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Che cosa invocano Facebook, Google e Twitter dal Congresso Usa

Che cosa hanno detto gli amministratori delegati di Facebook, Google e Twitter al Congresso Usa   Gli amministratori delegati di Facebook, Google e Twitter hanno nuovamente testimoniato in settimana davanti alla Commissione Commercio del Senato americano per difendere il loro ‘scudo’ sulla responsabilità legale riguardante i post degli utenti. I membri bipartisan della Commissione sono…

 

Gli amministratori delegati di Facebook, Google e Twitter hanno nuovamente testimoniato in settimana davanti alla Commissione Commercio del Senato americano per difendere il loro ‘scudo’ sulla responsabilità legale riguardante i post degli utenti.

I membri bipartisan della Commissione sono ansiosi, infatti, di riformare la cosiddetta ‘Sezione 230’, una clausola del Communications Decency Act del 1996 che protegge le piattaforme tecnologiche dalla responsabilità dai post dei loro utenti e consente loro di moderare e rimuovere quelli che trovano discutibili. Per questo, malgrado le apparenze, lo ‘scudo’ è stato attaccato dai repubblicani che hanno accusato le piattaforme tech di utilizzarlo per proteggersi dalle accuse di pregiudizi e dai democratici che li hanno accusati di non riuscire a rimuovere efficacemente i contenuti dannosi, sottolinea Cnbc.

SCAMBIO DI ACCUSE

“I senatori hanno ampiamente utilizzato l’udienza per lanciare bordate contro i loro avversari politici in vista delle elezioni presidenziali statunitensi che corrono verso l’ultima settimana”. Mentre gli amministratori delegati dei gruppi tecnologici “hanno sottolineato che stanno facendo del loro meglio per prepararsi a un assalto di disinformazione negli ultimi giorni della campagna”, ha evidenziato The Independent in un articolo.

All’inizio dell’udienza, il presidente Roger Wicker ha evidenziato che la Sezione 230 dovrebbe essere modificata per impedire alle piattaforme di individuare chi punire. “E’ giunto il momento che quel lasciapassare finisca”, ha detto a chiare note Wicker. In sostanza, ha chiarito Kyle Daly di Axios, “il modo in cui i sostenitori della revoca o della limitazione della Sezione 230 inquadrano il loro caso, è quello di chiamare in causa il governo affinché intervenga per impedire ai giganti della Big Tech di promuovere contenuti graditi soffocando quelli non graditi”.

LA FAIRNESS DOCTRINE

“L’idea è qualcosa di simile alla versione internet della Fairness Doctrine – la precedente politica della Federal Communications Commission, abolita durante l’amministrazione Reagan, che richiedeva alle emittenti di rappresentare entrambe le parti quando trasmettevano programmi su controversie politiche – ha ricordato ancora Axios -. Una Fairness Doctrine digitale era proprio ciò contro cui i repubblicani hanno messo in guardia quando la FCC durante l’amministrazione Obama ha approvato le regole di neutralità della rete per evitare che i fornitori di banda larga bloccassero o rallentassero l’accesso a certi contenuti online”.

Il commissario della FCC Geoffrey Starks, democratico, ha tracciato un collegamento tra la neutralità della rete e la Sezione 230 durante l’ultimo incontro pubblico dell’agenzia, quando ha votato per riaffermare la sua mossa del 2018 per eliminare le regole dell’era Obama. “Questi pezzi non si incastrano – ha detto Starks -. Non si può fingere di avere un quadro normativo leggero quando si propone di regolamentare i contenuti online con mano pesante. Questa faccia ideologica dimostra che l’imminente regolamentazione della Sezione 230 è più una questione per piacere al Presidente che quella di fare una buona politica”.

“Alcuni repubblicani hanno già iniziato a leggere i principi della Fairness Doctrine- nella Sezione 230 come giustificazione per la sua revisione – si legge ancora su Axios -. I senatori Josh Hawley e Ted Cruz, che si sono soffermati sull’amministratore delegato di Twitter Jack Dorsey all’udienza sono tra coloro che hanno detto che la Sezione 230 ha lo scopo di proteggere i forum online politicamente neutrali. Un tale requisito non compare nella legge, e il Senatore Ron Wyden, che lo ha scritto nel 1996, è stato tra coloro che hanno negato a chiare lettere questa l’intenzione”. Anche se dall’altra parte, ha ricordato sempre Axios, “i conservatori sostengono che la Sezione 230 serve come una speciale dispensa che dà all’industria tecnologica una protezione legale che non si applica ad altri settori, come l’editoria.

