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Chip Neuralink

Guerra fra Musk e Microsoft per dominare nell’IA

Tensione al massimo tra Microsoft, che ha eliminato Twitter dai canali di advertising e Musk. La vera partita però è tutta tra ChatGpt e TruthGpt. Fatti e approfondimenti

Da un lato del ring Elon Musk, l’istrionico imprenditore sudamericano che ha appena visto deflagrare il suo StarShip da svariati milioni di dollari. Dall’altro c’è Microsoft entrata a gamba tesa nel mondo dell’IA dopo aver acquisito OpenAi, la software house che culla ChatGpt. Come dimostra la vicenda di Samsung (è bastato che il produttore coreano facesse sapere di valutare l’ipotesi di installare Bing al posto di Google sui suoi device per determinare un fuggi-fuggi borsistico che ha smagrito Alphabet), chi avrà l’IA migliore dominerà il web. E non solo. Forse è per questo che Musk sta da qualche mese attaccando in tutti i modi, anche parecchio sguaiati, ChatGpt, in cui pure aveva creduto e investito, disfacendosi però delle sue quote qualche mese prima che l’affare esplodesse in modo dirompente, gonfiando il valore della software house.

TUTTI GLI ATTACCHI DI MUSK AL CHATGPT DI MICROSOFT

In un recente scambio su Twitter il patron di Tesla ha accusato la società di Sam Altman, ricordando che OpenAI era nata come non profit, mentre oggi è votata al business grazie all’accordo multimiliardario con Microsoft.

 

Non contento, Musk ha aderito alla moratoria di studiosi e ingegneri che chiedono di riflettere bene sullo sviluppo di nuove intelligenze artificiali, rallentandone lo sviluppo di nuove versioni, perché potrebbe rappresentare un pericolo dai contorni ignoti. L’ex startupper figura infatti tra i nomi di peso del cosiddetto manifesto “anti ChatGPT”.

«I sistemi di IA dotati di un’intelligenza competitiva con quella umana possono comportare rischi profondi per la società e l’umanità, come dimostrato da ricerche approfondite e riconosciuto dai migliori laboratori di IA», si legge nel testo che prosegue con una serie di domande: «Dobbiamo lasciare che le macchine inondino i nostri canali di informazione con propaganda e falsità? Dovremmo automatizzare tutti i lavori, compresi quelli più soddisfacenti? Dovremmo sviluppare menti non umane che alla fine potrebbero superarci di numero, essere più intelligenti, obsolete e sostituirci? Dobbiamo rischiare di perdere il controllo della nostra civiltà? Queste decisioni non devono essere delegate a leader tecnologici non eletti».

La richiesta dei firmatari di quello che la stampa ha ribattezzato “manifesto degli anti ChatGpt” è di una pausa di almeno sei mesi di tutte le attività dei laboratori AI più potenti di GPT-4: «Questa pausa dovrebbe essere pubblica e verificabile e includere tutti gli attori chiave. Se tale pausa non può essere attuata rapidamente, i governi dovrebbero intervenire e istituire una moratoria».

Gli appellanti aggiungono: «I laboratori di AI e gli esperti indipendenti dovrebbero utilizzare questa pausa per sviluppare e attuare congiuntamente una serie di protocolli di sicurezza condivisi per la progettazione e lo sviluppo di IA avanzate, rigorosamente controllati e supervisionati da esperti esterni indipendenti».

 

MICROSOFT SI TOGLIE DA TWITTER

Ora, appena pochi giorni dopo aver annunciato l’esistenza della sua versione di ChatGpt, ovvero TruthGpt – Elon Musk ha minacciato di avviare una causa contro Microsoft. In un tweet ha infatti sostenuto che il gigante di Redmond avrebbe utilizzato dati di Twitter senza autorizzazione per allenare software di intelligenza artificiale. Come si legge su The Verge Microsoft non ha voluto commentare la minaccia di causa da parte di Elon Musk.

Onestamente, è difficile pensare che nella vicenda non sia coinvolto ChatGpt in cui Microsoft ha investito 10 miliardi di dollari. Non dimentichiamoci poi che il tool Digital Marketing Center della piattaforma Microsoft Advertising non supporterà più Twitter a partire dal 25 aprile 2023 dopo la decisione della società di Elon Musk di far pagare per utilizzare le proprie API (Application programming interface) 42mila dollari al mese. Somma che la società di Satya Nadella non è disposta a spendere. Di certo nemmeno in tribunale.

 

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