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Arm

Tutto su Arm quotata al Nasdaq

L'offerta pubblica iniziale di Arm, con una valutazione di oltre 54 miliardi, è la più grande del 2023. Ma cos'ha di speciale la sua tecnologia?

 

Arm Holdings, la società britannica di progettazione di microchip controllata dalla holding giapponese SoftBank, ha raccolto ieri 4,8 miliardi di dollari: la sua offerta pubblica iniziale – le azioni inizieranno a scambiarsi oggi alla borsa di New York – è finora la più grande del 2023, dato che la valutazione dell’azienda è di 54,5 miliardi.

UN SUCCESSO A METÀ PER SOFTBANK

Per SoftBank – che dopo aver acquisito Arm l’aveva ritirata dalla borsa – è un successo a metà. Il mese scorso, infatti, il gruppo aveva acquisito direttamente una quota del 25 per cento di Arm a una valutazione di 64 miliardi. Tuttavia, l’anno scorso SoftBank aveva raggiunto un accordo con NVIDIA (un altro peso massimo dei semiconduttori) per venderle la società a 40 miliardi, poi abbandonato per via dell’opposizione delle autorità antitrust.

ECCO COME ARM SARÀ QUOTATA

Arm ha fissato il prezzo dell’offerta pubblica iniziale a 51 dollari per azione, contro la forchetta di 47-51 dollari ipotizzata in precedenza: il prezzo di collocamento valuta – come detto – il gruppo a 54,5 miliardi di dollari, su base completamente diluita.

SoftBank, l’unico venditore dell’offerta, dovrebbe raccogliere circa 5 miliardi di dollari. La holding giapponese aveva previsto di vendere le azioni a un prezzo compreso tra 47 e 51 dollari l’una.

Le contrattazioni su Arm verranno seguite con attenzione per valutare lo stato di salute del mercato delle offerte pubbliche iniziali (Ipo); un mercato che dall’anno scorso ha subito una battuta d’arresto. Secondo il Wall Stret Journal, infatti, questo è il periodo più fiacco per le Ipo tradizionali a Wall Street da almeno vent’anni per via dell’aumento dei tassi di interesse e dell’inflazione che hanno allontanato gli investitori dalle scelte più rischiose. Si tratta comunque, quella di Arm, della più grande Ipo del 2023.

I CLIENTI-INVESTITORI

Molti dei principali clienti di Arm, tra compagnie tecnologiche e società produttrici di chip, hanno investito nell’offerta pubblica iniziale: tra questi Apple, Alphabet, Intel, Samsung Electronics, Advanced Micro Devices e la già citata NVIDIA.

DOVE VANNO A FINIRE I CHIP DI ARM

I microchip progettati da Arm vengono inseriti in moltissimi dispositivi elettronici: lavatrici, smartwatch, droni, smartphone, computer. Sono presenti nei sofisticati server dei centri dati, e anche nelle automobili.

Arm domina letteralmente il mercato dei telefoni cellulari con una quota del 99 per cento. Questo mercato, però, si trova in una fase di stagnazione che impatta sugli ordini di chip e infine sulle vendite di Arm, che nell’annualità conclusasi lo scorso marzo sono scese a 2,6 miliardi di dollari.

La società ha spazio per espandersi nel mercato del cloud computing (il suo market share è del 10 per cento) e delle automobili connesse (41 per cento). Le previsioni dicono che il segmento cloud di Arm crescerà a un tasso annuale del 17 per cento da oggi al 2025, stimolato dai progressi nell’intelligenza artificiale che hanno già fatto la fortuna di NVIDIA. Il segmento automobilistico dovrebbe invece crescere a un tasso annuo del 16 per cento. Le previsioni per il mercato degli smartphone parlano di una crescita di appena il 6 per cento.

Ciò che preoccupa gli investitori di Arm è la sua esposizione alla Cina, viste le tensioni con l’Occidente – con gli Stati Uniti, principalmente – sulle forniture di tecnologie avanzate per i chip. Nell’anno fiscale 2023 le vendite in Cina hanno rappresentato il 24,5 per cento delle entrate dell’azienda (2,68 miliardi).

COS’HA ARM DI COSÌ SPECIALE?

Nel mondo, più di 240 miliardi di microchip vengono realizzati con la tecnologia di Arm. La cosa interessante è che Arm non produce i suoi chip: non possiede affatto delle fabbriche e conta circa seimila dipendenti (relativamente poco, per il settore). L’azienda si “limita” – per così dire – alla fase di progettazione e poi fornisce in licenza i propri design ad altre società, incassando una quota sulla base di quante unità vengono realizzate con i suoi modelli. Società come Intel, per esempio, vendono microchip che hanno sia progettato che fabbricato.

La popolarità di Arm si deve proprio al suo modello di business, spiegava l’Economist, che rimuove alle società manifatturiere la necessità di investire nella progettazione dei chip, una fase che richiede competenze tecniche molto specifiche e avanzate, considerando anche come questi dispositivi diventino sempre più complicati. Come ha scritto il sito specializzato ZDNET, “Arm ha fatto per loro [le aziende che fabbricano microchip, ndr] la parte difficile”.

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