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Chip, che cosa rischia l’italo-cinese LFoundry

Lo stabilimento di semiconduttori di LFoundry ad Avezzano risente degli scarsi investimenti e dell'assenza di comunicazioni sulle prospettive commerciali, secondo la Fim Cisl che ha chiesto un tavolo con il Mimit. L'azienda è controllata da due società cinesi. Tutti i dettagli.

A fine giugno la Fim-Cisl, il sindacato dei metalmeccanici, ha espresso la sua soddisfazione per l’accordo tra il governo e l’azienda singaporiana di semiconduttori Silicon Box sull’investimento da 3,2 miliardi di euro per la costruzione di una fabbrica a Novara, in Piemonte. La federazione ha ricordato il progetto di un’altra società del settore, STMicroelectronics, per un impianto a Catania, chiedendo però al ministero delle Imprese di occuparsi anche di LFoundry e del suo stabilimento di Avezzano, che conta circa 1300 dipendenti.

“Da tempo”, si legge nel comunicato della Fim-Cisl, il sito abruzzese “soffre della mancanza di importanti investimenti a sostegno e sviluppo della tecnologia ‘power down’ e non ha conferme sulle prospettive produttive legate principalmente ad unico cliente storico di sensori di immagine (On Semiconductor) di cui ad oggi non si conoscono le prospettive commerciali rispetto ai prossimi anni”.

On Semiconductor è un’azienda statunitense, con sede in Arizona; il contratto per la fornitura di sensoristica per veicoli dovrebbe concludersi nel 2024.

LA SITUAZIONE NELLO STABILIMENTO DI LFOUNDRY AD AVEZZANO

Negli ultimi dieci anni, riportava l’Ansa, lo stabilimento di LFoundry ha perso quattrocento posti di lavoro e oltre duecentocinquanta sono in somministrazione. “La crisi dell’automotive e la mancanza di nuove commesse da parte del management cinese ha messo in allarme i sindacati a proposito del futuro” del sito, scriveva l’agenzia. Il sindacalista Andrea Campione dichiarava a questo proposito che “non sappiamo dove andremo a finire e cosa faremo nei prossimi sei mesi. I prodotti nuovi non sono partiti e continuano a lavorare con l’unico cliente che abbiamo da circa quindici anni”.

Il 1 luglio Augusto Bisegna della Fim-Cisl, di cui è coordinatore nazionale su LFoundry, ha scritto su X che “l’azienda di chip e semiconduttori è in mano ad un fondo cinese, non risponde alle richieste sindacali su piano industriale e futuro del sito”, facendo sapere che il sindacato ha chiesto la convocazione di una riunione presso il ministero delle Imprese.

COSA FA LFOUNDRY E CHI LA CONTROLLA

LFoundry è specializzata nella fabbricazione di semiconduttori da 200 millimetri, con una capacità manifatturiera di 40.000 wafer (si chiamano così le “fette” di materiale semiconduttore) al mese. I suoi prodotti sono destinati principalmente al settore automobilistico.

L’azienda, attiva dal 1998, era in origine legata alla società statunitense di semiconduttori Texas Instruments e successivamente passò a un’altra azienda americana, Micron, che la vendette nel 2013 – si legge su Elettronica&Mercati – per ragioni di bassa competitività rispetto all’Asia. Il 2016 fu la volta dell’ingresso nel capitale di SMIC, la più importante compagnia cinese di chip, che però uscì nel 2019.

Oggi LFoundry è controllata da SPARC Semiconductor HK Limited con una quota del 70 per cento; Wuxi Xichanweixin Semiconductor possiede il restante 30 per cento. Le due società sono cinesi: nello specifico, SPARC ha sede a Hong Kong e Wuxi nell’omonima città dello Jiangsu.

Il presidente del consiglio d’amministrazione di LFoundry è il pakistano-statunitense Gareeb Nabeel Khalid; il vicepresidente è Marcello D’Antiochia (già dirigente di Micron e Texas Instruments), che è anche amministratore delegato. Nel consiglio, con il ruolo di consiglieri, figurano anche Ernst Gunther Alois, di nazionalità tedesca, e Lian Yongyi, di nazionalità cinese.

I RISULTATI DEL BILANCIO DI ESERCIZIO AL 31/12/2023

Al 31 dicembre 2023 LFoundry ha riportato un utile di 16.440.286 euro, contro i 21.872.501 euro del 2022.

Nel 2023 il valore della produzione è ammontato a 259.572.050 euro, in calo rispetto ai 306.452.244 euro del 2022. I costi sono stati invece di 239.107.933 euro, leggermente inferiori ai valori del 2022 (273.850.267 euro).

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