Un tempo i giornalisti che conducevano il telegiornale erano definiti “mezzi busti” perché per ovvie ragioni non li si vedeva mai in piedi. Nel prossimo futuro potrebbero non avere davvero le gambe, dato che non sarebbe di alcuna utilità creargliele. Anzi, comporterebbero solo un dispendio di risorse. Stiamo parlando dei numerosi esperimenti che stanno prendendo piede con l’Intelligenza artificiale, in Cina ma non solo, persino qua in Europa, dove aumentano le trasmissioni condotte da algoritmi virtuali che animano pupazzi, o avatar, tridimensionali.
IL MEZZO BUSTO CINESE
In Cina il primo esperimento in tal senso lo si ha avuto nel pieno della pandemia e non è dato sapere se avesse a che fare con l’esigenza di rispettare i lockdown, assai più severi rispetto a quelli già parecchio restrittivi visti e subiti da queste parti. L’aspetto della conduttrice (ovviamente giovane e bellissima) era strabiliante ma, a tre anni di distanza, lascia intravedere tutti i limiti della tecnologia dell’epoca. E l’occhio ha infatti l’impressione avere di fronte un simulacro particolareggiato ma privo di vita e bagliore intellettivo.
In quel caso senz’altro non si trattava di una vera e propria intelligenza artificiale, ma di un modello 3D che recitava un testo scritto. Non è dato sapere se la voce fosse umana o ricreata anch’essa. Quel che è certo è che un simile giornalista piace molto ai governi autoritari e non è un caso se i primi esperimenti siano stati condotti in Cina.
DAL TG ALL’ISOLA DEI FAMOSI: L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NON SI FERMA PIU’
Sorprende molto di più sapere che la prima conduttrice televisiva a non essere umana potrebbe avere “natali” – per così dire – iberici. È stata assoldata da Telecinco del Gruppo Mediaset e, secondo le notizie che hanno iniziato a rimbalzare per la Rete, potrebbe condurre la prossima edizione del reality L’Isola dei famosi.
Ma potrebbe anche essere quello che in politica si chiama ballon d’essai, ovvero un annuncio un po’ forte per capire l’accoglienza e l’umore dell’opinione pubblica. Accoglienza a dir poco gelida, considerato che il video di debutto della nuova starlette senz’anima non ha raccolto chissà quali numeri e molti commenti sono comunque negativi. Cresce lentamente anche il suo profilo Instagram, passato da appena 4mila a circa 8mila follower dopo l’indiscrezione che questa modella virtuale potrebbe finire sul piccolo schermo.
Sì, perché Alba Renai benché creata “in vitro” (o meglio, su desktop) non è stata sviluppata da Mediaset ma esisteva già, col debutto avvenuto lo scorso settembre. La modella 3D ha ovviamente canali social in cui fa tutto ciò che ci si aspetterebbe da una controparte reale: si fa vedere mentre fa sport, viaggia per tutto il mondo, teneramente indossa un pigiama e persino alle serate di gala. Ha una sua agenzia e può infatti essere ingaggiata come testimonial.
CHI HA CREATO ALBA RENAI?
È stata creata sul finire della scorsa estate da BE A LION, la controllata di Mediaset specializzata in contenuti e pubblicità su piattaforme come YouTube e social network, con il lancio contestuale della nuova divisione aziendale VIA, dedicata alla progettazione di “metaumani e avatar digitali generati e addestrati dall’Intelligenza Artificiale (AI)”, fanno sapere dal Gruppo.
E in effetti, rispetto alla mezzo busto cinese, Alba Renai non dovrebbe limitarsi a seguire un testo scritto, ma essere in grado di rispondere “a tono” alle interazioni con i naufraghi – quelli sì, umani – dando vita a quei siparietti che tanto piacciono al grande pubblico. Certo, potrebbe trattarsi di un copione recitato da ambo le parti, soprattutto dagli umani per agevolare l’intelligenza artificiale, ma anche in quel caso sarà interessante notare la naturalezza di gesti ed espressioni della conduttrice virtuale.
Senz’altro è assai più carina della controparte cinese con tre anni in più sulle spalle, segno che le influencer virtuali invecchiano molto prima delle loro controparti reali, nonostante dovrebbero essere virtualmente eterne (almeno se si fanno backup in cloud). Ma, a parte gli scherzi, in questo caso l’occhio viene ingannato assai più facilmente, perché la ragazza sembra viva. Al più un po’ fotoritoccata. E forse anche per quello non è stata accolta troppo calorosamente dal pubblico.
Del resto da quando ha iniziato a circolare, l’intelligenza artificiale non si è fatta troppo amare. In molti ambiti e in diverse parti del mondo ha iniziato a rubare il lavoro a noi poveri esseri umani che chiediamo diritti, un salario e qualche ora di riposo. Mentre gli algoritmi per quanto fallaci sono inesauribili e infaticabili.
CHI HA PAURA DELL’IA?
