L’ipotesi — in base a circoscritte e precise informazioni di intelligence — che l’Iran venda droni alla Russia sostenuta dal consigliere per la sicurezza nazionale americano Sullivan è tutt’altro che peregrina ed infondata soprattutto perché ai russi mancano delle parti sensibili necessarie per la costruzione (ci riferiamo ai semi conduttori la cui importazione è diminuita in modo notevolissimo).
A livello tecnico l’Iran è in grado di sviluppare da diversi anni i droni che vende ai suoi alleati e cioè a Hezbollah in Israele, alle milizie sciite in Siria e Iraq, agli Houthi nello Yemen.
Questa informativa di intelligence è stata diffusa prima del viaggio che Biden ha fatto in Israele il 13 e il 14 luglio a cui poi è seguito quello in Arabia Saudita per partecipare al vertice del consiglio di sicurezza del Golfo.
Lo scopo di questa informativa resa ufficiale è quella di consolidare l’immagine dell’asse del male cioè quello Russia-Iran che dovrebbe indurre Israele e le potenze saudite a cambiare la loro postura nei confronti della Russia. Rimane il fatto che esistono ottimi rapporti fra il mondo arabo e la Russia così come rimane il fatto che non pochi oligarchi russi siano ben accolti non solo nei paesi arabi — per esempio negli EAU — ma anche in Israele.
Ritornando alla dimensione strettamente tecnica dei droni iraniani è significativo il fatto che il paese che funge da collegamento tra Iran e Russia in relazione ai droni sia il Tagikistan che come sappiamo è membro dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), un’alleanza militare (Russia, Bielorussia, Armenia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan) guidata da Mosca. Non a caso un impianto iraniano di assemblaggio di droni Ababil 2 è stato inaugurato il 17 maggio alla presenza del maggiore generale Mohammad Bagheri, del capo di stato maggiore delle forze armate della Repubblica islamica dell’Iran e del generale Sherali Mirzo, ministro della Difesa del Tagikistan a Dushanbe. Il generale Bagheri ha poi sottolineato che il Tagikistan è in grado di esportare attrezzature militari per soddisfare le esigenze interne dei paesi alleati e amici al fine di aumentare congiuntamente la sicurezza.
Indipendentemente dalla credibilità di questa informativa — credibilità che appare molto alta — non saranno certamente i droni a consentire alla Russia una svolta rilevante nell’attuale guerra.
Questi infatti possono — o potrebbero — costituire una svolta di natura tattica per la Russia ma certamente non rappresenterebbero una svolta di natura strategica.