skip to Main Content

Tiktok WeChat Trump Tiktok Us Resto Del Mondo

Cina e Usa: chi ha iniziato davvero il decoupling?

Il post di Daniela Coli

 

Per capire la “guerra fredda” tra Cina e US e la posizione dell’Europa va ricordato che ai tempi di Wuhan in lockdown media e politici americani facevano a gara a dire che era un’ottima occasione per il decoupling: gli US e tutti i paesi dell’ovest avrebbero ritirato le imprese dalla Cina, che poteva anche finire anche divisa in più zone.

Pochi giorni fa, l’8 luglio, Niall Ferguson su Bloomberg ci ha raccontato un’altra storia. Il decoupling, il disaccoppiamento, l’ha iniziato la Cina nel 2007-2008 sulla scia della crisi finanziaria americana, crisi che colpì anche l’Europa, e dalla quale l’Italia non si è ancora ripresa.

Nel 2006 Ferguson pubblicò Colossus sul declino dell’impero americano dove prevedeva la fine di Chimerica, il rapporto simbiotico tra Cina e Usa. Fu nel 2012 – continua Ferguson – che Xi Jinping divenne segretario del partito comunista cinese. Per Ferguson, biografo e grande amico di Kissinger, che va spesso in Cina, diamo troppo importanza alla campagna iniziata da Trump nel 2016, ad America First, e alla politica vocale muscolosa di Trump, che in realtà dipende dall’acquisto cinese dei prodotti (come la soia) degli agricoltori US per essere rieletto.

La Cina non è l’Urss, avverte l’autore di Colossus. Né Ferguson, né Kissinger sono fautori della guerra fredda o calda contro la Cina. Per Ferguson gli US cadrebbero nella stessa Thucydides Trap che portò il Regno Unito a due guerre mondiali e alla perdita dell’impero per non riuscire ad accettare l’egemonia della Germania sull’Europa continentale, con cui Londra avrebbe potuto invece tranquillamente convivere.

Ferguson non ha mai creduto in Chimerica. Ha sempre sostenuto che i cinesi si sarebbero stancati di assemblare nuovi Apple creati dagli US e avrebbero creato una propria tecnologia ed economia. La Cina non è l’Urss, è una superpotenza capitalista e tecnologica, una tecnocrazia come le democrazie dell’ovest. E’, come sostiene David Runciman, una forma politica del capitalismo diversa da quella rappresentata dalle democrazie dell’ovest e, come abbiamo visto col Covid, lo Stato è importante e implica – come aveva compreso Hobbes – anche limiti delle libertà dei singoli, quando c’è in gioco la sicurezza.

A differenza dell’Urss, la Cina con Deng Xiaoping, leader di fatto della Cina tra il 1978 e il 1992, aveva varato una riforma dell’economia aperta al libero mercato, la riforma fu approvata dal Pcc e fu il “socialismo alla cinese”.

La Cina non ha un’Internazionale comunista, non progetta di instaurare regimi comunisti nel mondo, vuole riconosciuta la sua egemonia in Asia e sviluppare rapporti commerciali con l’Europa, con l’Africa, il Medio Oriente e il Sud America.

La crisi finanziaria US del 2007-2008 mostrò la vulnerabilità degli Stati Uniti, tra il 2007 e il 2010 l’ammontare dei bond US nelle mani della Cina raddoppiò, e la Cina percepì che una simbiosi troppo stretta con gli US le sarebbe stata fatale.

Decise di differenziarsi e Xi Jinping diventò segretario del Pcc. Era un mezzo per distinguersi dagli Stati Uniti e aprirsi ad altri continenti, dall’Europa all’Africa al Medio Oriente, controllati dall’egemonia statunitense, ad esempio, lanciando la Bri.

Niall Ferguson è un ammiratore senza riserve dell’impero britannico, un revisionista, e anche cittadino americano. Demolendo la vulgata degli Western Studies americani degli anni ’60 del west nato ad Atene, Roma, Firenze, il Rinascimento, la Riforma, etc, insomma il paradigma “From Plato to Nato”, ha sostenuto che la forza dell’impero britannico consisteva nella killer app., ovvero nell’abilità britannica di uccidere e sottomettere i popoli che volevano dominare per fruire di materie prime, schiavi e porti.

Ferguson parla di darwinismo cinese, ma è difficile non definire darwinista l’impero britannico. “Struggle for existence “ è il sottotitolo del famoso libro di Darwin, del 1859 ed è un concetto molto popolare in Gran Bretagna di fine ‘700. E Ferguson parla di darwinismo cinese perché, da studioso dell’impero britannico, che fu assai darwinista, è affascinato dalla Cina.

Va anche tenuto conto che in Cina non ci sono mai state solo imprese e scienziati americani, ma anche francesi, tedeschi, giapponesi, australiani, etc.