Secondo il report di Rest of World, per esempio, in Cina la ricerca di illustratori professionisti per videogiochi è diminuita del 70% a causa delle intelligenze artificiali. Dal momento che nel Paese asiatico i diritti dei lavoratori non godono di tutele particolari, le compagnie di sviluppo negli ultimi mesi hanno iniziato ad adottare in massa le IA, infaticabili, senza stipendio, dalla creatività inesauribile e, soprattutto, rapidissime.
La disegnatrice Amber Yu, che guadagnava tra i 430 e i 1000 dollari per ogni poster realizzato, ha dichiarato di aver viste crollare le sue opportunità lavorative con l’entrata in scena delle intelligenze artificiali. Un altro illustratore ha dichiarato a Rest of the World senza mezzi termini che: “il modo con cui ci guadagnavamo da vivere è stato distrutto.” E non è un problema solo cinese.
Tutelati dall’anonimato offerto dal sondaggio annuale della Game Developers Conference, GDC State of the Game Industry, il 50% dei 3mila sviluppatori di videogiochi intervistati afferma che quotidianamente vengono utilizzati strumenti basati sull’IA generativa all’interno dello studio per cui lavorano e questo fa sì che addirittura l’84% confidi all’intervistatore di essere preoccupato riguardo al loro utilizzo.
Sono davvero pochi (15%) coloro che hanno affermato che l’IA non è stata utilizzata (ma che c’è comunque interesse da parte del proprio studio a investirvi) e non sono nemmeno molti di più (solo il 23%) gli sviluppatori ad aver dichiarato che nelle loro realtà non c’è alcun interesse di impiegare strumenti simili al momento. Il 31% degli intervistati ha affermato anzi di aver utilizzato tali tecnologie, mentre il 18% afferma di non averlo fatto persona ma che altri all’interno dello stesso studio le adoperano.
La preoccupazione non è campata in aria, data la gragnuolata di licenziamenti dalla portata inedita che ha riguardato pressoché tutte le software house, tanto che persino in Cina sono sorti movimenti spontanei di gamer per boicottare i prodotti in cui c’è lo zampino dell’intelligenza artificiale “che ruba il lavoro alle persone”.
Ma le etichette principali sembrano tirare dritto. Durante la Morgan Stanley Technology, Media & Telecom Conference Andrew Wilson, CEO di EA, ha rotto gli induci dicendo apertamente che Electronic Arts intende avvalersi degli algoritmi di intelligenza artificiale. O meglio, lo sta già facendo (qui e qui alcuni materiali ufficiali) e nel prossimo futuro li sfrutterà sempre di più.
Per l’uomo che guida una delle più importanti e influenti software house videoludiche statunitensi, dal valore di mercato che supera i 36 miliardi di dollari, la nuova tecnologia permette di rendere l’azienda più efficiente di circa il 30%.
Wilson ha rivelato che proprio in merito ai benefici dell’IA sul settore videoludico è stato condotto internamente uno studio su tutti i processi di sviluppo dei videogiochi di EA ed è emerso che circa il 60% dei titoli ha “un’elevata possibilità di essere influenzato positivamente dall’IA generativa”.
L’IA COSTRUISCE STADI E SI SOSTITUISCE AGLI ANIMATORI
Nei titoli calcistici o di rugby, per esempio, la costruzione di un singolo stadio finora richiedeva anche sei mesi, scesi nell’ultimo anno a sei settimane grazie all’apporto dell’IA e per il numero 1 di EA non è innaturale pensare che nel prossimo futuro sarà possibile ricrearli in appena sei giorni. Wilson ritiene che l’estensione di questa sinergia tra intelligenza artificiale e lavoro umano a ogni aspetto dello sviluppo possa portare a una “significativa efficienza” nello sviluppo di tutti i videogame.
Quindi l’amministratore delegato di Electronic Arts ha fatto un altro esempio molto concreto: FIFA 23 vantava 12 routine di corsa per i calciatori (i vari modi in cui gli atleti corrono nel gioco, per essere il più credibili possibile) realizzati “a mano”, ovvero dagli sviluppatori deputati alle animazioni, mentre EA Sports FC 24 ne ha 1.200, tutti realizzati con l’IA generativa.
EA FA RIMA CON IA
Per EA l’IA non è solo una ghiotta occasione di risparmio. Sempre il Ceo di Electronic Arts ha svelato, anche se in merito è stato un po’ criptico, che la software house statunitense intende utilizzare la personalizzazione, la culturalizzazione ed esperienze più profonde e coinvolgenti per attirare il 50% di persone in più e farle spendere il 10-20% di denaro in più nei giochi. Sempre grazie all’IA generativa.
MENTRE EA PUNTA TUTTO SULL’IA LICENZIA
Annunci entusiastici che stridono con i massicci licenziamenti attuati nell’ultimo periodo da Electronic Arts. Secondo le ultime voci di corridoio raccolte da GamesIndustry.biz, EA licenzierà a breve il 5% della sua intera forza lavoro, ovvero tra le 700 e le 800 persone.
Si tratta di una cifra analoga a quella del marzo 2023, quando tagliò un totale di 775 persone, mentre lo scorso dicembre ha effettuato riduzioni all’interno dello studio di Codemasters, la software house nota soprattutto per i suoi titoli automobilistici che Electronic Arts aveva acquisito nel mese di febbraio 2021, ottenendo il controllo dello studio e di tutte le sue IP per 1,2 miliardi di dollari.
