“Le mie perplessità non riguardano soltanto i costi o le prestazioni dell’F-35, diventasse anche il miglior velivolo del mondo, ma con questo aero l’Italia – e i paesi che lo adottano – rinunciano ad avere la sovranità piena sui loro sistemi d’arma”. È questa la tesi sostenuta da Gianandrea Gaiani, direttore di AnalisiDifesa riguardo al controverso programma Jsf, di cui l’Italia è partner di Livello II impegnata ad acquistare – per il momento – 90 velivoli F-35.
Continuano dunque gli approfondimenti di Start Magazine sugli F-35.
LA VERITÀ SUI COSTI DEGLI F-35…
Riguardo la novità rilanciata in settimana dalla stampa militare statunitense sull’abbassamento dei costi degli F-35, in realtà “la diminuzione del costo del velivolo era prevista con l’aumento della produzione” spiega Gaiani. “Al di là del prezzo del singolo aeroplano, che non è indicativo del prezzo complessivo, quello che non è chiaro è l’ammontare dei costi complessivi del sistema del velivolo, che dovrà essere ulteriormente aggiornato”. “Sappiamo infatti che alcune difficoltà devono essere ancora risolte, una volta risolte verranno aggiornati i velivoli già prodotti ma non si sa con quali costi”. Gaiani ricorda inoltre che tutti gli studi realizzati dai Paesi che hanno acquisito l’F-35 – in particolare il report realizzato da una commissione della Gran Bretagna – dimostrano che i costi di gestione sull’intera vita del velivolo non saranno – come sembrava all’inizio – più bassi rispetto ai velivoli del passato ma decisamente più alti.
…E SULLE RICADUTE INDUSTRIALI
Anche sulle tanto sbandierate ricadute economiche del ruolo svolto dalla Faco di Cameri, occorre fare qualche precisazione. Al momento presso la Faco di Cameri, gestita dalla divisione Velivoli di Leonardo, si assemblano gli esemplari italiani e parte di quelli ordinati dall’Olanda. “C’è chi dice che gli F-35 delle forze armate americane verranno in manutenzione a Cameri ma non c’è nessuna certezza” puntualizza Gaiani. Per non parlare del ritorno occupazionale del sito. “All’inizio del programma Jsf si parlava addirittura di una ricaduta per 10mila posti di lavoro invece negli anni sono calati a 6500 e attualmente i lavoratori italiani impegnati a Cameri sono qualche centinaio di cui la maggior parte trasferiti da Caselle dove si occupavano dell’Eurofighter. Se avessimo continuato a sviluppare aerei prodotti da noi insieme ai partner europei non avremmo perso posti di lavoro”.
Per questo motivo, al momento, “le ricadute sia occupazionali sia tecnologiche e industriali, sono risibili, se paragonate agli investimenti in miliardi di euro per acquistare gli F-35 e per mantenerli in attivo”.
UN TAGLIO IMPROBABILE
Se anche il sottosegretario alla Difesa Tofalo ha espresso le perplessità del governo sul programma alla sua omologa statunitense in visita a Washington la scorsa settimana, è vero che anche i Cinque Stelle hanno scoperto che tagliare gli F-35 è difficile. “Primo perché l’Aeronautica militare li vuole e alla Marina addirittura sono indispensabili, in quanto la portaerei Cavour non può imbarcare aerei diversi” precisa Gaiani. Ma non solo, il problema principale è politico: “L’Italia oggi è ai ferri corti con le grandi potenze europee – Francia e Germania – che stanno adottando un approccio “neocoloniale” con il nostro Paese. Visto che non possiamo fare la guerra a tutti, non possiamo permetterci di avere un problema anche con gli Stati Uniti”.
Alla luce del fatto inoltre che l’America di Trump è molto vicina al governo gialloverde abbiamo il sostegno statunitense sul piano internazionale, “pertanto non possiamo dir di no sugli F-35 che per Trump non è soltanto uno strumento militare, ma un prodotto con cui riequilibrare la bilancia commerciale finora a sfavore degli Usa con molti paesi, inclusa l’Italia”.
SULLA DECISIONE TEDESCA
Altra notizia di questa settimana è la decisione del ministero della Difesa tedesco di cancellare gli acquisti degli aerei da combattimento F-35 dal programma di rinnovo della sua flotta aerea militare per puntare tutto su aereo da combattimento europeo, vale a dire l’Eurofighter Typhoon. “Innanzitutto l’F-35 è di una generazione più avanzata rispetto all’Eurofighter e l’Eurofighter che vuole costruire la Germania, un’evoluzione del modello attuale, potrebbe essere molto avanzato ma non avere le tecnologie, caratteristiche e prestazioni dell’F-35”, conviene Gaiani. Il quale condivide però la linea tedesca. “Nel dopoguerra l’Europa equipaggiava le sue forze aeree con il surplus dell’aviazione americana. Negli anni 70 italiani inglesi e tedeschi hanno sviluppato un bombardiere, costruito e sviluppato in Europa, il Tornado. Esportato nel mondo in concorrenza con i velivoli americani. Dopodiché abbiamo costruito il caccia Typhoon, diventato cacciabombardiere, insieme a inglesi, tedeschi e spagnoli. Pertanto l’Europa ha sviluppato la capacità di fare aeroplani da guerra competitivi e concorrenziali con quelli americani”.
