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Centrodestra

Berlusconi, la leucemia e il ruolo di Forza Italia

Se tutti i destini politici ormai corrono più veloci della luce, con un elettorato molto fluido, Berlusconi è rimasto l'unica costante da quasi 30 anni. La nota di Paola Sacchi

 

Sarà che i “funerali” politici a Silvio Berlusconi e la sua Forza Italia gli avversari li fanno un po’ da sempre e regolarmente “toppando”, praticamente da subito dopo la sua stessa discesa in campo nel lontano ’94, sull’onda dell’avvio di un’offensiva e accanimento giudiziari di straordinaria portata. Oppure sull’onda dei primi acciacchi fisici, come quando fu colpito da un tumore che però sconfisse e incominciò la traversata del deserto che lo riportò a Palazzo Chigi nel 2001 e poi ancora nel 2008. Ma anche stavolta in certi foschi e frettolosi pronostici più di qualcosa non quadra.

Anche se Il Cav, disceso in politica già alla soglia dei sessant’anni, non ha certamente più l’età di prima, ha 86 primavere e altri acciacchi fisici sono sopraggiunti. Ma lo spirito è sempre quello di un leader che si è dato alla politica dopo i suoi stessi più giovani alleati. Le sue condizioni fisiche sono definite “migliori di quanto pensassi”, anche da Gianni Letta, ovvero la cautela fatta persona, il quale sottolinea, così come l’altro solitamente molto cauto Antonio Tajani – che oltre al numero due è anche cofondatore di Forza Italia – che “Silvio” ha voglia di tornare a casa. Ma non da pensionato, intende ritornare a fare politica. E “ogni volta che si è posto un obiettivo, lui lo ha sempre centrato”, ricorda Letta con il suo sorriso rassicurante davanti alle telecamere.

Non sembra esattamente, stando alla storia rocambolesca del Cav, un modo per esorcizzare il problema di un futuro senza Berlusconi, come si potrebbe intendere. Anche se certo è anche un modo per alleviare la comprensibile preoccupazione. Perché, intanto, lui c’è e intende restare a fare politica, assicurano i due pezzi da 90 del mondo azzurro. E, comunque, questo è il vero intendimento di Berlusconi, al quale la “leucemia cronica”, di cui si è scoperto in questi giorni che soffre da un anno, non ha impedito di fare anche la campagna elettorale delle Politiche in cui ha assicurato a FI di tenere botta e anzi di pareggiare praticamente la Lega che nel 2018 aveva fatto il sorpasso.

Tajani, in un’intervista di ieri a Paola Di Caro per il Corriere della sera, respinge con nettezza anche le ipotesi di scissioni di FI: “Periodo ipotetico dell’irrealtà”. E i fatti gli hanno dato ragione. Il Terzo Polo, anche alle ultime Regionali, non ha avuto i voti azzurri, come Matteo Renzi vorrebbe da sempre. Se perdite ci sono state si sono sempre tutte ridistribuite, anche con ritorno, all’interno del centrodestra, in quel quadro bipolare che lo stesso Berlusconi ha creato, fondando la coalizione. E qui entrano in campo le idee di Forza Italia, che è Berlusconi così come i suoi principi radicati nell’elettorato azzurro.

Troppi affrettati “funerali” politici di FI. Perché se nessun leader è ovviamente eterno e quindi neppure l’indomito Cav, gli elettori azzurri hanno fortemente radicato l’imprinting delle idee berlusconiane, un “marchio” che li rende molto vicini, alleati ma diversi da FdI e Lega. Non automaticamente inglobabili. Innanzitutto, FI ha il brand doc dell’antigiustizialismo senza se e senza ma, nonostante l’importante svolta di Matteo Salvini nella Lega con i referendum sulla giustizia però non caldeggiati da FdI; le idee di FI sono liberali doc e quindi non con residui dirigisti, statalisti che permangono in settori di FdI, europeiste seppur non liriche.

Insomma sono quello che Berlusconi, e ieri lo ha ribadito Tajani, definisce il “centro, i “moderati”, “il vero centro che non può che allearsi con la destra” (cit. Berlusconi) , ma con questo preciso senso di identità, indispensabile anche in un futuribile partito Repubblicano. FI è un partito innanzitutto liberale e libertario. Il partito, dicevamo, più antigiustizialista, liberale e anticomunista. La stessa presenza di una importante, la più numerosa, fetta dell’eredità craxiana lo dimostra, così come quella dell’eredità della destra Dc e del PLI.

Questo nulla toglie all’assoluto sostegno al governo, di cui gli azzurri sono parte decisiva come la Lega (in cui Salvini ha operato una svolta pure sul riconoscimento della figura di Craxi) al governo di Giorgia Meloni, come hanno confermato Berlusconi e il vicepremier Tajani, suo numero due nel partito, come coordinatore-vicepresidente.

L’elettorato azzurro è, quindi, anche radicalmente anti-comunista. E proprio per quei residui di collegamento con il Pd, ovvero l’ambiguità mai di fatto definitivamente risolta dal Terzo Polo, dove Renzi peraltro è stato anche segretario dem e Carlo Calenda con il Pd fu eletto in Europa, è vero, come dice Tajani, che scissioni verso il centrosinistra “sono un periodo ipotetico dell’irrealtà”. Del resto, già i numeri hanno dimostrato che l’elettorato azzurro non intende trasmigrare verso i “terzisti”. Che l’imprinting del Cav sia radicalmente anti-comunista o anti-cattomunista, del resto, lo confermano le stesse parole, attraverso anche aneddoti, pronunciate al telefono dallo stesso Berlusconi con Augusto Minzolini, direttore del quotidiano Il Giornale. E, comunque, frettolosi automatismi a tavolino – peraltro anche di dubbio gusto in certe situazioni, come quelli sul destino politico del Cav e di Forza Italia – i fatti dimostrano che in politica non funzionano mai. Tanto più che tutti i destini politici ormai corrono più veloci della luce, con un elettorato molto fluido. Il Cav è rimasto l’unica costante da quasi 30 anni.

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