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Cosa si muove tra centrodestra e centrosinistra dopo il ddl Zan

La nota di Paola Sacchi

 

Quello che doveva essere il “campo largo” del Pd di Enrico Letta, dominus di un nuovo Ulivo, con Leu e Cinque Stelle, dopo la morte annunciata del ddl Zan si trasforma in realtà in un campo stretto. Con scambio di dure accuse reciproche tra lo stesso segretario del Pd e Matteo Renzi, leader di Iv. Il primo dice che è venuto meno il rapporto di fiducia con il suo successore a Palazzo Chigi, il secondo replica che il Pd non sa fare politica. Renzi respinge le accuse sul numero dei franchi tiratori, affermando che secondo i suoi calcoli sono 40, molti di più, quindi oltre la stessa Iv al Senato. Come dire, insomma, a Letta: guardati anche in casa tua. Oltre che in quei Cinque Stelle, con cui Renzi non intende fare alleanze.

In un quadro di questo genere non poteva che rilanciarsi proprio quel centrodestra che le cronache avevano dato troppo presto per “morto” politicamente e ormai disarticolato dalla sconfitta delle Amministrative nelle grandi città, comunque già tutte in mano alla sinistra che storicamente le governa. Cosa che in ogni caso non può esentare il centrodestra da una profonda riflessione sugli errori fatti e su come iniziare a invertire la rotta nei centri principali. Resta il fatto però che la Caporetto giallo-rossa sul provvedimento contro l’omotransfobia – con la sconfitta del nuovo Pd di Letta radicalizzatosi su una questione di civiltà e libertà, per la quale il centrodestra aveva fatto da tempo proposte di cambiamento su alcuni punti – assesta di riflesso anche un colpo alla stessa formula Ursula all’italiana. Ovvero il disegno della sinistra di staccare Forza Italia dalla Lega di Matteo Salvini e da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, in vista innanzitutto della corsa al Colle. Perché, per lo stesso Letta, non solo ci sarebbe stata interruzione del rapporto di fiducia con un Renzi ormai dal suo numero due Giuseppe Provenzano consegnato “alle peggiori Destre”, con tanto di paragoni con Ungheria e Polonia, ma i rapporti si sarebbero incrinati anche con FI.

Ma che Forza Italia sia Berlusconi ormai, dopo 27 anni dalla sua discesa in campo, dovrebbe essere cosa abbastanza nota. Così come era abbastanza prevedibile che sarebbe in men che non si dica rientrata  la “rivolta” dei tre ministri azzurri contro la cosiddetta ala “sovranista” che sarebbe un po’ paradossalmente capeggiata dal numero due di FI, l’europeista Antonio Tajani, ex presidente del PE e ora vicepresidente del Ppe, insieme con la senatrice, capo dello staff di Arcore, Licia Ronzulli.

Si dirà, con interpretazioni superficiali o ad arte, che i video e le foto del vertice di ieri del centrodestra di governo – che plasticamente rappresentano quella federazione proposta da Matteo Salvini per un maggior coordinamento nell’esecutivo di Mario Draghi, ostacolata dai cosiddetti “moderati” di FI – siano solo una cosa di facciata. Immagini con i ministri azzurri e leghisti, assieme ai rispettivi capigruppo, oltre al Cav e Salvini, Tajani e Gianni Letta, tutti sorridenti. Ma in politica, soprattutto in tempi in cui la comunicazione viaggia più veloce che mai su social e tv, le immagini spesso contano più degli stessi contenuti.

Certamente c’è stato chi ha sorriso di più e chi di meno, a denti più stretti. Senza alcuna malizia, curiosa la scena del video in cui Berlusconi, che si accinge a fare una foto opportunity con Salvini, per ragioni fotografiche gentilmente invita Renato Brunetta a mettersi un po’ più di lato. Ma, venendo al succo politico della riunione a Villa Grande, residenza-ufficio romana del Cav, si ribadisce, in una nota congiunta, “la difesa del sistema elettorale maggioritario”, “una strategia comune sul Quirinale”, come era stato fatto già all’altro vertice dove era presente anche Giorgia Meloni, e la battaglia per ottenere “nella legge di Stabilità un maggior supporto alle partite Iva e tutte le categorie che hanno sofferto maggiormente in questi anni di pandemia”. Si annunciano incontri periodici d’ora in poi, per un maggiore raccordo ministeriale-parlamentare. E un prossimo vertice di tutto il centrodestra, a partire da quello di opposizione di Meloni, per scegliere subito i candidati alle prossime elezioni in altre importanti città e capoluoghi di Provincia. Una notizia viene già da Caserta, dove, dopo una riunione con il responsabile azzurro degli enti locali, Maurizio Gasparri, Forza Italia ribadisce che andrà alle elezioni provinciali insieme con Lega e FdI.

