Dietrofront della Commissione europea sulla digital tax entro l’anno. Dopo che l’amministrazione Trump ha abbandonato i colloqui internazionali in seno all’Ocse il mese scorso, la Commissione Ue aveva annunciato che avrebbe presentato comunque una proposta di tassazione digitale alla fine del 2020 in caso di fallimento del negoziato.
Ma ora Bruxelles non sembra esserne così convinta. A causa della pandemia di coronavirus e delle obiezioni degli Stati Uniti, è molto improbabile un accordo sulla digital tax prima delle elezioni statunitensi a novembre. Lo ha detto lunedì il direttore della Tesoreria e operazioni finanziarie della Commissione Ue, Benjamin Angel, durante un’audizione del Parlamento europeo riportata da Bloomberg.
Tutti i dettagli sulla proposta di digital tax, pretesa dai paesi che accusano i giganti tecnologici di guadagnare enormi profitti dai mercati locali, contribuendo solo limitatamente alle finanze pubbliche. Osteggiata invece da Washington che accusa le tasse digitali di discriminazione nei confronti delle società statunitensi come Google, Apple e Amazon.
COSA HA DETTO IL RAPPRESENTANTE DELLA COMMISSIONE UE
“La domanda difficile che dobbiamo affrontare collettivamente è quando è il momento giusto per passare al Piano B”, ha riferito Benjamin Angel al Parlamento europeo. “Dovremo accettare che il processo Ocse non si sta muovendo rapidamente come speravamo mentre facevamo del nostro meglio per sostenerlo”.
Un’affermazione che non collima con quella del commissario Ue, Paolo Gentiloni. Il mese scorso Gentiloni aveva dichiarato infatti che se lo stop americano avesse reso impossibile un’intesa globale, la Commissione avrebbe messo sul tavolo una nuova proposta europea.
“La Commissione europea vuole una soluzione globale per introdurre la tassazione delle società nel 21secolo e riteniamo che l’approccio a due pilastri dell’Ocse sia quello giusto. Ma se ciò si rivelasse impossibile quest’anno, siamo stati chiari sul fatto che presenteremo una nuova proposta a livello Ue”. Aveva scritto su Twitter Gentiloni.
E QUELLO DELL’OCSE
Durante la stessa audizione di Angel, anche il direttore dell’Ocse per la politica fiscale, Pascal Saint-Amans, ha manifestato perplessità sul raggiungimento di un’intesa globale anche dopo le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Il risultato delle elezioni potrebbe non cambiare infatti le dinamiche dei colloqui dal momento che sia i democratici che i repubblicani hanno obiettato contro le imposte digitali. “C’è letteralmente un problema di comprensione reciproca che non semplifica le cose”, ha detto Saint-Amans. Gli Usa percepiscono la digital tax come un attacco alle proprie aziende. Dall’altra parte per l’Europa un’imposta digitale rappresenta un tentativo per ottenere una giusta quota delle tasse.
TUTTI I PROBLEMI SULLA WEB TAX
Dopo l’interruzione dei colloqui da Oltreoceano, la Francia ha avvertito sarebbe andata avanti con una tassa digitale sui giganti della tecnologia quest’anno. Contravvenendo quindi alla sospensione precedente concordata a gennaio con gli Stati Uniti.
La tassa francese è progettata per impedire alle società tecnologiche di eludere le tasse stabilendo la propria sede nei paesi dell’Unione europea a bassa tassazione.
Questa impone un prelievo annuo del 3% sulle entrate francesi delle società digitali con vendite globali annuali per un valore di oltre 750 milioni di euro e entrate francesi superiori a 25 milioni di euro. Per l’amministrazione Trump l’imposta ha preso di mira ingiustamente le aziende statunitensi come Amazon e Google.
LE RITORSIONI STATUNITENSI
Un allentamento della presa europea sulla digital tax potrebbe alleviare dunque la pressione sui negoziati già tesi. La scorsa settimana gli Stati Uniti hanno rilanciato le tensioni annunciando tariffe del 25% su una serie di beni francesi per un valore di circa 1,3 miliardi di dollari in caso di riscosso dell’imposta digitale nazionale francese.
Dal momento che la Francia ha temporaneamente sospeso la riscossione delle imposte fino alla fine dell’anno, l’Ufficio del rappresentante commerciale degli Stati Uniti ha dichiarato che i prelievi sarebbero stati ritardati di 180 giorni per fornire il tempo per i negoziati.
Non resta dunque che aspettare il voto degli Stati Uniti per capire come procederanno i negoziati.
ATTESA DOMANI LA SENTENZA DEL TRIBUNALE UE SUL RICORSO FISCALE DI APPLE E DUBLINO
Nel frattempo domani sarà una giornata chiave per la battaglia di Bruxelles contro l’elusione fiscale. Il 15 luglio, la Corte generale dell’Unione europea, il secondo alto tribunale Ue, si esprimerà sul ricorso del gigante della tecnologia Apple contro la multa da 13 miliardi di euro per tasse non pagate in Irlanda. Nel 2016 la Commissione europea ha multato infatti Apple per aver goduto di vantaggi fiscali illeciti accordati da Dublino.
Apple e l’Irlanda, la cui economia beneficia dell’ospitalità di numerose aziende multinazionali, hanno avviato un ricorso contro la decisione dell’Ue lo scorso settembre. “Penso che non importa quale sia la sentenza, questo caso sarà quasi certamente respinto con un appello da una parte o dall’altra alla Corte di giustizia europea”, ha commentato il vice primo ministro Leo Varadkar.