Alla base della politica muscolare bipartisan US contro la Cina c’è piuttosto la difficoltà americana a vivere in un mondo dominato dal multilateralismo.

In MotherFatherSon, serie tv della Bbc, Max Finch (Richard Gere) un ricchissimo, potentissimo uomo d’affari americano trapiantato nel Regno Unito dice: “Tu non sei mai stato a Shangai, vero? Tutti dicono che a Shangai fanno la fila per i nostri brand. Non è vero. Siamo noi a implorare dai manifesti pubblicitari di comprare la nostra merce”.

Gli americani hanno capito di non essere più grandi, altrimenti Trump non avrebbe tirato fuori lo slogan “Make America Great Again”. La metro di New York è a pezzi, hanno ancora i pali della luce, non hanno un vero sistema sanitario nazionale, per non dire delle ferrovie, di ponti e dighe che crollano, di aeroporti fatiscenti, e continuano a essere impantanati in guerre senza fine da vent’anni.

Trump fa grandi sceneggiate, come quella con Kim Jong-un del 2018. L’obiettivo è portare via le truppe dalla Sud Corea e dal Giappone, è probabile la riunificazione della Corea. Gli stati europei e asiatici si barcamenano alle scenate di Trump e Pompeo.

Tutti pensano alla difesa. I tedeschi addestrano i piloti in Israele: hanno regalato tanti sottomarini nucleari a Israele e adesso sono ricambiati. Se nel 1948, con la Germania distrutta, avevano già rimesso in piedi un esercito tale da poter difendere la Germania ovest se aggrediti dai sovietici, non si faranno trovare impreparati.

Macron dice apertamente che la Nato a guida americana è brain dead e pensa anche a Putin come possibile alleato della difesa europea.

Le cose non cambieranno con Biden. Né dobbiamo dimenticare che l’Europa è divenuta un nemico per gli US. Proprio Niall Ferguson ha spiegato a Ian Bremmer, qualche tempo fa, che se togli all’Europa la libertà di commercio le togli tutto e non può essere amica dell’America.

Gli US hanno colpito con dazi e sanzioni l’Europa per impedirle il commercio con l’Iran, ma anche con gli US, e vorrebbe impedire alla Germania Nord Stream 2, la pipeline che porta il gas a Berlino.

Non vanno meglio i rapporti con la Russia, colpita da sanzioni di ogni tipo, né col Giappone e la Sud Corea dopo l’eliminazione del TPP e la richiesta di pagare le truppe US.

I giapponesi consideravano l’acquisto del debito US come una tassa per la difesa, ma la situazione è cambiata e stanno pensando a organizzare la propria difesa. La situazione non migliorerà con Biden.

Gli stati asiatici dell’ex TPP e l’Europa si barcamenano di fronte alla politica di America First, ma la fotografia più significativa della relazione degli Stati Uniti col resto del mondo è il rifiuto dell’invito di Trump da parte di tutti gli Stati europei e asiatici inviati al G7 per discutere della Cina senza la Cina.

Nel Regno Unito, una volta con una grande industria dell’acciaio, British Steel è stata comprata dal gruppo cinese Jingye, salvando migliaia di posti di lavoro, ma la disastrosa gestione del Covid del governo Johnson ha prodotto la chiusura di imprese e magazzini famosi: con Brexit Londra non può avere aiuti dall’Ue e la situazione, come avverte l’economista di punta del tory Telegraph, James Warner, è sempre più preoccupante.

Il Regno Unito cerca un deal col Giappone, vuole fare i five eyes con Giappone, Australia, Nuova Zelanda e US, ma il Giappone ha un deal con l’Europa, manterrà le proprie imprese in Gran Bretagna solo se ci sarà Brexit con deal, non vuole perdere il mercato unico europeo, mentre le imprese automobilistiche nipponiche hanno triplicato la paga ai messicani pur di non trasferirsi negli Stati Uniti.

Il ritiro delle truppe US dalla Germania non è una minaccia esistenziale per la Germania perché queste truppe sono centri operativi e logistici per le guerre in Medio Oriente. Semmai, prefigurano il ritiro anglo-americano dal Medio Oriente. Per George Friedman, ritenuto vicino a Trump, il ritiro anglo-americano dal Medio Oriente è improrogabile.

Dalla fine dell’Urss gli Stati Uniti tengono le truppe in Europa per le guerre in Medio Oriente, guerre senza fine.

La Cina ha firmato un partnerariato con l’Iran, il cui trattato nucleare è sostenuto da Russia, UK, Germania e Francia.

La stessa Arabia Saudita si appresta a un nuovo summit con la Cina con cui ha una relazione bilaterale da anni. L’Arabia saudita non si è sentita difesa dagli Stati Uniti quando sono stati attaccati gli impianti Aramco, Trump, come al solito, ha chiesto denaro per le truppe, e si dice che i sauditi abbiano perfino tentato o stiano tentando un accordo con l’Iran. In ogni caso, il rapporto con Cina e Russia si rafforza.

