Ucraina, in linea con gli impegni internazionali che ci siamo assunti in sede NATO e in sede di Unione europea. L’impegno della Difesa è stato pronto e concreto fin dai primissimi giorni del conflitto e abbiamo aderito alle iniziative e al supporto dell’Ucraina in ambito NATO, nel contesto delle iniziative alleate volte a potenziare la postura di deterrenza e difesa sul fianco Est, con la partecipazione ai dispositivi aerei, navali e terrestri in Lettonia, Ungheria e Bulgaria, nonché con l’invio di una batteria di difesa aerea e missilistica SAMP/T in Slovacchia e di un’unità navale, parimenti dotata di capacità di difesa aerea, nel Mar Baltico. In seno all’Unione europea, con l’organizzazione di numerosi corsi di formazione e addestramento per le truppe ucraine, all’interno della missione EUMAM, di cui nel 2023 abbiamo soddisfatto tutte le richieste formative pervenute. Su base multilaterale, con la partecipazione al consesso di Ukraine Defense Contact Group, al cui interno si stanno ora creando le cosiddette coalizioni di capacità per il sostegno all’evoluzione delle Forze armate ucraine, secondo standard occidentali e nel segno dell’interoperabilità con i Paesi della NATO. Le coalizioni di capacità segnano un altro salto di qualità nelle modalità di supporto all’Ucraina. L’idea è aggregare gruppi di Nazioni guidate da uno o più leader che concordino con Kiev lo sviluppo di specifici settori delle Forze armate, mediante un approccio pluriennale che comprenda gli aspetti materiali, organizzativi, addestrativi, dottrinali e garantisca il supporto finanziario alle imprese. Al riguardo, gli sviluppi del filone di lavoro delle coalizioni avranno implicazioni in diversi ambiti e saranno il driver principale dello sviluppo della difesa nazionale ucraina nell’alveo della NATO e dell’Unione europea. In questo contesto, l’Italia ha manifestato interesse alla demining coalition promossa dalla Lituania nel settore dello sminamento del territorio e della ricostruzione delle unità del genio deputate al forzamento dei campi minati. Se pensate al dato che vi ho detto prima, oltre 8 milioni di mine, voi pensate a quanto sarà l’impatto che ci sarà nei prossimi anni soltanto per liberare il territorio dalle mine che sono state disseminate. L’informazion technology coalition, a guida Estonia e Lussemburgo, per la creazione di un’infrastruttura di comunicazione con la capacità di difesa dagli attacchi cibernetici, la maritime coalition guidata Gran Bretagna e Norvegia, per la ricostruzione di una marina ucraina. Appare importante l’identificazione di mezzi, materiali e sistemi d’arma di produzione nazionale disponibili nell’immediato e nel breve periodo, che possano essere rilevanti all’interno della coalizione per lo sviluppo delle Forze ucraine, per i quali sussiste adeguata capacità produttiva, senza andare a detrimento dei programmi di acquisizione della Difesa italiana. Al tempo stesso, si dovranno valutare attentamente i meccanismi di finanziamento di queste iniziative che, al netto dei possibili, parziali ristori ottenibili mediante i fondi europei, non potranno ricadere sulle ordinarie assegnazioni destinate alla Difesa italiana.

Allo stato attuale, pensiamo di fornire sistemi d’arma già in nostro possesso, in linea con l’attuale quadro normativo. In futuro, non possiamo escludere la necessità di svolgere un più efficace ruolo nazionale all’interno di queste coalizioni, realizzando, ove ve ne sia la volontà politica, degli strumenti normativi ad hoc. In tal caso, verranno adottati gli adempimenti volti a far rientrare le attività poste in essere in un adeguato perimetro autorizzativo.

Vorrei soffermarmi sul contributo nazionale in termini di consegna di aiuti militari. Dopo 7 pacchetti di aiuti militari già formalizzati dall’inizio del conflitto, abbiamo da poco dato il via libera all’invio a Kiev di un’ottava tranche di equipaggiamenti, materiali, mezzi e sistemi, sulla base delle esigenze rappresentate dalle autorità ucraine per far fronte al conflitto. Ho, peraltro, già illustrato nel dettaglio questo nuovo decreto al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, lo scorso 19 dicembre. Come ben sapete, infatti, questo Governo ha ritenuto di dover proseguire nel solco del precedente Esecutivo, ponendo la classifica di segretezza sugli aiuti inviati a Kiev, ma posso confermare che anche questo ottavo pacchetto di aiuti militari è costituito da equipaggiamenti e sistemi d’arma volti a rafforzare solo e soltanto le capacità difensive delle Forze armate ucraine. Al contempo, quale attività complementare alle cessione di aiuti militari, stiamo studiando delle soluzioni che permettano il mantenimento e l’operatività dei sistemi già ceduti.

La strada da percorrere a fianco dell’Ucraina è ancora lunga e sono consapevole della complessità della situazione e delle difficoltà che si pongono, ma sarebbe un errore strategico e politico drammatico fare adesso un passo indietro. Il nostro sostegno alle Forze armate dell’Ucraina deve continuare finché non cesseranno gli attacchi dei russi.