I tagli annunciati fanno parte di un piano di ristrutturazione più ampio, già avviato dalla società con la divisione dello scorso anno tra EA Games, diventata EA Entertainment, e EA Sports. Tale assetto, che ha comportato la chiusura di diversi studi e la cancellazione di alcuni videogiochi (tra cui l’interruzione dello sviluppo dei titoli su licenza, eccezion fatta per i titoli di Black Panther e Iron Man) dovrebbe arrivare al completamento entro la fine del 2024.
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE MANDA IN SUBBUGLIO IL CINEMA
L’IA è stata anche al centro dell’insolito sciopero di attori, sceneggiatori, doppiatori e compositori che lavorano per il mondo del cinema e delle serie tv negli Usa. Le case cinematografiche pretendevano infatti di sfruttare l’IA per riportare sul set attori morti.
Fin qui non ci sarebbe nulla di strano, perché la magica Hollywood, è noto, sono ormai decenni che resuscita artisti scomparsi prematuramente. Ben prima dell’avvento della computer grafica e di altre diavolerie algoritmiche, per esempio, il buon Peter Sellers si ritrovò a girare un film postumo due anni dopo il decesso, nel 1982, Sulle orme della Pantera rosa. Fu la prima pellicola in cui l’attore non girò nemmeno una scena da vivo: solitamente infatti si ricorreva alla finzione quando il decesso arrivava a metà delle riprese. Dato che all’epoca la tecnologia era quella che era, vennero utilizzati spezzoni di altri film della serie precedentemente scartati dalle opere originali.
Tuttavia il sindacato degli attori ha rispedito al mittente la richiesta delle case produttrici di poter ricreare le sembianze degli attori morti usando l’intelligenza artificiale senza dover ottenere prima alcun consenso dagli aventi diritto, ovvero i familiari superstiti dell’artista. Da contratto gli attori che guadagnano più di 32.000 dollari per episodio televisivo o 60.000 dollari per film avrebbero dovuto sottoporsi a una vera e propria scansione per le IA che li ricreerebbe digitalmente, nella voce, nell’aspetto, nella mimica facciale e nelle pose.
IA FA RIMA CON DEEPFAKE
Se la povera Alba Renai è stata accolta con ostilità probabilmente non è colpa solo del fatto che la “sua gente” stia rubando il lavoro “alla nostra” (per usare frasi ricorrenti un po’ in ogni periodo storico), ma anche delle tante fregature che circolano in rete realizzate proprio attraverso tool smart.
La mente corre subito a Emily Pellegrini, la super modella che, secondo le chat divulgate da alcuni tabloid, ha fatto girare la testa a miliardari e a calciatori (ce ne sarebbe uno, tedesco, che sui social è amico di Cristiano Ronaldo, perciò non dovrebbe militare in una squadra rionale).
È stata creata interpellando l’IA sui gusti “dell’uomo medio occidentale”. Il risultato è notevole ma nel suo caso l’operazione di marketing è stata inversa rispetto a quella che ha coinvolto Alba Renai: prima è stata ‘buttata’ nel mare magnum di Internet e solo dopo, quando aveva adescato un bel po’ di spasimanti ricchi e famosi, ha gettato la maschera svelando l’algoritmo.
La modella insomma non esisteva, ma i suoi spasimanti dal cuore infranto sì. Come erano reali anche i guadagni: grazie alle sponsorizzazioni la diabolica creatrice di questa ragazza perfetta è arrivata a guadagnare fino a 10mila dollari alla settimana.
I DEEPFAKE DI CASA NOSTRA
Troppo spesso insomma l’IA, nonostante le sue infinite potenzialità, viene sfruttata biecamente, per rubare il lavoro e ingannare i nostri poveri ormoni. E poi ci sono le truffe vere e proprie. Non a caso tanti deepfake fatti con l’intelligenza artificiale parlano (un ottimo) italiano.
Qualche settimana fa Fabio Fazio è dovuto intervenire sui social per avvertire che il gemello che gira sul web spingendo la gente a fare trading online è fasullo e fatto con l’IA. La stessa disavventura nelle ultime ore è capitata persino alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, vittima di una fattispecie criminosa affine volta a raggirare centinaia, se non migliaia, di possibili elettori che, avendo fiducia nel leader di Fratelli d’Italia, potrebbero correre a metter mano al portafogli. Il video non è perfetto ma è sufficientemente accurato da ingannare lo spettatore meno accorto.
Insomma, tutti questi motivi potrebbero spiegare la crescente riluttanza se non vera e propria insofferenza che avvertiamo tutte le volte in cui si parla di intelligenza artificiale. Finora questa innovazione non ci ha affatto migliorato la vita, anzi, è stata causa di licenziamenti e raggiri. Stupisce poi che a far debuttare in Europa la prima conduttrice televisiva virtuale sia proprio Mediaset. Cosa penserà Silvio da lassù? Impossibile saperlo, almeno fino a quando l’IA non lo riporterà quaggiù.