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Sezione 230

Ebay, Snap, Dropbox e Pinterest si coalizzano in difesa di Internet libero (Sezione 230)

Diverse società tecnologiche tra cui eBay, Snap, Pinterest e Dropbox hanno annunciato una coalizione in sostegno della Sezione 230, la legge che protegge le aziende di Internet per i contenuti che gli utenti pubblicano sui loro siti   Con la speranza che l’unione faccia la forza. Ieri diverse società tecnologiche hanno lanciato una coalizione per…

 

Con la speranza che l’unione faccia la forza.

Ieri diverse società tecnologiche hanno lanciato una coalizione per promuovere la legge chiave su Internet negli Stati Uniti.

Si tratta della sezione 230 del Communications Decency Act, la norma che protegge le aziende tecnologiche dalla responsabilità sui contenuti pubblicati dagli utenti. Di recente la legge è stata attaccata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dai legislatori repubblicani, ma anche i democratici invocano una sua riforma.

Sebbene la Sezione 230 protegga più di Google, Facebook e Twitter, un gruppo di società tecnologiche, tra cui Snap, Dropbox, Pinterest ed eBay, ha annunciato ieri una coalizione in difesa della legge.

Tutti i dettagli sulla legge scudo per le più grandi società tecnologiche.

COSA PREVEDE LA SEZIONE 230

Come ha sottolineato l’Agi, “la Sezione 230 per molti è la legge più importante su Internet. Il comma è stato inserito nel 1996, agli albori dell’ascesa globale della rete. È opinione diffusa che sia proprio questo comma l’origine della fortuna di molti dei paperoni della rete”. E recita: “Nessun fornitore e nessun utilizzatore di servizi Internet può essere considerato responsabile, come editore o autore, di una qualsiasi informazione fornita da terzi”.

PROGETTO BIPARTISAN DI MODIFICA

Il presidente Trump, come i molti membri del Congresso che hanno presentato proposte di riforma alla Sezione 230, riconosce il potere senza precedenti che le big tech hanno nel definire discorsi, pensieri e comportamenti accettabili.

Soprattutto i legislatori repubblicani hanno criticato le decisioni di moderazione dei contenuti delle piattaforme Internet e le hanno accusate di soffocare le voci conservatrici.

Anche i democratici hanno minacciato di apportare importanti modifiche allo scudo legale rappresentato dalla sezione 230 o di abrogarlo del tutto.

LE MINACCE DI TRUMP RIGUARDO LA SEZIONE 230

All’inizio di questo mese Trump ha detto che avrebbe posto il veto al National Defense Authorization Act da 740 miliardi di dollari a meno che non includa una misura che elimini la legge.

COSA HA VOTATO IL SENATO

Nonostante il veto minacciato da Trump, venerdì scorso il Senato ha votato con una maggioranza a prova di veto per approvare l’ampio disegno di legge sulla difesa.

LA PROPOSTA DEL PRESIDENTE ELETTO BIDEN

Nel frattempo, anche il presidente eletto Joe Biden ha chiesto che lo scudo venga “revocato”, riferisce il New York Times. I legislatori di entrambe le parti hanno proposto infatti importanti modifiche alla sezione 230.

LA POSIZIONE DI FACEBOOK, GOOGLE E TWITTER

Finora, la posizione delle big tech non riguarda l’abrogazione della legge o la sua revisione. Come spiega il Nyt, la retorica riguarda piuttosto l’essere aperti a ritocchi ai suoi margini mentre difende le sue tutele legali fondamentali.

Numerosi leader del settore hanno dichiarato nelle ultime settimane di essere aperti a modifiche alla sezione 230 del Communications Decency Act. Mark Zuckerberg, ceo e fondatore di Facebook, ha affermato che la legge dovrebbe essere aggiornata e Jack Dorsey, ceo di Twitter, ha proposto possibili “espansioni”. Google ha riconosciuto “domande legittime” sulla legge.

Cancellare la Sezione 230 è da molti considerata l’arma più potente che la Casa Bianca può scagliare contro le piattaforme digitali.

LA COALIZIONE INTERNET WORKS

In difesa dello scudo delle società tecnologiche è scesa in campo la coalizione tecnologica Internet Works.

La coalizione, Internet Works, ha dichiarato martedì che mira a garantire che i responsabili politici comprendano “le potenziali conseguenze non intenzionali di modifiche brusche alla legge”, compresa la limitazione degli sforzi efficaci di moderazione dei contenuti.

“Questa coalizione porta nuove voci e diverse prospettive all’attuale dibattito della Sezione 230 di Washington, che troppo spesso si concentra sulle più grandi piattaforme Internet”, ha affermato.

CHI FA PARTE DELLA COALIZIONE TECNOLOGICA

Da Snap Inc e Dropbox a Pinterest ed eBay, della coalizione fanno parte anche GoDaddy Inc, Tripadvisor e Wikimedia Foundation.

DAGLI ALBORI DI INTERNET

Come spiega Usa Today, la sezione 230 è stata emanata quasi 25 anni fa come qualcosa di simile a uno scambio. Le piattaforme Internet avrebbero ricevuto uno scudo di responsabilità in modo da poter escludere volontariamente i contenuti dannosi accessibili ai bambini e in cambio avrebbero fornito un forum per “la vera diversità del discorso politico”.

Ma quello che originariamente era inteso come un privilegio concesso per una ragionevole moderazione dei contenuti è diventato giudizialmente contorto. Allungato in un’immunità a prova di proiettile che protegge queste aziende tout court.

ALLA STRETTA DEL GOVERNO AMERICANO SUI GIGANTI TECNOLOGICI

Senza dimenticare che gli attacchi alla Sezione 230 fanno parte di un più ampio sforzo del governo per tenere a freno i giganti della tecnologia. Due mesi fa, il Dipartimento di Giustizia e un gruppo di stati hanno lanciato una causa antitrust contro Google accusata di mantenere un monopolio illegale sulla ricerca online. La scorsa settimana, la Federal Trade Commission degli Stati Uniti e gli avvocati generali di 46 stati guidati dalla procuratrice di New York, Letitia James, hanno intentato un paio di azioni legali contro il colosso tecnologico di Mark Zuckerberg. Le due azioni antitrust potrebbero costringere Facebook a vendere WhatsApp e Instagram nel risultato più estremo.

MENTRE BRUXELLES PRESENTA IL DIGITAL SERVICES ACT

Anche in quest’altro lato dell’Atlantico ci si muove per regolamentare le piattaforme digitali online. Ieri la Commissione europea ha presentato due pacchetti di norme per regolare l’operato delle principali società tecnologiche che forniscono servizi digitali nell’Unione europea. Uno di questi è il Digital Service Act, il primo pilastro dell’impianto normativo, chiede alle piattaforme digitali online con oltre 45 milioni di utenti in Europa di rimuovere contenuti illegali cooperando con le autorità di regolamentazione.

In caso di approvazione, i paesi membri dell’Ue potranno procedere con multe dal 6 al 10% nei confronti dei colossi del Web del loro fatturato annuo realizzato in Europa qualora non rispettino le regole sulla gestione dei contenuti diffusi online.

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