Consentitemi alcune riflessioni finali. La piena integrità territoriale dei confini riconosciuti dell’Ucraina resta l’obiettivo dell’intera comunità internazionale. Ancora una volta, dunque, l’Italia sceglie di essere dalla parte della libertà delle Nazioni e del rispetto del diritto internazionale, con l’obiettivo di arrivare, in linea con le posizioni assunte dai nostri alleati, a una pace giusta e duratura. Al contempo, dobbiamo essere realisti e non possiamo ignorare la situazione militare sul campo che, sebbene si possa, al momento, considerare in equilibrio, disegna una geografia politica diversa da quella del gennaio 2022. A ciò si aggiungono le già citate considerazioni circa la reale capacità ucraina di contrastare sul lungo periodo l’opponente russo in una condizione di persistente inferiorità numerica e di inferiorità aerea. Se la prospettiva di un nuovo inverno di guerra preoccupa la popolazione ucraina, parimenti i Paesi occidentali non sono indifferenti a tale scenario, con particolare attenzione alla sensibilità delle nostre opinioni pubbliche. In quest’ottica, come ho accennato, parrebbe giunto il momento per un’incisiva azione diplomatica che affianchi gli aiuti che stiamo portando avanti, perché si rilevano una serie di segnali importanti che giungono da entrambe le parti in causa. Le dichiarazioni di diversi interlocutori da parte russa evidenziano una lenta e progressiva maturazione di una disponibilità al dialogo per porre fine alla guerra, lasciando intravedere l’ipotesi di ripristinare rapporti ai consessi che in passato hanno agito con efficacia per prevenire e risolvere crisi e tensioni internazionali. L’economia russa, per quanto si sia riconfigurata in un’economia di guerra capace di sostenere uno sforzo bellico prolungato nel tempo, non potrà contare all’infinito sul supporto della popolazione russa, anch’essa colpita dalla cosiddetta war fatigue e da continue privazioni. In Ucraina il fronte interno appare meno compatto che nel passato nel sostenere la politica del Presidente Zelensky, evidenziando alcune divergenze nella dialettica politica, finora impegnata in uno sforzo militare totale orientato a respingere senza alcun compromesso l’invasione russa.

Tutto questo deve essere tenuto in considerazione – dobbiamo farlo – nel percorso di avvicinamento alle trattative per l’interruzione del conflitto e per il successivo processo di normalizzazione dei rapporti non solo tra Russia e Ucraina, ma anche con i Paesi occidentali. Di contro, la Russia deve, e dovrà, comprendere la risolutezza dei Paesi occidentali al fine di evitare di inasprire situazioni di tensione e, soprattutto, scongiurare nuove velleità di conquista in altre regioni dell’Est dell’Europa.

Pertanto, l’azione dei prossimi mesi dovrà commisurare deterrenza e diplomazia, iniziative sanzionatorie e opportunità de-escalatorie, dialettiche di ferma condanna e momenti di dialogo, dovendo evitare di innescare una narrativa pessimistica e di abbandono dell’Ucraina al suo destino, che sarebbe un gravissimo e inaccettabile nocumento non per l’Ucraina, ma per l’intero Occidente, e allontanerebbe ogni possibilità di un serio negoziato.

Tale contesto, la credibilità delle capacità del supporto della Difesa italiana al pari di quelle di tutti gli altri Paesi europei, dovrà essere da traino e sprone per l’Unione europea e le sue istituzioni affinché creino le condizioni per avviare interlocuzioni con Mosca, nella piena consapevolezza che quello in Ucraina è un conflitto sul territorio europeo che mette a rischio la sicurezza e il sistema valoriale europeo e italiano.

Per ogni trattativa di pace, che pure auspichiamo, non possiamo che partire da un presupposto, che per noi, patria del diritto, è un principio faro: nella guerra tra Russia e Ucraina esiste un aggredito e un aggressore, nella guerra tra Russia e Ucraina esiste una Nazione che ogni giorno bombarda obiettivi militari e civili di un’altra Nazione. Ogni giorno questa guerra ci ricorda che noi abbiamo il dovere di difendere la libertà delle Nazioni e il diritto internazionale. Ogni possibile trattativa di pace non può che partire da qui, non può che partire da una visione univoca, che non è discutibile, su questa guerra e su chi tra le due Nazioni che la stanno combattendo sia quella che ha violato ogni regola di convivenza civile.

Noi in questa lunghissima tragedia nel centro dell’Europa abbiamo da anni scelto con difficoltà, perché è uno sforzo politico, militare ed economico, di schierarci dalla parte dell’aggredito. Lo abbiamo fatto con convinzione, continuiamo a farlo con convinzione e guardiamo con sofferenza la lunghezza di questa guerra e le ferite che questa guerra sta producendo nel tessuto ucraino, nell’Europa stessa, nella pace, nella possibilità di sicurezza allargata, perché tutti avete una piena evidenza che anche gli altri conflitti e le altre ferite che si sono aperte si sono aperte come conseguenza di questa iniziale ferita, che il pus che emerge da questa ferita enorme si è diffuso ad altre zone e sta aumentando ogni giorno il peggioramento delle condizioni di sicurezza e di pace nelle quali viviamo.

