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Schmidt

Per lo sviluppo tech dell’Occidente serve il metodo cinese. Parola di Schmidt (ex Google)

L'ex-ceo di Google, Eric Schmidt, lancia l'allarme all'Occidente: le democrazie rischiano di perdere la competizione sulle tecnologie con la Cina. E invita a un cambio di approccio: meno laissez-faire, più intervento governativo nei settori strategici. Gli Usa lo stanno già facendo

 

Eric Schmidt, ex-amministratore delegato di Google e oggi presidente della Commissione di sicurezza nazionale sull’intelligenza artificiale (un organo indipendente che analizza le implicazioni di questa tecnologia per la difesa degli Stati Uniti), pensa che “il nuovo terreno della competizione strategica” sia oggi rappresentato dalle “piattaforme”. Si chiamano così quelle infrastrutture digitali che forniscono servizi e strumenti tecnologici agli utenti: sono piattaforme i social network come Facebook e Twitter, le applicazioni di messaggistica come WhatsApp e i servizi di cloud computing come Google Drive e Microsoft OneDrive, per esempio.

IL LEGAME TRA GEOPOLITICA E TECNOLOGIA

Schmidt esprime un pensiero in un certo senso “classico” della geopolitica, ovvero l’esistenza di un legame tra la supremazia politica e il dominio sulle tecnologie critiche di una certa epoca: la prima superpotenza mondiale fu il Regno Unito, grazie (anche) al controllo del vapore e del ferro; poi arrivarono gli Stati Uniti con l’acciaio e l’elettronica.

La “numero uno” del futuro – si parla quasi sempre di una corsa a due tra America e Cina – sarà dunque quella che avrà la leadership sulle telecomunicazioni, l’intelligenza artificiale, il computing quantistico e, come dice Schmidt, le piattaforme digitali.

MANTENERE LA LEADERSHIP DEMOCRATICA SULLE TECNOLOGIE DIGITALI

“Gli Stati Uniti”, scrive Schmidt in un articolo tradotto dal Sole 24 Ore, “hanno un interesse fondamentale nell’assicurarsi che queste tecnologie siano progettate, costruite, messe in campo e governate dalle democrazie”.

L’ex-ceo di Google (2001-2011) ed ex-presidente di Alphabet (2015-2017) passa allora a immaginare un futuro “in cui gli stati autoritari controllano le tecnologie e le aziende che sovrintendono all’accesso alla rete, proteggono le reti dalle minacce informatiche, costruiscono infrastrutture digitali chiave, determinano quali messaggi censurare e gestiscono i flussi di dati sensibili. Sarebbe”, prosegue, “un mondo di coercizione politica sistematica e di invasione della privacy personale senza le tutele fondamentali per la libertà di espressione”.

L’OCCIDENTE ADOTTI UN CAPITALISMO POLITICO, DICE SCHMIDT

A detta di Schmidt, gli occidentali dovrebbero “prendere sul serio il successo della Cina nell’esportazione di soluzioni di rete integrate che raggruppano hardware, software e servizi per i clienti di tutto il mondo, perché estendono la sfera di influenza del governo cinese dandogli un vantaggio sugli Stati Uniti e su altre democrazie, non solo nella corsa tecnologica, ma anche nel più ampio contesto geopolitico”, vista la relazione tra i due aspetti.

Il vantaggio delle aziende occidentali sul cloud, sui centri dati e sui social media potrebbe non durare per sempre, scrive Schmidt facendo l’esempio di TikTok, il primo social network cinese diventato un successo internazionale. Per questo, invita le democrazie a ripensare il loro approccio allo sviluppo tecnologico e ad abbandonare il principio del laissez-faire in favore di un intervento governativo nei settori ad alto valore strategico, come il 5G, l’intelligenza artificiale e i semiconduttori.

Negli Stati Uniti, soprattutto, questo mutamento di mentalità e approccio è già avvenuto. Se il libero mercato non basta più a garantire il vantaggio tecnologico – come sembra pensare l’amministrazione di Joe Biden -, allora l’economia va mobilitata e avviata verso alcune direzioni di valore strategico. Il settore privato, in altre parole, va allineato all’interesse nazionale-governativo, secondo quel modello di capitalismo politicamente orientato descritto da Alessandro Aresu in Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina.

INVESTIMENTI PUBBLICI E TECNOLOGIE FUTURE

“Abbiamo bisogno”, spiega Eric Schmidt, “di un modello pubblico-privato ripetibile per sviluppare ed eseguire una strategia tecnologica nazionale a lungo termine. I rischi di grandi investimenti pubblici in settori specifici – sia politici che economici – impallidiscono rispetto ai rischi di cedere funzioni tecno-industriali fondamentali a un rivale strategico, o di lasciarli fortemente vulnerabili”.

Inoltre, gli Stati Uniti, l’Unione europea e gli altri paesi del blocco occidentale dovrebbero lavorare per identificare le prossime tecnologie critiche, quelle che “guideranno la prossima ondata di sviluppo economico”, per poi definire dei piani di sviluppo e implementazione volti ad assicurarsi un vantaggio: ad esempio le biotecnologie, o la fusione nucleare.

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