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Merkel Macron

Con Von der Leyen e Lagarde l’asse Francia-Germania strariperà? Il commento di Polillo (anche su Sassoli)

Che cosa cambierà e che cosa non cambierà con Von der Leyen e Lagarde al vertice della Commissione Ue e della Bce. Il commento di Gianfranco Polillo

 

In passato l’Italia aveva Mario Draghi alla testa della Bce, Antonio Tajani presidente del Parlamento europeo e Federica Mogherini Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri. Domani, se tutto andrà bene, conserverà solo la Presidenza del Parlamento, con l’elezione di David Sassoli, candidato in quota socialisti, più che come “semplice” italiano. Un tocco di perfidia, se visto con gli occhiali degli equilibri nazionali.

Nulla da dire, ovviamente, nei confronti del nuovo presidente dell’Europarlamento di Strasburgo, Sassoli. Giornalista di successo, quindi parlamentare di lungo corso, con una presenza assidua in quel di Bruxelles e Strasburgo. Se l’Italia fosse un “paese normale” sarebbe solo di che rallegrarsi. Ma il punto è proprio questo: lo siamo? Ed ancor più drammatico il secondo: lo diventeremo mai? C’è un passato che pesa come un macigno ed affonda le sue radici nella notte dei tempi. Con quelle grandi anomalie, che hanno caratterizzato la storia nazionale. Se il riferimento alla Resistenza deve rimanere – e tale deve essere – è al Secondo Risorgimento che si deve guardare. Piuttosto che alla crudeltà della “guerra civile” che fu pure componente, non certo secondaria, di quei tragici, seppur eroici, avvenimenti.

Comunque la si metta, l’asse franco-tedesco ha debordato, conquistando le principali posizioni. Ursula Von der Leyen sarà il nuovo Junker, a capo della Commissione europea. Una fedelissima di Angela Merkel, in grado di rappresentare al meglio gli interessi di quel Paese. Ci si potrà consolare, dicendo che il suo precedessore non era da meno. Nonostante la sua nascita lussemburghese. E che ora i tedeschi saranno costretti ad operare in prima persona. Mettendoci la faccia. Me è una magra consolazione.

La Von der Leyen ha un profilo politico-culturale, che non può non dare da pensare. Esponente della Cdu bavarese, si è sempre caratterizzata per posizioni molto rigide in tema di finanza pubblica. Un po’ l’esatto contrario di Frans Timmermans, il socialista olandese. Figlio di un mondo in cui, la presenza dello Stato nell’economia non é considerato un’eresia. Forse l’Italia, se non altro per i trascorsi del personaggio, con le sue frequentazioni nel Bel Paese, aveva tutto da guadagnare. Se non fosse prevalsa la paura del rosso. Che, come si diceva nel ‘68, andrebbe lasciato agli animali con le corna.

E che dire di Christine Lagarde, che prenderà il posto di Mario Draghi? Francese da sempre, lascia la direzione operativa del Fondo monetario. A differenza del suo precedessore non è un economista, ma un avvocato, che per conto del suo governo ha gestito, in passato, importanti dicasteri economici. Seguirà le orme di quel grande italiano dalla spiccata vocazione europeista? Si vedrà, al di là delle prime dichiarazioni di circostanza.

Per essere credibile dovrà, in qualche, modo convertirsi lungo la strada di Damasco. Far dimenticare la vicenda greca e le dure tardive parole di Jean Claude Juncker, contro quelle politiche: foriere del più grande disastro economico nella storia di quel Paese. E non solo. Indubbiamente un poco nobile discarico di responsabilità, ma anche la presa di distanza da un connubio. Rispetto al quale l’azione di Mario Draghi continua ad essere la faccia nascosta della luna.

Due donne, comunque, al vertice delle principali istituzioni europee. Ne saranno felici i cultori delle politiche di genere. Giuseppe Conte, forse già al corrente dei possibili retroscena, ne aveva anticipato le possibili conclusioni. Esprimendo il proprio auspicio. Mossa indubbiamente accattivante, per mascherare lo smacco italiano. Ma fragile nei contenuti effettivi. Più che il sesso, in quei posti di grande responsabilità, conta il vissuto dei singoli personaggi. La loro capacità di mettersi al di sopra degli interessi immediati del proprio Paese. Per garantire una comune prospettiva.

Ancora una volta il pensiero torna a Mario Draghi, le cui politiche non furono a favore dell’Italia, ma condotte per evitare una crisi della moneta unica. E quindi, solo in modo indiretto, a vantaggio del suo stesso Paese. Fu la condizione indispensabile per respingere gli attacchi della Bundesbank e salvare quel poco di spirito comunitario che resta ancora in Europa. Suonerà la stessa musica? Non resta che aspettare. Incrociando le dita.

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