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La storia che la rete 5G causa Covid-19 ha solide basi ascientifiche

L'approfondimento di Luca Longo

In tempi di crisi, le fake news si diffondono più rapidamente di qualsiasi virus. Ed è stato così anche per la leggenda che la rete 5G avrebbe causato la diffusione del virus SARS-CoV2 e sarebbe responsabile della pandemia Covid-19.

I team di ricerca di tutto il mondo stanno lavorando per comprendere il meccanismo di infezione, trovare farmaci in grado di curare i malati e vaccini in grado di impedire al virus di fare nuove vittime.

Anche se questo lavoro procede in modo febbrile, il metodo scientifico è un processo lento. Ogni ipotesi deve essere analizzata da team interdisciplinari, ogni teoria deve essere sottoposta alla prova dei fatti, ogni esperimento deve essere ripetuto e validato da equipe indipendenti in tutto il mondo.

Invece, basta che un qualsiasi ingenuo – o troppo furbo – lanci su un social una idea, per quanto bizzarra, che questa si diffonda ovunque grazie a chi la condivide prendendola per buona a scatola chiusa senza verificarne la fonte.

Anche in questo caso è successo così. Secondo Newsguard – un’associazione di giornalisti per la verifica delle notizie – il “paziente zero” che per primo ha lanciato l’ipotesi di un collegamento fra 5G e Coronavirus è stato il sito cospirazionista francese Les moutons enragés: il 20 gennaio (in quel momento la Cina contava 300 infetti e 6 morti) ha collegato l’epidemia con l’installazione di antenne 5G a Wuhan nei mesi precedenti. La notizia era troppo ghiotta perché molti non la rilanciassero sui loro social senza perdere tempo a verificarla.

Due giorni dopo, era già arrivata sui giornali di carta: il 22 un giornale belga, Het Laatste Nieuws, pubblica un’intervista con il medico Kris Van Kerckhoven che pare non avere dubbi. Il titolo, infatti, è: “Il 5G minaccia le nostre vite, e nessuno lo sa” Altri tre mesi e i più fanatici cominciano a dare fuoco alle antenne telefoniche (4G) in tutta Europa.

Le teorie cospirazioniste sui danni alla salute causati dalle reti telefoniche mobili non sono molto originali: risalgono ai primi anni novanta del secolo scorso quando cominciarono a diffondersi i primi cellulari. Ma il “superpaziente zero” – il primo in assoluto a collegare onde elettromagnetiche e malattie – risale addirittura all’inizio del novecento.

Come riferisce il Los Angeles Daily Times del 3 giugno 1903, all’Hotel Hollenbeck si svolse il convegno fondativo della Società Elettromedicale della California del Sud. Sotto la presidenza del Dr. Shepard Barnum, i 38 membri della nuova associazione discussero le loro teorie sulle interazioni del corpo umano coi raggi X, le correnti ad alta e a bassa frequenza e anche le onde radio.

Nel numero 6 di ottobre 1924 della rivista Science and Invention, Hugo Gernsback (sì: uno dei padri della fantascienza moderna era “anche” uno scienziato) fu costretto a spiegare che la nuova tecnologia della radio non poteva essere considerata responsabile per gli alluvioni alternati a periodi di siccità verificatisi di quegli anni; e nemmeno per gli ultimi terremoti.

Ma un contributo decisivo su questo tema venne dal genio italico. Nel giugno del 1936 Rachele Guidi, coniugata Mussolini, stava percorrendo la Roma-Ostia quando all’altezza di Acilia alcune auto, fra cui la sua, si fermarono di botto e non ci fu modo di farle ripartire per almeno 20 minuti. Dopo, tutte si rimisero in moto e proseguirono normalmente. Quando Rachele lo raccontò al marito, il Duce le disse di non preoccuparsi: si trattava di Guglielmo Marconi – l’inventore della radio – che stava sperimentando il raggio della morte.

Marconi, infatti, fondò il Centro radioelettrico Sperimentale di Torre Cannuccia, vicino a Roma, dove dal 1932 studiò come concentrare fasci di microonde su auto, aerei, addirittura mucche al pascolo. Probabilmente si trattava dei primi esperimenti per la realizzazione di un sistema radar, ma le leggende più diffuse narrano che al campo di volo di Orbetello riuscì ad abbattere due apparecchi radiocomandati incendiandoli a oltre 2.000 metri di quota.

Il 20 marzo del 1945 lo stesso Mussolini, nell’ultima intervista della sua vita, parlò degli esperimenti di Acilia e di Orbetello e si rammaricò con il giornalista Ivanoe Fossani: Marconi aveva effettivamente messo a punto questa arma finale che nulla avrebbe avuto da invidiare alle V2 naziste. Ma – su consiglio addirittura di Pio XI – si rifiutò di consegnargliela e morì improvvisamente nel 1937 portandosi il segreto nella tomba e facendo accuratamente sparire completamente appunti, disegni tecnici, prototipi e qualsiasi indizio che sostanziasse la realtà di questa invenzione.