Tornando però alle elezioni clou per il Quirinale da gennaio, il vertice di ieri e quello di una settimana fa, anche con la leader di FdI, è stato un’ulteriore conferma della candidatura di Berlusconi al Colle? Ovviamente su questo i commensali di Villa Grande pure stavolta glissano. Ma non sarebbe per niente da escludere che “l’uomo dell’azzardo ” o “del sole in tasca”, come suggeriva ai top manager delle sue aziende, il cui valore aggiunto, tipo le azioni che per Cuccia non si contavano ma si pesavano, da inquadrare per questo in modo indipendente dai numeri di FI, ci stia davvero pensando, nonostante manchi qualche decina di numeri al centrodestra. La coalizione naturalmente sia di governo sia di opposizione, come Meloni ieri ha ribadito, sarebbe pronta ad appoggiarlo. Tanto più nella situazione di sfilacciamento dell’area giallo-rossa impietosamente fotografata dal naufragio del ddl Zan.

Ma è ovvio che ipotesi B, tanto più per un personaggio contemporaneamente molto realista come Berlusconi, e anche per Salvini e Meloni non possono non esserci. E queste ricondurrebbero a Draghi. Senza però elezioni anticipate, ma con un governo magari guidato dal ministro dell’ Economia Daniele Franco, che prosegua l’opera iniziata dall’ex presidente della Bce. Resta il punto sulla legge elettorale, il centrodestra tutto esclude ritorni al proporzionale che lo disarticolerebbe, tanto più in un quadro dove il bipolarismo con la vicenda dello Zan si è oggettivamente rilanciato. Fino a far sospettare i più maliziosi che Letta, fautore del maggioritario senza il quale non potrebbe tornare – come aspirerebbe – a Palazzo Chigi, abbia così puntato su una questione di bandiera come lo Zan. E questo senza naturalmente nulla togliere al valore di civiltà che sinceramente il leader del Pd attribuisce, dal suo punto di vista, a questa battaglia. Nella quale però Salvini lo sfida accusandolo di “arroganza” per “non aver ascoltato neppure il Santo Padre (la lettera di Richard Gallagher, “ministro degli Esteri ” della Santa Sede, ndr), e “non aver accettato le proposte di modifica e di mediazione del centrodestra”. L’ex ministro dell’Interno rilancia, quindi, la proposta della Lega “contro ogni tipo di violenza e di discriminazione”.

Quanto al Quirinale e a un Berlusconi impegnatosi per le Politiche con gli alleati sul no al proporzionale, anche da  fondatore del bipolarismo qual è, si dà, almeno finora, per scontato pure tra i dem che si rivada a votare con la legge attuale, il Rosatellum. Peraltro utile a FI ad avere la necessaria quota di eletti in quei collegi del Nord dominati dalla Lega. E i propositi centristi attribuiti al leader e quattro volte premier azzurro? Difficile immaginare un Berlusconi che si faccia “comandare” al centro da Renzi o da Carlo Calenda. Da decriptare forse bene le parole del siciliano, storico esponente azzurro della prima ora Gianfranco Miccichè  che, a proposito dell’accordo nell’isola con Iv in vista delle Regionali, ha certo parlato di Renzi e dell’accordo locale con lui, ma ha anche specificato che si tratta di Renzi “nel centrodestra”.

Infine, nella sinistra così di nuovo in difficoltà, si torna a parlare di Mattarella bis, pur avendo escluso categoricamente il Presidente della Repubblica questa ipotesi. La partita per il Colle, finché non entrerà nel vivo, inevitabilmente quasi ogni giorno d’ora in poi registrerà  il suo borsino.

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