Noi abbiamo scelto di difendere il diritto internazionale, princìpi e valori, non soltanto una Nazione. C’è qualcosa di più grande in ballo, non ha un nome e un cognome, non si chiama solo Ucraina, non si chiama solo popolo ucraino. La guerra è a principi, a valori, a regole che il mondo delle Nazioni ha deciso negli anni di darsi. La comunità internazionale negli anni ha deciso di fermare i conflitti dandosi delle regole, quello è il diritto internazionale. Noi stiamo con forza e con determinazione soltanto ribadendo questo: che, se noi accettiamo che riprenda nel mondo la regola del più forte, se il consesso delle Nazioni si piega alla regola del più forte, se il consesso delle Nazioni decide di girarsi dall’altra parte per comodità politica, per tranquillità economica, per poter continuare a fare gli affari, di fronte a violazioni di questo tipo, pezzo dopo pezzo, senza che ce ne accorgiamo noi stessi o le nostre opinioni pubbliche, perderemo spazi di libertà, perderemo spazi di democrazia, perderemo spazi di sicurezza.

È un percorso drammatico e difficile perché camminiamo su un crinale, perché cerchiamo la pace offrendo armi a chi si deve difendere, perché viviamo tutti i giorni nella contraddizione che ogni guerra ha al suo interno, ma non esiste pace giusta se un popolo aggredito non ha la possibilità di difendersi, non esiste pace giusta o diritto internazionale se il più forte può pensare di aggredire il più debole senza che nessuno lo aiuti. È una difficoltà.

Noi viviamo in un mondo in cui l’egoismo prevale e in cui il tentativo di ognuno – delle persone e, anche, molto spesso, delle opinioni pubbliche – è avere una propria sfera di sicurezza senza pensare a cosa succede a centinaia di chilometri di distanza, senza la consapevolezza che quello che succede a centinaia di chilometri di distanza ti entra nelle case. È quello che sta succedendo con i trasporti nel Mar Rosso, dove il costo dei noli e il costo dei trasporti entrano nelle case e nei prodotti che gli italiani si trovano sulla tavola e aumentano l’inflazione, anche solo economica.

Ma quello che è a rischio nella guerra in Ucraina è ben di più. L’Ucraina è la prima porta, ma non è l’unica porta, e se fosse passato il concetto che quella porta poteva essere sfondata senza alcuna reazione ci sarebbero state altre porte successive, perché la volontà non era quella di andare a proteggere le popolazioni russofone, ma era la volontà di ripristinare un antico gruppo di Nazioni che non si chiamava Russia, ma si chiamava URSS, era quella di ripristinare una forza che si era persa negli anni.

Noi ci siamo opposti a questo, ci siamo opposti in modo bipartisan nel passato Governo e stiamo cercando di continuare a farlo oggi. Lo facciamo con le nostre modalità, lo facciamo con passaggi parlamentari, lo facciamo rispettando quello che la Costituzione ci obbliga e ci invita a fare, lo facciamo portando un approccio diverso, che è quello che oggi ho cercato di illustrare: essere una delle prime Nazioni come aiuti, come quantità e qualità di aiuti, essere una delle prime Nazioni che cercano di dire che abbiamo le due strade, quella dell’aiuto senza “se” e senza “ma” e quella del tentativo di una costruzione di una strada diplomatica che ci porti alla fine di un conflitto che gli ucraini per primi vorrebbero cacciare dalle loro teste.

Dico una frase che uso per semplificare: si può iniziare a parlare quando per un’ora, 24 ore o 48 ore cesseranno di cadere le bombe o di arrivare i droni sul territorio ucraino, perché di questo parliamo. C’è una Nazione che, ogni giorno, ogni mattina, ogni pomeriggio e ogni sera è attaccata e si deve difendere da centinaia di bombe che cadono su obiettivi civili e militari e questo da quasi 2 anni. Quando saranno passate 24 ore senza che questi attacchi partano e arrivino, potremo iniziare a parlare di pace e noi dobbiamo arrivare a questo, dobbiamo arrivare a convincere chi sta attaccando a fermarsi. In attesa che questo accada, dobbiamo impedire a quelle bombe di cadere sui territori, di cadere negli asili, negli ospedali, sugli obiettivi civili e militari ucraini ed è quello che abbiamo fatto in questi 2 anni, fornendo pacchetti che hanno salvato migliaia di vite ucraine da un attacco russo.

Quindi, io vorrei che questo Paese sappia anche avere l’orgoglio di quello che sono stati questi aiuti militari, perché questi aiuti militari sono stati il modo con cui noi abbiamo contribuito, a spese nostre, a salvare decine di migliaia di vite di civili ucraini.

Io sono fiero che il nostro Paese abbia fatto questo e spero che potremo continuare a farlo anche in quest’anno.

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