Conflitto d’interesse remember? Che succede se l’esperto antitrust, critico del monopolio delle big tech, diventa consulente per una di loro? Se lo è chiesto Bloomberg a partire dal caso di Fiona Scott Morton, una delle più note esperte di antitrust e critica dei danni alla concorrenza da parte dei giganti della tecnologia, attualmente sul libro paga di Amazon e Apple.
Fiona Scott Morton, economista della Yale University ed ex funzionario del Dipartimento di Giustizia statunitense, sta fornendo consulenza infatti ad Amazon e Apple mentre si preparano ad affrontare le indagini antitrust federali.
Soprattutto, sottolinea Bloomberg, l’esperta non ha esplicitato questi rapporti negli articoli che ha recentemente co-firmato sottolineando come gli Stati Uniti dovrebbero avanzare casi antitrust contro Google e Facebook.
CHI È FIONA SCOTT MORTON
Fiona Scott Morton è una figura ben nota nell’antitrust, ha prestato infatti servizio nella divisione antitrust del DoJ da maggio 2011 a dicembre 2012. Scott Morton ha anche fornito consulenza al comitato giudiziario della Camera nella sua indagine su Google e altri giganti della tecnologia oltre ad aver collaborato con gli Attorney General di 10 stati contro la fusione di T-Mobile con Sprint.
Ora l’economista dirige il progetto Thurman Arnold a Yale, che si è concentrato sulla concorrenza e sulle piattaforme digitali. Lavora anche per la società Charles River Associates, dove svolge attività di consulenza economica per Apple e Amazon in materia antitrust.
ASSUNTA DA AMAZON E APPLE
Secondo Bloomberg, Scott Morton ha affermato di aver iniziato a consultare Amazon per lo scorso anno, mentre il suo lavoro per Apple risale a diversi anni fa. Ma ha rifiutato di fornire ulteriori dettagli sul suo lavoro con i giganti tech di Seattle e Cupertino.
Amazon ha confermato che Scott Morton sta lavorando per l’azienda, ma ha rifiutato ulteriori commenti. Apple non ha risposto a una richiesta di commento.
CRITICA DELLE BIG TECH
Tuttavia, la decisione di Scott Morton di lavorare per Amazon e Apple fa riflettere dal momento che l’economista è stata una sostenitrice di alto profilo di un approccio antitrust più aggressivo contro le società tecnologiche.
UN REPORT CATTIVELLO SU GOOGLE
Proprio a fine giugno, l’economista ha co-firmato insieme all’esperto antitrust David Dinielli un rapporto critico sullo strapotere di Google nel settore della ricerca online.
Il rapporto è stato pubblicato da Omidyar Network, una fondazione sostenuta dal fondatore di eBay Pierre Omidyar che in precedenza ha offerto consulenza pubblica al Dipartimento di Giustizia su come affrontare Google e Facebook.
Secondo questo studio, le autorità statunitensi dovrebbero indirizzare la loro potenziale causa antitrust contro Google sulla più grande forza del gigante tecnologico: il suo monopolio sulla ricerca online.
Il rapporto illustra ciò che definisce un modello di comportamento che Google ha assunto per consolidare il suo dominio negli ultimi 10 anni. Dall’acquisizione di concorrenti rivali alla firma di contratti esclusivi alla modifica della sua piattaforma in modo da svantaggiare i concorrenti. I due studiosi inoltre forniscono anche indicazioni su come il Dipartimento di Giustizia e gli Stati potrebbero affrontare azioni legali accusando il colosso di Mountain View di un comportamento monopolistico.
MA NIENTE “DISCLOSURE”
Eppure in questo recente rapporto, l’autrice Scott Morton si guarda bene dal menzionare la sua collaborazione per Amazon e Apple, competitor di Google. Così come accaduto per altri documenti critici nei confronti di Google e Facebook.
Ma in un’intervista a New Republic l’anno scorso, Scott Morton ha spiegato che “la mancanza di divulgazione non dovrebbe essere un problema perché Apple e Amazon non l’hanno pagata per scriverli”. Inoltre, ha aggiunto, quei documenti non si sono concentrati su Apple o Amazon.
LE SONDE ANTITRUST SU AMAZON, APPLE, FACEBOOK E GOOGLE
Eppure Amazon, Apple, Facebook e Google sono tutti alle prese con indagini federali. I capi di tutte e quattro le società sono pronti a testimoniare il 27 luglio davanti alla sottocommissione antitrust della Camera. Una causa del Dipartimento di Giustizia contro Google è probabile che arrivi quest’estate.
CONFLITTO DI INTERESSE
Secondo Bloomberg, man mano che le sonde antitrust si intensificano dunque, il potenziale di conflitti potrebbe moltiplicarsi dal momento che le autorità di regolamentazione e le società assumono esperti della concorrenza che possono svolgere un ruolo cruciale nella definizione dei casi.
COSA PENSANO GLI ESPERTI DEL SETTORE
George DeMartino, professore all’Università di Denver, che studia etica in economia, ha dichiarato a Bloomberg che Scott Morton avrebbe dovuto divulgare il suo lavoro per Amazon e Apple. “Gli economisti dovrebbero rivelare conflitti reali e potenziali che potrebbero influenzare il loro lavoro, secondo i principi dell’American Economic Association”.
Gli economisti rappresentano le assunzioni più delicate (e costose) per le aziende che devono far fronte alle inchieste antitrust da parte del governo. Per esempio Carl Shapiro, economista dell’Università della California-Berkeley è consulente per Google. Proprio come Scott Morton, anche Shapiro era stato capo economista della divisione antitrust del Dipartimento di Giustizia. Tuttavia Shapiro ha sottolineato che esplicita il rapporto di lavoro con Big G ogni volta che parla o scrive.
GLI ECONOMISTI CHE PIACCIONO A GOOGLE
Guardando proprio a Google, Bloomberg ha rivelato che il colosso guidato da Sundar Pichai è stato un prolifico sostenitore di economisti, secondo uno studio che ha identificato 330 articoli di ricerca pubblicati tra il 2005 e il 2017 che Google ha supportato direttamente o indirettamente. Secondo il rapporto, i destinatari non hanno rivelato la fonte di finanziamento nel 65% dei casi.
I DUBBI SU SCOTT MORTON
Pare dunque che sia una prassi consolidata l’assunzione di esperti antitrust da parte dei colossi tecnologici. Ma ciò che resta da chiarire riguardo il lavoro di Scott Morton è perché nei suoi studi sostenga un’azione antitrust contro Google e Facebook, non menzionando i potenziali danni antitrust condotti da Apple e Amazon, suoi “datori di lavoro”.