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Schengen, la Croazia e la libertà

Cosa significa, per l'Europa e il mondo, l'inclusione della Croazia nell'area Schengen. Il Taccuino di Federico Guiglia.

L’Europa della libera circolazione aggiunge un posto a tavola, perché dal primo gennaio 2023 arriva un amico in più: la Croazia, che ieri ha festeggiato una giornata storica. Nelle stesse ore in cui la sua Nazionale di calcio buttava fuori dal Mondiale ai rigori il superfavorito Brasile, Zagabria ha strappato il via libera dei 26 Stati dell’area Schengen (22 Paesi dell’Ue più Norvegia, Islanda, Svizzera e Liechtenstein) per entrare e ampliare la più grande zona senza frontiere del mondo.

Erano dieci anni che l’area Schengen non cresceva e alla luce verde per la benvenuta Croazia si contrappone la luce rossa per Romania e Bulgaria, nazioni che anch’esse, e da ben undici anni, avevano perorato la stessa causa. Ma l’allargamento si decide all’unanimità e l’Austria e l’Olanda hanno bloccato l’ingresso richiesto. Un ingresso che comporta l’abolizione dei controlli terrestri, marittimi e aerei ai confini degli Stati membri. Vienna teme ondate di migranti irregolari, mentre Amsterdam contesta lo Stato di diritto nei due Paesi per ora lasciati alla finestra.

Ma fra promossi e bocciati l’Europa si conferma la mèta di un sogno e di un destino sempre più in comune, nonostante le molte contestazioni, spesso fondate, che da più parti – Italia compresa – si rivolgono di continuo alla “politica di Bruxelles”. A fronte della Gran Bretagna e della Brexit di cui Londra sta già pagando i contraccolpi negativi non solo in ambito economico, e che forse la maggioranza dei britannici oggi non rifarebbe, l’Unione europea e i valori occidentali rappresentano una forte attrattiva. Come purtroppo testimonia anche la tragedia dell’Ucraina, che per la sua scelta di campo filo-europea è stata invasa e aggredita da Putin.

La ragione è tanto semplice quanto profonda: la più estesa area di libera circolazione nel pianeta è anche il più vasto e ambìto luogo della libertà. Che è come la salute: la si apprezza soprattutto quando la si perde, come insegna la crisi in Iran, dove c’è un popolo in rivolta contro un regime teocratico abituato alla violenza per tappare la bocca ai giovani e alle donne, che si battono per diritti elementari, eppur calpestati.

Non è, dunque, un caso che il continente capace di abbassare le sue barriere di confine sia anche la terra della libertà, cioè della pace tra i popoli, dell’eguaglianza fra le persone e delle opportunità per tutti.

Un faro di buone speranze al tempo della guerra e degli ayatollah.

(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi)
www.federicoguiglia.com

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