Nel 2000 saltarono fuori altri documenti. Questi sostenevano che nel 1933 sul territorio italiano si schiantò un vero e proprio UFO. La nave aliena fu studiata da un apposito comitato, il gabinetto Ricerche Speciali/33, voluto dallo stesso Mussolini che vi mise a capo … proprio Marconi. Stai a vedere che il raggio della morte non era tutto frutto del genio italico ma fu importato – involontariamente – addirittura da un altro pianeta?

Nei vari complotti che hanno protagoniste le onde elettromagnetiche e i loro effetti sulle persone, non manca mai lo scienziato serbo Nicola Tesla. Oltre a contendersi con Marconi l’invenzione della radio, Tesla avrebbe anche inventato la corrente alternata, i transistor, i radar a raggi X, l’energia idroelettrica, la radioastronomia, la trasmissione di corrente senza fili e – naturalmente – anche svariati raggi della morte. A parte l’invenzione della radio e della corrente alternata (quest’ultima soffiatagli da Thomas Edison), in quasi tutti gli altri casi, non esistono documenti, apparecchiature o prototipi che permettano di attribuirgli qualche paternità. Tantomeno per quelle invenzioni che – ad oggi – ancora aspettano di essere … inventate.

Arrivati alla comunicazione cellulare, possiamo dire che il lancio di ogni nuova tecnologia, da TACS a GSM a 2G, 3G e 4G, è stata seguita da preoccupazioni per i possibili effetti nocivi delle frequenze elettromagnetiche su cui viaggia ciascun segnale telefonico. E da questa lista non scappano nemmeno Wi-Fi e Bluetooth.

In tutti i casi, le varie generazioni di antenne hanno sfruttato bande di frequenze radio comprese fra 700 MHz e 6 GHz, mentre il 5G lavorerà fra 28 e 100 GHz permettendo un traffico dati 1000 volte più rapido del 4G, che a sua volta è solo 10 volte più veloce del 3G.

È provato che onde elettromagnetiche a frequenza molto più elevata, dai raggi ultravioletti ai raggi X alle radiazioni alfa, beta e gamma, interagiscono – spesso distruttivamente – con l’organismo umano, in particolare causando danni al sistema di replicazione cellulare e provocando tumori. Ma non esiste ad oggi alcuna prova che, dall’altra parte dello spettro elettromagnetico, quindi a frequenze al di sotto della radiazione visibile – a frequenze più deboli dell’infrarosso e delle microonde e in particolare nella zona delle onde radio – si possano avere interazioni (positive o negative) con la salute umana.

Nel 2019, l’Istituto Superiore della Sanità ha pubblicato un rapporto dove riassume numerose ricerche scientifiche sull’esposizione umana alle frequenze radio impiegate per la comunicazione cellulare, la TV e altre apparecchiature di uso comune. Il team di ricercatori – dopo l’analisi di un grande numero di studi estesi a un periodo di oltre trent’anni su una popolazione molto vasta – conclude che non è stata trovata alcuna rilevanza scientifica di una possibile correlazione fra l’esposizione a queste frequenze e i tumori.

La Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP) ha completato lo studio coprendo anche le radiofrequenze caratteristiche delle reti 5G. Questo secondo studio conferma che le radiazioni di questa frequenza riescono a entrare nell’organismo umano e a provocare lievi aumenti della temperatura corporea, ma in modo molto più blando rispetto a quello che succede, ad esempio, durante il normale esercizio fisico.

Su queste basi, i dispositivi telefonici mobili che ci circondano sono considerati ragionevolmente sicuri. Il rischio di danni alla salute, se esiste, è talmente basso da essere non rilevabile. Al contempo, è impossibile provare che una qualsiasi apparecchiatura o attività umana sia a rischio nullo per la salute. Pensate al rischio che corriamo di essere investiti nell’attraversare una strada o di strozzarci se ci va di traverso una caramella.

Tornando al 5G, in aprile 2020 la stessa ICNIRP si è trovata costretta a intervenire con una nota per ribadire che le ipotesi che Covid-19 sia in qualsiasi modo correlato con le reti 5G “non sono supportate da nessuna evidenza sperimentale (nemmeno una debole evidenza), e la massa di pubblicazioni scientifiche a proposito delle radiazioni elettromagnetiche collegate al 5G dimostra che queste pretese non hanno alcun fondamento reale”. Più chiaro di così…

 

(Versione ampliata di un articolo pubblicato su eni.com)

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