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Cina e Usa strattonano l’Italia su 5G e Huawei. Ecco come

Sbuffi e avvertimenti Usa all'Italia contro Huawei per le comunicazioni Nato. E il colosso cinese continua a sedurre aziende e istituzionali italiane. Le ultime novità sulla contrapposizione in Italia

 

Su Huawei e 5G, per l’Italia, è ora di fare i conti. Con gli Usa. Al vertice Nato del 3 e 4 dicembre, che si terrà a Londra, infatti, Trump aspetta Giuseppe Conte al varco, per discutere delle prossime mosse del nostro Paese per lo sviluppo dell’ultima frontiera di internet. Andiamo per gradi.

TRUMP ASPETTA L’ITALIA AL VARCO

Durante il vertice Nato a Londra, secondo alcune fonti autorevoli che stanno preparando l’incontro, Donald Trump discuterà con l’Italia del suo rapporto con la Cina. E con Huawei, in particolare, secondo quanto riporta La Stampa.

A TRUMP NON BASTANO RASSICURAZIONI

Roma, per ora, non ha preso le distanze nette dall’azienda cinese e dalla compaesana Zte, ma ha modificato le norme sul golden power, riservando al Governo, in caso ce ne fosse bisogno, la possibilità di escludere le società extra-Ue dalla realizzazione del network 5G. Questo, però, non sembra bastare a Trump, alla ricerca di ben altre rassicurazioni sulla questione, viste le accuse di spionaggio.

VERTICE NATO: OCCASIONE ANCHE PER CONTE

Qualcosa cambierà nei confronti di Pechino. Difficile sostenerlo per ora. Da parte dell’Italia, comunque, c’è la volontà di recuperare un buon rapporto con Washington.

“Il prossimo vertice Nato a Londra sarà un’opportunità per riannodare le fila del dialogo transatlantico, di cui avvertiamo forte bisogno. La Nato non deve perdere il suo ruolo di piattaforma politica. Dobbiamo muoverci con unità di intenti, dobbiamo gestire efficacemente l’alleanza militare più potente e – a mia memoria – più longeva della storia”, ha affermato qualche giorno fa Giuseppe Conte.

NATO, 5G, HUAWEI ED ITALIA

Ma è proprio la Nato a rappresentare un problema in fatto di 5G ed Huawei. Come scrive La Stampa, infatti, “consegnare ai cinesi il controllo del 5G metterebbe a rischio la sicurezza delle comunicazioni dell’Alleanza e di infrastrutture strategiche”. E questo porterebbe, conseguentemente, all’esclusione dell’Italia dai processi legati, soprattutto, all’intelligence.

IL REPORT DEL CENTRO STUDIO MACHIAVELLI

A lanciare l’allarme sul rischio sicurezza Nato è stato per primo in Italia il report realizzato dal giornalista Francesco Bechis e dall’analista Rebecca Mieli per il centro studi Machiavelli.

“Non sono da sottovalutare le remore statunitensi circa il traffico di dati sensibili che si ritroverebbero a viaggiare su una rete internet di progettazione cinese. Nei Paesi Nato (soprattutto Italia e Germania) queste preoccupazioni si accentuano a causa della presenza di basi militari e statunitensi e dell’Alleanza. Comunicazioni riguardanti informazioni militari o di intelligence potrebbero essere messe a rischio da una rete vulnerabile, un rischio che gli Stati Uniti (soprattutto secondo quanto dichiarato dal segretario di Stato Mike Pompeo) non sono intenzionati a correre e che si potrebbe tradurre nell’interruzione dei rapporti informativi tra funzionari militari e di intelligence”, si legge nel report.

ANCHE L’UE HA DUBBI SU HUAWEI

I dubbi sull’affidabilità di Huawei arrivano anche dall’Europa. Nelle raccomandazioni datate 18 novembre del Consiglio europeo agli Stati Ue contenuta nel “Draft Council Conclusions on the significance of 5G to the European Economy and the need to mitigate the security risks linked to 5G” (Conclusioni del Consiglio sul significato del 5G per l’economia europea e sulla necessità di mitigare i rischi per la sicurezza legati al 5G ), si sostiene la necessità, nella scelta degli operatori, di prendere “in considerazione anche fattori non tecnici quali il quadro giuridico e politico a cui i fornitori possono essere soggetti in paesi terzi”.  Il documento non fa alcun riferimento esplicito alla Cina, né ad Huawei e Zte, ma leggendo tra le righe è facile intuire come “paesi terzi” possa avere chiari riferimenti alla Repubblica Popolare, dunque dei colossi Huawei e Zte (qui i dettagli).

HUAWEI SEDUCE ITALIA

Ma Trump, nonostante remore, minacce e report non avrà vita facile. Perché Huawei, in Italia, si sta impegnando tanto. La società di Shenzen ha destinato 9 milioni di euro per gli sviluppatori italiani, come incentivo allo sviluppo di applicazioni per l’App Gallery, il suo negozio di app alternativo a quello di Google. La mossa è stata annunciata in settimana a Milano in occasione della prima edizione italiana del Huawei Developer Day, la giornata per gli sviluppatori.

Non solo. Huawei, in quella occasione, ha anche presentato lo Huawei Developer Program, un programma per sostenere gli sviluppatori italiani, che otterrà investimenti erogati in parte attraverso incentivi monetari, e in parte attraverso attività di marketing per dare visibilità a app e servizi.

HUAWEI IN ITALIA

Ma il corteggiamento di Huawei nei confronti dell’Italia è iniziato tanto tempo fa. La presenza di Huawei in Italia è rilevante: la società cinese detiene un terzo del mercato degli smartphone e ha accordi importanti non solo con le big della telefonia (da Tim a Vodafone a Fastweb) ma anche con Leonardo (ex Finmeccanica) e Poste Italiane. In Sardegna, invece, Huawei ha un centro di innovazione insieme a Crs4, il centro di ricerca della Regione, il Joint innovation center di Pula, dove è stato messo a punto il supercomputer Ioc, Intelligence operation center.

L’azienda cinese collabora con l’Università di Cagliari per la realizzazione circuiti integrati avanzati e, successivamente, di laser per telecomunicazioni e ha anche deciso di supportare anche il nuovo corso di laurea in Digital Engineering, lanciato da Elis e Politecnico di Milano lo scorso novembre con l’obiettivo di creare nuove competenze in ambito ICTe formare studenti su Artificial Intelligence, Data Analytics, Cybersecurity, Industrial IoT, Blockchain, Smart Mobility, Augmented Reality e Virtual Reality.

Tra le collaborazioni che riguardano l’ambito accademico rientra anche il Memorandum di Intesa con il Miur e con il Mise, il Ministero per lo Sviluppo Economico, grazie a cui la società offre un tirocinio di un anno a quindici tra i migliori laureati in discipline che abbiano come focus le tecnologie e l’innovazione (qui i dettagli).

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