I PUNTI CHIAVE DELL’AUDIZIONE DI FACEBOOK, GOOGLE E TWITTER

Ma quali sono stati i punti chiave dell’audizione che ha visto coinvolti i numeri uno di Facebook, Google e Twitter? Innanzitutto “i democratici si sono affezionati all’argomento delle udienze ‘illegittime’. Si sono infatti opposti alla decisione della maggioranza repubblicana di tenere l’udienza a soli sei giorni dalle elezioni presidenziali statunitensi. Non solo il Senato di solito lascia Washington a ottobre durante il periodo delle elezioni in modo che gli incumbent possano correre nei loro Stati per un’ultima spinta elettorale, ma quest’anno i democratici hanno accusato i repubblicani del Senato di utilizzare la loro maggioranza alla Camera per tenere udienze di commissioni rivolte al candidato presidenziale democratico Joe Biden”, si legge su The Independent.

I repubblicani per anni hanno sollevato accuse infondate di pregiudizi anti-conservatori su Facebook e Twitter per aver segnalato e soppresso storie dai media di destra. Più di recente, hanno sollevato un vespaio sulle azioni di Twitter per annullare qualsiasi post sulla loro piattaforma che rimandasse a un rapporto del New York Post contenente presumibilmente prove di comportamenti non etici e forse illegali da parte di Hunter Biden, il figlio dell’ex vicepresidente. I Democratici del Senato hanno usato termini simili per lanciare accuse di illegittimità sulla onferma di Amy Coney Barrett, sostenendo che nessun candidato alla Corte Suprema si era mai seduto così vicino alle elezioni presidenziali.

I REPUBBLICANI SI SONO PREOCCUPATI PIÙ DI HUNTER BIDEN CHE DELLA SEZIONE 230

“Il senatore Ted Cruz è quello che ha causato le più grandi controversie all’udienza di con il suo interrogatorio puntuale di Dorsey sul processo decisionale di Twitter in merito al rapporto del Post sugli affari di Hunter Biden”, si legge ancora su The Independent. Donald Trump e i suoi alleati – compresi i membri del Congresso – hanno cercato di collegare Biden ad accuse non provate di affari “corrotti” in Ucraina e Cina orchestrati da suo figlio, accuse che l’ex vice presidente ha liquidato come una campagna di disinformazione russa.

Cruz ha affermato che Facebook, Twitter e Google avevano l’obbligo di non sopprimere le informazioni basate su pregiudizi politici contro un certo punto di vista. “Non lo stiamo facendo”, ha risposto senza mezzi termini Dorsey, ripetendo il suo suggerimento secondo cui i legislatori richiedono alle grandi aziende tecnologiche di pubblicare note sulle loro decisioni per segnalare o censurare determinate storie sulle loro piattaforme per fornire una maggiore “trasparenza”. Dorsey ha negato l’ipotesi di Cruz secondo cui Twitter avrebbe un profondo impatto sulle elezioni presidenziali statunitensi, suscitando uno sguardo di stupore da parte del senatore.

I REPUBBLICANI NON SANNO COSA VOGLIONO

“Nonostante i repubblicani si siano scagliati contro Dorsey e Zuckerberg per aver segnalato e censurato i contenuti di organi conservatori – inclusi diversi post e tweet di Trump – non hanno offerto alcun rimedio sostanziale. Wicker – si legge ancora su Independent – ha sottolineato che ha sostenuto l’abrogazione completa della sezione 230. Il senatore repubblicano del Colorado Cory Gardner ha esortato i legislatori a ‘stare molto attenti e non affrettarsi a legiferare in modi che soffocano le parole’. Gardner, che secondo i sondaggisti è il perdente nella sua corsa al Senato contro l’ex governatore democratico John Hickenlooper, ha evidenziato il dilemma che i legislatori devono affrontare per quanto riguarda la legge. ‘Non mi piace l’idea che le élite non elette a San Francisco o nella Silicon Valley decidano se il mio discorso è consentito sulla loro piattaforma’ – ha detto -. Ma mi piace ancora meno l’idea di Washington, DC, burocrati non eletti che cercano di imporre una sorta di moderazione dei contenuti politicamente neutrale”.

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