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Caso Apple Tim-cook

Caso Apple: San Bernardino non è l’unica richiesta

Quella dell’FBI non è l’unica richiesta di accesso ai dati ricevuta da Apple: la Corte dell’Eastern District di New York ha chiesto lo sblocco di ben 12 dispositivi. Il caso Apple divide il mondo della tecnologia Caso Apple. La richiesta dell’FBI ad Apple, di sbloccare l’iPhone 5c di uno degli attentatori della strage di San Bernardino…

Quella dell’FBI non è l’unica richiesta di accesso ai dati ricevuta da Apple: la Corte dell’Eastern District di New York ha chiesto lo sblocco di ben 12 dispositivi. Il caso Apple divide il mondo della tecnologia

Caso Apple. La richiesta dell’FBI ad Apple, di sbloccare l’iPhone 5c di uno degli attentatori della strage di San Bernardino non è l’unica pervenuta a Cupertino. Alla mela morsicata sono già arrivate altre richieste: in questo caso sono state avanzate dalla Corte dell’Eastern District di New York e prevedono lo sblocco di ben 12 dispositivi. A rivelarlo un documento di uno degli studi legali che segue Apple, lo ZwillGen Pllc di Washington DC.

Dal testo, si apprende che ad Apple veniva chiesto di estrarre dati sensibili quali chiamate, foto, messaggi e contatti da: 2 iPhone 3, 1 iPhone 4s, 3 iPhone 5s,  2 iPhone 6, 2 iPhone 6 Plus, 1 iPad 2 Wi-Fi e un altro dispositivo non specificato. Di questi, 7 dispositivi non sono dotati di iOS 8 e, quindi, della tecnologia di protezione alla base della disputa FBI-Apple (potevano essere analizzati senza intervento da parte di Apple). Non è possibile stabilire cosa sia stato richiesto di preciso.

Il caso Apple divide i Big della tecnologia

La richiesta dell’FBI ad Apple è diventata un caso su cui si sono espressi anche i big della tecnologia. Ad appoggiare la decisione di Apple è l’amministratore delegato di Google, Sundar Pichai, che afferma che chiedere alle compagnie di scardinare i codici di sicurezza dei cellulari per permettere all’Fbi di accedere ai dati costituirebbe un ‘precedente pericoloso’. È vero che ‘ le forze dell’ordine e le agenzie di intelligence devono affrontare importanti sfide nel proteggere la cittadinanza dal crimine e dal terrorismo’, scrive Pichai in una serie di tweet, ma ‘è una cosa completamente diversa, richiedere alle compagnie di rendere possibili azioni di hacking degli apparecchi e dei dati dei clienti, potrebbe essere un precedente preoccupante’.

Anche il ceo di Whatsapp, Jan Koum, si schiera con Apple: ‘Non potremmo essere più d’accordo. La nostra liberà è a rischio, dobbiamo impedire la creazione di un precedente del genere’.

Il caso Apple ha richiamato l’attenzione anche di Mark Zuckerberg, numero uno di Facbook, che durante il Mobile World Congress di Barcellona si è espresso a favore di Tim Cook. ‘Siamo in sintonia con Apple’ ha affermato Zuckerberg. ‘Crediamo che la crittografia dei dati sia quello che la gente vuole. Allo stesso tempo, come azienda tecnologica sentiamo di avere una grande responsabilità nell’aiutare il governo a prevenire il terrorismo. Facebook collabora da anni per eliminare messaggi, profili e pagine legate al terrorismo. Abbiamo politiche molto forti su questo tema, che di fatto vietano qualsiasi promozione di questo tipo. Ma chiedere ad un’azienda di creare una backdoor su un proprio dispositivo non credo sia la cosa giusta da fare’.

Di posizione completamente diversa è Bill Gates, cofondatore di Microsoft, che in intervista al Financial Times ha detto di non essere d’accordo con Tim Cook sul fatto che sbloccare un iPhone vuol dire mettere a rischio la sicurezza di tutti. ‘Questo è un caso specifico, non generale, in cui il governo chiede informazioni’, afferma Bill Gates, per il quale la richiesta dell’Fbi può essere paragonata a quella fatta su un particolare conto corrente bancario.

Bill Gates

Edward Snowden: non serve l’intervento di Apple per sbloccare l’iPhone

Per sbloccare l’iPhone della strage di San Bernardino non serve l’intervento della Apple, almeno secondo Edward Snowden, l’ex tecnico della CIA divenuto famoso per avere rivelato pubblicamente le intercettazioni di massa del governo statunitense e britannico. La richiesta, quindi, dell’FBI è per Snowden solo una scusa per ottenere uno strumento che servirà ad altri scopi.
Per accedere ai dati sull’iPhone in questione, infatti, si potrebbe sfruttare il metodo ‘chip de-capping’, ovvero una tecnica che consiste nello scollegare e analizzare fisicamente il chip con la memoria che contiene i dati (la cancellazione avviene sulla memoria al superamento dei dieci tentativi errati di sblocco). Si dovrebbe rimuovere con un forte acido il chip saldato sull’iPhone e provare a decifrare il contenuto con un fascio ionico focalizzato. La cosa è fattibile, ma rischiosa, come spiega ABC News.

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