L’uccisione del generale iraniano Soleimani per evitare la cacciata delle truppe US dall’Iraq, approvata dal parlamento iracheno, non ha portato grandi risultati: l’elezione del nuovo premier iracheno Mustafa Kadhimi per espellere le milizie filo-iraniane è stata stroncata dall’uccisione del suo consigliere anti-iraniano Hisham al-Hashemi. Hisham al-Hashemi era legatissimo all’intelligence britannica e la sua morte è stata considerata una grave perdita dai britannici.

Trump aveva lasciato la Siria col sostegno turco, concedendo ai turchi mano libera coi curdi alleati US (altro segno della debolezza US) per traslocare le truppe in Iraq. L’occupazione dell’Iraq è necessaria agli americani per minacciare l’Iran e aiutare Israele a diventare il gendarme americano in Medio Oriente. Ma il governo Mustafa Kadhimi in Iraq è in bilico, gli attacchi israeliani a siti nucleari iraniani non aiutano granché, a parte gli urrà dell’intelligence israeliana.

Nel frattempo l’Afghanistan sta diventando simile alla situazione descritta dalla stagione finale di Homeland. In Afghanistan i russi aiutano afghani e talebani ed è anche facile perché le tante stragi di civili compiute dai droni americani facilitano l’amicizia con i russi, accusati dal New York Times di dare denaro a chi uccide soldati US, ma senza pubblicare report o documenti sull’ennesimo scoop. In definita, gli americani non hanno un piano per il Medio Oriente, non l’hanno mai avuto, come abbiamo visto dall’invasione dell’Iraq. Senz’altro la Russia vuole riprendersi la rivincita ed esercitare un ruolo di mediatore in Medio Oriente.

Per Gideon Rachman del Financial Times l’Europa sarà espulsa dal Medio Oriente quando finirà la dominazione anglo-americana. Ma Francia e Germania non intervennero in Iraq e l’Europa (si pensi al rapporto Macron-Putin) può sia rinsaldare i rapporti con la Russia, sia partecipare alla ricostruzione dell’Iraq e della Siria: i famosi profughi siriani accolti da Angela Merkel non sono stati alla fine un’idea così stupida.

Anche la Germania potrà partecipare alla ricostruzione della Siria. In Libia due coalizioni arabe in competizione vedono la Turchia e la Russia divise, ma alleate in Siria, ora strettamente alleata con l’Iran, mentre la Germania ha un rapporto storico con la Turchia e Macron stringe con la Russia, senza contare il rapporto fortissimo con l’Egitto. Il tentativo di Johnson di rientrare in gioco incontrando Erdogan, non si sa quali effetti possa avere. Erdogan ha sette milioni di turchi tedeschi in Germania e aspetta da un anno che Volkswagen apra uno stabilimento in Turchia per risollevare l’economia. Merkel vende armi ai turchi, ma temporeggia sullo stabilimento.

La Turchia, detestata dai media italiani, è però nostra alleata in Libia (dove l’Italia purtroppo fa la mosca cocchiera), e ha un accordo con la Russia, anche se sembrano divise e questo accordo mina Nato americana, dalle cui ceneri potrebbe nascere quella a guida europea.

L’Europa dovrebbe avere un rapporto più stretto con la Turchia: in passato sia il Regno Unito sia l’Italia con Berlusconi volevano la Turchia in Ue e la Turchia aveva compiuto una grande operazione politico-culturale per l’ingresso in Europa.

La Turchia ha una posizione geopolitica importante per la difesa europea, anche per contenere eventuali ambizioni russe nei Balcani. Viviamo in pieno multilateralismo, dovremo come Bismarck fare attenzione alla geografia, fare da ponte con Cina, Russia, Medio Oriente e Africa, ma anche contenere eventuali ambizioni sull’Europa. E’ quello che gli Stati europei hanno fatto per secoli, è nel Dna europeo, con il grande vantaggio: il Regno Unito non potrà più fare la politica di balance of power come ha fatto dal ‘700 al ‘900.

La Brexit è stata un grande vantaggio da questo punto di vista, e se finita l’illusione di rifare l’impero, con la sterlina ko, una situazione economica disastrosa, l’UK ritroverà quel realismo che negli anni ‘60 la condusse a implorare di essere accolta nella Cee, si vedrà. Per l’Europa è il momento Hamilton, la costruzione di un’Europa federale, ciò che proprio volevano gli inglesi, che hanno inventato il mercato unico europeo e partecipato alla costruzione delle istituzioni europee. I problemi sono tanti, ma per la sovranità europea e l’Europa superpotenza vale la pena di affrontarli.

Se metteremo su una divisione con almeno 9.000 unità, nessuno potrà più chiedere neppure quante divisioni ha l’Europa. Per il resto, dovremo puntare sull’intelligenza artificiale, perché la cyber war è la guerra del futuro.

Back To Top