SUDDITANZA TECNOLOGICA AGLI USA
Capacità e competenza tecnologica che rischiamo di perdere tuttavia. “Se ricominciamo ad acquistare velivoli americani, come l’F-35, per quanto possa essere avanzato, noi rinunciamo alla competenza acquisita in questi decenni grazie per giunta ai soldi dei contribuenti. Adesso a Cameri gli Usa ci fanno produrre i cassoni alari, qualche bullone ma non elementi tecnologici che continueremo ad acquistare dagli americani. A Cameri ci occuperemo di manutenzione e assemblaggio ma ci sono aree dello stabilimento (che si occupano di elettronica in particolare) accessibili solo a personale americano”.
MENTRE FRANCIA E GERMANIA PUNTANO ALL’EGEMONIA SULL’UE
Proprio in virtù di questo, la politica di Angela Merkel di dire no agli F-35 per sviluppare un proprio aereo partendo dal Typhoon è una politica strategica e industriale. “Non a caso il trattato di Aquisgrana concluso da Germania e Francia, anche sul settore difesa, punta molto allo sviluppo tecnologico. Francesi e tedeschi stanno costruendo un nuovo caccia del futuro di sesta generazione, con caratteristiche superiori a quelle dell’F-35 che è di quinta, un carro armato nuovo europeo, un sistema di artiglieria. Si sono messe insieme per esercitare un’egemonia sull’Europa uccidendo di fatto l’Unione europea. Esisterà una difesa franco-tedesca che potrà inglobare i paesi Ue che decideranno di farne parte”.
L’ITALIA RINUNCIA ALLO SVILUPPO TECNOLOGICO
All’Italia resterà l’utilizzo dell’F-35 come sistema d’arma ma tutto l’high tech sarà in mano americana. “Li potremo impiegare nello sforzo militare condiviso con gli Stati Uniti. Questo velivolo ci rende più capaci di cooperare con gli americani, ma ci impedisce di smarcarci un domani da loro per perseguire un’autonomia strategica nell’impiego delle forze aeree, rendendoci dipendenti da Washington per i prossimi 50 anni, in quanto quest’aereo ha bisogno di un sopporto logistico che è quello di Lockheed Martin”. Senza dimenticare che il nostro è l’unico paese Ue che sta continuando a ridurre le spese militari. “Ci ritroveremo con aerei sofisticati e molto costosi, ma non avremo soldi nel bilancio della difesa per tenerli operativi”. La previsione di Gaiani pertanto è questa: “Ne compreremo 90 di F-35, uniti agli 90 Typhoon ma avremo i soldi per tenerne in linea pochissimi”.
SENZA SOLDI, SERVE UNA STRATEGIA CHIARA
Quale strategia dovrebbe adottare allora il nostro Paese per non perdere terreno sul campo dell’innovazione ma nemmeno su quello geopolitico? Secondo Carlo Pelanda, analista e docente di geopolitica e geoeconomia, per l’industria militare italiana (in primis Leonardo-Finmeccanica) l’unica strada percorribile è quella di restare nei consorzi europei già esistenti, ma spostarsi su quelli americani e inglesi per le tecnologie future. Di opinione diversa è Gaiani: “Il problema non è decidere in quali programmi stare ma quali strategie adottare in quanto non abbiamo soldi per far volare gli aerei che ci sono oggi. Non è che ci sono programmi di serie A e serie B, siamo noi a non avere i soldi per partecipare a tutto”. Per questo è fondamentale avere una strategia. “Non si può stare con gli americani e al tempo stesso con l’Europa, oggi a trazione totale franco-tedesca. Dobbiamo rivendicare piuttosto un posto al sole una volta deciso dove stare. Ci sono tutti programmi di serie A che per ottenere un ruolo importante per la propria industria richiedono investimenti, che oggi nessuno li sta rendendo disponibili”. Per ora l’Italia resta a guardare.
IMPOSSIBILE DIRE NO ALL’F-35
Anche se con il programma F-35 l’Italia ritorna ad avere una sudditanza tecnologica nei confronti degli Stati Uniti sul piano della difesa aerea, sul piano politico non può smarcarsi dagli americani in questo momento. “Visto che i partner europei, Francia e Germania in testa, sono i primi a volerci penalizzare sul piano politico ed economico, l’America dell’amministrazione Trump è il nostro principale partner strategico sul piano sia geopolitico (Libia) sia economico” conclude Gaiani. “Oggi è politicamente impossibile dire no all’F-35 o tagliare la commessa. Non a caso nemmeno i Cinque Stelle lo hanno fatto per ora. In questo momento l’America di Trump è critica dell’Europa a guida tedesca e con la Gran Bretagna che si è sfilata dall’Unione europea, l’Italia resta il partner privilegiato per gli Usa per contrastare l’egemonia franco-tedesca”.