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Tutta la verità sull’addio a Facebook del fondatore di WhatsApp  

Dopo il congedo dei due cofondatori di Instagram, per la prima volta il fondatore dell’app WhatsApp, Brian Acton, parla del suo addio a Facebook

Tutti lasciano Facebook. A inizio settimana i co-fondatori di Instagram, Kevin Systrom e Mike Krieger, hanno annunciato che si sarebbero dimessi dalla compagnia di Menlo Park per “esplorare di nuovo la nostra curiosità e creatività”. Un anno fa esatto diceva addio al gruppo guidato da Mark Zuckerberg Bian Acton, il co-fondatore di Whatsapp, senza dare spiegazioni.

Come i due fondatori di Instagram nel 2012 avevano ceduto l’app di condivisione foto a Zuckerberg per un miliardo di dollari, anche Acton nel 2014 aveva ceduto l’app di instant-messaging più famosa del mondo al papà di Facebook per la modica cifra di 19 miliardi di dollari, una delle più straordinarie acquisizioni tecnologiche del decennio.

QUESTIONE DI PRIVACY

Dopo un anno, Brian Acton si è deciso a parlare. “Ho venduto la privacy dei miei utenti per un beneficio maggiore, ho fatto una scelta e un compromesso con cui convivo ogni giorno” ha dichiarato in una lunga intervista a Forbes.

Lasciando Facebook nel settembre scorso, Acton ha perso anche fino a 850 milioni di dollari in azioni, dal momento che i diritti su quella tranche finale di azioni non erano ancora maturati. Da allora, nessuna parola sui motivi della rottura. Adesso però il co-fondatore di Whatsapp ammette che potrebbe aver perso la privacy dei propri utenti quando ha accettato l’acquisizione da parte di Facebook.

MANCATO IDILLIO

È il servizio gratuito di messaggistica più famoso al mondo, è utilizzato da più di 1,5 miliardi di persone e fornisce messaggistica criptata senza pubblicità. Decisamente appetitosa agli occhi di Mark Zuckerberg che nel 2014 ha speso 19 miliardi di dollari pur di prendere Whatsapp nella famiglia Facebook.

GLI ATTRITI CON ZUCKERBERG

Ora che Whatsapp era sotto la sua, Zuckerberg intendeva monetizzare l’app attraverso due modi, ha raccontato Acton. Il primo riguardava annunci mirati nella nuova funzione Status di WhatsApp, una sorta di rottura del social contact con i suoi utenti per il co-fondatore. “La pubblicità mirata è ciò che mi rende infelice”, ha dichiarato Acton il cui motto su WhatsApp era stato “Niente pubblicità, niente giochi, niente trucchi”, un contrasto diretto con una casa madre che ricava il 98% delle sue entrate dalla pubblicità.

UN WHATSAPP INTRUSIVO

La seconda opzione per trarre profitti dall’app era vendere strumenti aziendali per chattare direttamente con gli utenti di WhatsApp. Una volta che le aziende erano a bordo, Facebook sperava di vendere loro anche strumenti di analisi in modo da ottenere informazioni sugli utenti. Inaccettabili entrambi per il fondatore di WhatsApp. Una sfida vinta per Acton è stata invece l’introduzione della crittografia end-to-end, che impedisce a chiunque, compresi WhatsApp e Facebook, di leggere i messaggi inviati dagli utenti. Ma le visioni sull’evoluzione dell’app di instant messaging sono ormai inconciliabili e a settembre 2017 Brian Acton si congeda dal gruppo guidato da Mark Zuckerberg. Secondo Forbes, a partire dall’anno prossimo WhatsApp pubblicherà annunci nella sua funzione Status, ma “i messaggi rimarranno crittografati end-to-end. Non ci sono piani per cambiarlo”.

POST-FACEBOOK

Dalla sua uscita di scena a Menlo Park un anno fa, Acton ha investito 50 milioni di dollari nell’app Signal – degna rivale della sua ex-figliola WhatsApp. Si è dedicato alla filantropia con ben 1 miliardo di dollari, sostenendo lo sviluppo della prima infanzia e l’assistenza sanitaria nelle aree povere degli Stati Uniti. Continuando a tacere sulle motivazioni che l’avevano portato ad abbandonare la sua creatura. Arriviamo a marzo, quando la bufera del datagate Cambridge Analytica si abbatte su Facebook, e Brian Acton si esprime sulla vicenda cinguettando un conciso tweet che divenne rapidamente virale: “È tempo. #deletefacebook”. Ora ci ha spiegato perché.

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