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Che cosa succede per il Quirinale tra Meloni e Berlusconi?

Fatti, umori e scenari nella partita Quirinale per il centrodestra dopo le parole di Giorgia Meloni. La nota di Paola Sacchi

 

Giorgia Meloni alla presentazione a Roma del nuovo libro di Bruno Vespa – “Come Mussolini rovinò l’Italia – e come Draghi la sta risanando ” (Mondadori) – parla di “passo indietro di Berlusconi” sul Quirinale.

La presidente di Fratelli d’Italia lo deduce dal fatto che Silvio Berlusconi abbia detto subito di sì al “patto” proposto da Enrico Letta sulla legge di Bilancio.

Ma, a stretto giro di posta, con la formula ‘fonti di Forza Italia’, il partito azzurro replica che quel sì al confronto con il leader del Pd, anche lui alla presentazione del libro, era e resta limitato alla Manovra.

Come, del resto, la cronaca (da noi riportata su Startmag) documenta. Nulla si dice del cosiddetto “passo indietro”, tanto più in mancanza di una candidatura. Quello che ogni mattina, nella sua rassegna stampa web della Verità, Daniele Capezzone chiama “romanzo Quirinale” si arricchisce di nuove frizioni interne a un centrodestra che, Berlusconi o non Berlusconi al Colle, mai come questa volta potrebbe avere in mano una partita da giocare nella “partitissima” della politica, madre di tutte le altre.

Un’ occasione storica, dopo tanti anni che la sinistra, per la prima volta senza più i numeri sufficienti, è riuscita sempre a far insediare sul Colle personalità vicine o provenienti dalla propria area. Come ha scritto ieri il direttore del Giornale Augusto Minzolini, in un editoriale, il centrodestra se resta unito ha la possibilità di rimuovere l’oggettivo ostacolo in tanti anni incontrato proprio sul Colle per l’attuazione dei suoi programmi liberali e garantisti.

Minzolini fa un rapido excursus di quanto accadde ai governi Berlusconi, da Oscar Luigi Scalfaro, pur presidente proveniente dalla Dc (era ministro dell’Interno del governo Craxi), in poi. Ma, al fondo dei dubbi legittimi di Giorgia Meloni, c’è il rapporto che Berlusconi potrebbe stabilire con Matteo Renzi, ex premier e leader di Iv. E con i suoi voti in parlamento, che potrebbero fare da ago della bilancia, nel caso di una Corsa al Colle dello stesso Berlusconi o di chi, con lui, il centrodestra potrebbe indicare.

Sui grandi giornali impazzano scenari sul cosiddetto “inciucio”. E Renzi è sottoposto a una gogna mediatica probabilmente proprio per queste eventuali nuove alleanze con il centrodestra per il Colle. Ma, a parte che in generale è inipotizzabile che le forze politiche e le coalizioni, tutte stavolta senza i numeri sufficienti, possano affrontare un appuntamento così difficile senza confronti, alleanze limitate all’alto scopo, come avvenne con Carlo Azeglio Ciampi, e mediazioni, restano gli eventi delle precedenti elezioni quirinalizie dove Berlusconi non si piegò affatto a Renzi. Tutt’altro.

Proprio sulle ultime elezioni rovesciò definitivamente il patto del Nazareno e “non per una questione personale contro il presidente Sergio Mattarella”, spiegò poi, ma perché “Renzi venne meno all’accordo”.

In generale, ora che si evoca sempre il ritorno a un grande centro, senza però più i numeri necessari nel Paese, difficile immaginare, se non altro per la sua stessa indole, un Berlusconi succube di Renzi o di Carlo Calenda in nuovi scenari centristi. Che potrebbero avanzare solo con il ritorno al proporzionale, al quale però lo stesso presidente di FI, fondatore del bipolarismo, si è detto contrario nella nota congiunta con Meloni e il leader della Lega, Matteo Salvini, al termine del vertice del centrodestra poche settimane fa a Roma, a Villa Grande. E ieri lo stesso Letta sul proporzionale ha preso tempo. Non lo favorirebbe di certo se fosse confermata la sua legittima ambizione di tornare a Palazzo Chigi.

Quanto ad altri eventi al di fuori delle elezioni quirinalizie, ma che comunque hanno fatto storia, difficile dimenticare quel “No” del Cav al referendum costituzionale di Renzi, che, alla fine, con una Forza Italia, seppur già indebolita, allora ancora a due cifre, portò la sconfitta, già segnata, dell’allora premier a quasi il 60 per cento.

C’è chi ricorda ancora la fredda determinazione del Cav che in quei giorni ad Arcore avrebbe detto: “No, Renzi i voti miei non li prende”. Restò un elettore di FI su tre o quattro a votare Sì a quella cruciale consultazione.

Per quanto riguarda il “romanzo Quirinale”, fuori da ogni ipocrisia, tutti ormai sanno che i giochi non si decidono mai all’ultimo. Secondo rumors di Transatlantico, la sinistra in difficoltà, nel caso la situazione si avvitasse, non avrebbe abbandonato l’ipotesi di un Mattarella bis, nonostante i netti, ripetuti dinieghi dello stesso Capo dello Stato che hanno allontanato questa soluzione.

Potrebbe essere presentata la formula per la quale sarebbe una presidenza che accompagna il nuovo scenario previsto dal referendum sulla riduzione dei parlamentari. Ma a sinistra c’è anche chi non esclude l’ipotesi di un trasferimento in Italia da Bruxelles di Paolo Gentiloni. E anche chi pensa a Draghi, cercando di superare lo scoglio oggettivo del rischio di elezioni anticipate, dello scenario rompicapo sulle sue eventuali dimissioni e il voto di fiducia a un altro premier.

Come? “Magari, con Draghi che si dimette prima…”, sussurra qualcuno. Ma qui ci si ferma, per ora. Resta il fatto che la sinistra, di solito molto abile nei giochi di Palazzo, la tela la sta già tessendo. Spetta al centrodestra unito tessere la propria.

In tutto questo, c’è anche chi maliziosamente fa notare che alla fine Meloni potrebbe spiazzare dicendo sì a Berlusconi, “per poi giocarsi la partita come primo partito (finora in base a una pur importante tornata di Amministrative e ai sondaggi) della coalizione”.

Ma sembrano partite un po’ difficili, senza una vera unità e una visione di tutto il centrodestra compatto. Per uno di quegli appuntamenti della storia che non sempre si presentano.

Per tutta la giornata di ieri silenzio sull’argomento Colle da parte di Salvini.

Sullo sfondo, ad agitare le acque del centrodestra, anche l’oggettivo “strappo”, stavolta con il leader della Lega, di FdI in Europa. Come annuncia Raffaele Fitto, vicepresidente dei Conservatori, il partito di Meloni non parteciperà all’incontro dei gruppi alla destra del Ppe, i cosiddetti “sovranisti”.

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