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Tlc Europee

Huawei, Zte, Cisco e non solo. Che cosa succede sul 5G in Italia? Fatti e indiscrezioni

Le divisioni fra Lega e M5S nell'esecutivo contribuiscono a rallentare i tempi della realizzazione della rete 5G

Rivoluzione 5G in pausa, in Italia. Nonostante gli operatori di telefonia mobile abbiamo messo sul piatto, ad ottobre 2018, ben 6,5 miliardi di euro per la corsa alla connessione del futuro, il governo sembra prendere tempo.

Perché? Semplice: l’esecutivo è ancora indeciso su cosa fare con Huawei e Zte, le due società di tecnologia cinese, finite sotto la mannaia di Trump. Andiamo per gradi.

L’ASTA PER LE FREQUENZE 5G

Tim e Vodafone (che insieme hanno investito la fetta maggiore di denaro, pari a 1,2 miliardi ciascuno), Wind-Tre, Iliad e Fastweb hanno investito un totale di 6.550.422.258,00 euro per aggiudicarsi le frequenze e la possibilità di realizzare le nuove reti.

Si tratta di una cifra di gran lunga superiore a quanto auspicato dallo Stato inizialmente, che si attendeva 4 miliardi di introito minimo (come previsto nella Legge di Bilancio): l’ammontare finale ha superato del 164% il valore delle offerte iniziali e del 130,5% la base d’asta.

LE DIVISIONI DI GOVERNO

Le principali società di telefonia hanno fretta ora di costruire le nuove reti e di lanciare l’Italia nel futuro delle connessioni ad alta velocità, ben altro ci rivela il temporeggiare del governo, spaccato anche sulla questione dei fornitori cinesi Huawei e Zte.

Mentre Matteo Salvini e la Lega optano per la messa al bando delle due aziende sulla scia degli auspici dell’amministrazione Trump, il Movimento 5 Stelle sembra voler essere più accogliente nei confronti delle società cinesi e prima di bandirle vorrebbe prove certe della loro colpevolezza (gli Usa sostengono che Pechino possa fare spionaggio tramite le due società).

UNA SOLUZIONE- NON SOLUZIONE

Su queste tematiche, in realtà si discute oramai da un bel po’ al governo. E qualche piccolo passo i Gialloverdi hanno provato a farlo: nel cosiddetto decreto Brexit (Dl 22), in via di conversione, si estende il Golden Power anche per la tecnologia 5G acquisita da tutti i soggetti extra Ue, grazie ad un nuovo articolo (1-bis) in cui si specifica che tra le “attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale” rientrano anche “i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G”. Il potere può essere applicato anche nel caso di forniture di materiali e servizi (non solo, dunque, per acquisizioni azionarie).

In pratica, gli operatori tlc che intendono acquisire beni e servizi relativi al 5G dovranno comunicarlo, in anticipo, alla presidenza del Consiglio per permettere al governo di valutare la possibilità di esercitare i poteri speciali.

TUTTO FERMO

Insomma, le nuove norme possono essere viste come una promessa di maggiore vigilanza e di un pronto intervento dei piani alti nel caso in cui ce ne fosse bisogno, ma nulla di più. Il decreto non chiarisce, in realtà, quale sia la posizione dell’Italia su Huawei e Zte.

Ed il risultato di tutto questo è che tutto è fermo. Gli operatori non firmano contratti e non bandiscono gare, scrive oggi Affari & Finanza, l’inserto economico del quotidiano la Repubblica.

COSA COMPORTA METTERE AL BANDO HUAWEI E ZTE?

A pagare questi ritardi sarà l’innovazione del Paese. E se, dopo tutto questo, le due cinesi venissero messe al bando, l’Italia potrebbe rallentare ulteriormente nella corsa al 5g. D’altronde i numeri parlano chiaro: Huawei è la società con il più alto numero di brevetti presentati in materia (qui i dettagli).

LE INDISCREZIONI SU TIM

E mentre tutto è in attesa, crescono le indiscrezioni. Tim, come scritto da Start Magazine nei giorni scorsi,  ha in corso una gara per contratti-quadro della rete mobili. I fornitori in ballo sarebbero Nokia, Ericsson e Huawei. E i vendor alla fine – si dice in ambienti sindacali di Tim – potrebbero essere due.

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