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Di Maio Arabia Saudita

Che cosa combina Di Maio con Mohammed bin Salman

L'incontro tra il principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, visto da Giuseppe Gagliano

I FATTI

Il principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, ha ricevuto ieri sera presso la città di Al Ula il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, in occasione della sua visita ufficiale nel regno.

Secondo la stampa araba oggetto del colloquio sono stati i temi della cooperazione bilaterale alla luce del Memorandum d’intesa per il dialogo strategico firmato da Di Maio e dall’omologo saudita, Faisal bin Farhan, durante la missione in Arabia Saudita.

Proprio con Bin Farhan, Di Maio ha siglato il Memorandum d’intesa per il dialogo strategico bilaterale con lo scopo di consolidare la sinergia in ambito economico.

Il nostro paese svolge infatti un ruolo di grande rilevanza poiché si colloca al nono posto nella classifica dei Paesi fornitori dell’Arabia Saudita, con un export complessivo di 3,279 miliardi di euro.

LA VALUTAZIONE

Al di là della influenza che l’Arabia Saudita esercita sugli Usa, il principe ereditario Mohammed bin Salman — come tutti i leader delle petromonarchie del Golfo con le quali il nostro paese ha ottime sinergie — non si può si dire certo che sia un promotore dei diritti umani, come dimostra il coinvolgimento nella guerra in Yemen, né tantomeno che sia rispettoso del dissenso politico come dimostra il caso Khassogi.

Nulla di sorprendente: basterebbe dare uno sguardo alla natura giuridica della monarchia saudita e alla sua storia per capire con estrema chiarezza quali debbano essere le linee di forze della politica interna ed estera saudita.

Ebbene, nonostante i valori che ispirano la nostra Costituzione — almeno sul piano formale — siano quelli democratici, le scelte di politica estera sia del nostro paese che di quelli europei — pensiamo ai rapporti tra Egitto e Francia — sembrano non essere conformi ai sacri valori della democrazia.

Sarà forse perché la grammatica della politica estera ha avuto — e ha — poco a che fare con i valori della democrazia? Sarà forse perché proprio nella politica estera si manifesta in tutta la sua nitidezza la natura della ragion di stato e degli arcani imperi aspetti questi ampiamente noti già allo storico greco Tucidide?

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