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Domani Quotidiano, che cosa è successo tra Stefano Feltri e Carlo De Benedetti?

Perché Carlo De Benedetti ha sostituito alla direzione del quotidiano Domani Stefano Feltri con Emiliano Fittipaldi. Fatti, nomi, approfondimenti e interrogativi

 

“Ho fatto un giornale indipendente, forse troppo”. Potrebbe bastare questa frase scritta da Stefano Feltri sul suo blog, dopo essere stato rimosso da direttore del quotidiano Domani, per spiegare la decisione dell’editore Carlo De Benedetti di sostituire Feltri con il suo vice Emiliano Fittipaldi.

Eppure non pare che sia una questione di linea politica ad aver scatenato le tensioni fra De Benedetti e Feltri. Basti pensare al recente evento del quotidiano a Modena – con presenze non solo di centrosinistra ma anche di esponenti di centrodestra – dove Feltri (ancora direttore del quotidiano) ha voluto lasciare campo libero all’editore nel faccia a faccia con Elly Schlein, neo segretario del Pd; il faccia a faccia non è stato moderato da Feltri ma dalla giornalista di politica del quotidiano Domani, Daniela Preziosi.

La prorompenza non solo mediatica dell’editore, d’altronde, è stata vieppiù chiara quando non è stato realizzato l’annuncio in occasione dell’avvio dell’avventura editoriale: ben presto la proprietà del quotidiano passerà a una fondazione disse De Benedetti, quindi recidendo il cordone ombelicale iniziale con il finanziere. A distanza di tre anni dal lancio del quotidiano, De Benedetti resta il dominus assoluto della società come numero uno della finanziaria Romed che controlla l’azienda editoriale del Domani.

Nella redazione del Domani, comunque, si notava da tempo che c’erano segnali non confortanti da parte della società. Ci sono state uscite di peso per contratti non rinnovati a giornalisti o addii di firme di peso. È il caso di Selvaggia Lucarelli, tornata al Fatto Quotidiano, che Feltri aveva invece strappato al quotidiano diretto da Marco Travaglio. Ma ci sono stati casi meno noti – seppure di peso nella macchina del giornale – come quello di Sonia Ricci: con un post su Facebook ha annunciato settimane fa che siccome non era stata stabilizzata lasciava il quotidiano e la cura del supplemento Cibo; un post critico con il precariato. Ricci in sostanza ha preferito andare a lavorare al ministero dell’Università con il ministro Anna Maria Bernini (Forza Italia). Anche un altro giornalista (Filippo Teoldi) non è stato confermato al termine del contratto e subito dopo è stato assunto dal settimanale l’Economist.

Le uscite non hanno caratterizzato solo la redazione ma anche l’amministrazione del giornale. Dopo pochi mesi di lavoro ha lasciato la direzione generale della società Paolo Baronci, che era stato portato da Antonio Campo Dall’Orto, presidente del consiglio di amministrazione dell’Editoriale Domani.

Insomma, divergenze, casi e tensioni che non si rintracciano nel comunicato con cui la società nei giorni scorsi ha comunicato la sostituzione di Feltri con Emiliano Fittipaldi alla direzione di Domani.

Che l’avvicendamento non sia stato affatto sereno e amichevole è testimoniato dal fatto che non c’è stato il consueto editoriale di saluti da parte del direttore uscente: Feltri ha invece scritto sul blog un lungo post con una frase clou (“Ho fatto un giornale indipendente, forse troppo”) e nulla più sulla vicenda. Forse perché l’uscita non è stata ancora formalizzata a tutti gli effetti e di certo non si può sostenere – come incredibilmente ha fatto il Corriere della sera – che Feltri abbia lasciato la direzione di Domani. Anzi, se avesse scritto l’editoriale di saluti avrebbe di fatto legittimato una operazione che ha dovuto subire senza voler fare polemiche, come ha scritto a caldo sul suo blog dopo essere stato defenestrato.

Ma non tutto è chiaro sulla vicenda. Perché se davvero De Benedetti avesse contestato in toto la conduzione del giornale non avrebbe nominato al posto di Stefano Feltri il vice di Feltri, ossia Emiliano Fittipaldi. Così come evocare la spinta del giornale ora sul digitale con la direzione di Fittipaldi desta alcuni interrogativi, come ha fatto Francesco Specchia sul quotidiano Libero: “Fittipaldi è di una dozzina d’anni più vecchio di Feltri – rispettivamente 49 e 37 anni -; appartiene alla vecchia scuola, avrà bisogno di un editor digitale e di una buona truppa di Seo per spiccare il volo in Rete”. Inoltre, come scritto da Start Magazine giorni fa, fu De Benedetti a voler puntare soprattutto sulla carta.

Tanto che c’è stato anche un profluvio di supplementi ai temi più svariati – dedicati dalla geopolitica (ottimo Scenari curato da Mattia Ferraresi), all’alimentazione, ai fumetti ecc. – che di certo hanno contribuito ad aumentare i costi dell’azienda e non si sa come e quanto i ricavi.

Una chiave di lettura l’ha fornita il Post nella newsletter Charlie: “L’editore di Domani sembrava quindi essersi demotivato negli ultimi mesi, e diminuita la sua speranza che il giornale potesse essere più protagonista della scena politica e del dibattito pubblico, e non volendo aumentare gli investimenti necessari a un rilancio del progetto (rilancio, soprattutto sul digitale, i cui risultati economici sarebbero stati tutti da verificare) e accantonate altre ipotesi (richiesta di finanziamento pubblico, ingresso di nuovi soci), aveva chiesto che le perdite fossero ridotte attraverso una riduzione dei costi, che da qualche tempo si fa sentire nella costruzione del giornale. La scarsa disponibilità del direttore Feltri a ulteriori risparmi e la convinzione dell’editore che un cambiamento fosse necessario hanno portato alla nomina di Fittipaldi”.

I conti aziendali, comunque, non lasciano spazio a dubbi: se si scorre il bilancio 2021 in perdita, l’ultimo depositato dalla società editoriale del quotidiano Domani, i costi sono stati di 7,2 milioni di euro, rispetto a un valore totale della produzione di 4,5 milioni di euro.

La scarsa sostenibilità economica del progetto è responsabilità della direzione o dell’amministrazione?

Di sicuro gli editori riescono a fare meglio dei direttori gli interessi aziendali.

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