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Google Antitrust

Accusa di insider trading per Google sugli annunci pubblicitari

Google ha gestito per anni un programma segreto che presumibilmente le dava un vantaggio sleale sugli annunci pubblicitari rispetto agli inserzionisti rivali. È quello che emerso da documenti depositati presso il tribunale del Texas nella causa antitrust multistato intentata a dicembre 

 

Google avrebbe goduto di un vantaggio sleale per i propri annunci pubblicitari rispetto ad altri inserzionisti.

È quello che emerge dal documento depositato dal colosso di Mountain View presso il tribunale del Texas nella causa antitrust avviata lo scorso dicembre da un gruppo di dieci stati a guida repubblicana. La causa sostiene che Google sta diminuendo la capacità degli editori di monetizzare i contenuti aumentando al contempo i costi degli inserzionisti.

Dal documento emerge che Google ha sfruttato il Project Bernanke, uno strumento che avrebbe permesso all’azienda di ottenere importanti vantaggi nel mercato della vendita degli spazi pubblicitari online basandosi sullo storico delle transazioni.

Le preoccupazioni con Project Bernanke sono fondate sul fatto che Google è sia la piattaforma di aste pubblicitarie, sia un acquirente di annunci. Alcuni definiscono questo vantaggio ingiusto come insider trading.

L’azione antitrust contro Google per abuso di posizione dominante nel settore della pubblicità digitale si aggiunge alla causa antitrust intentata dal dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, affiancato da 11 stati.

Inoltre, gli strumenti di pubblicità digitale di Google hanno subito pesanti critiche mentre la società si prepara a bloccare gli annunci che utilizzano i cookie.

Tutti i dettagli.

COSA EMERGE DALLA DOCUMENTAZIONE DI GOOGLE

La documentazione, visionata dal Wall Street Journal, fa parte della risposta iniziale di Google a una causa antitrust sulla sua posizione dominante nel mercato pubblicitario.

La causa intentata dal Texas è incentrata sul ruolo di Google sia come operatore di un importante scambio di annunci sia come rappresentante di acquirenti e venditori sullo scambio.

Il documento depositato della società di Mountain View non è stato correttamente redatto quando è stato caricato online per la prima volta. Da allora è stato ripubblicato con i riferimenti al Project Bernanke rimossi.

Tramite il programma Project Bernanke, Google ha utilizzato l’accesso ai server degli editori per avere il sopravvento nelle negoziazioni sui prezzi con gli inserzionisti.

Non solo, Project Bernanke ha generato annualmente centinaia di milioni di dollari di entrate per l’azienda, secondo la prima versione del documento.

COS’È L’INCRIMINATO PROJECT BERNANKE

Come spiega Tecnocloude, “Google utilizzava i dati dei publisher per capire cosa pagavano gli altri inserzionisti e cosa avrebbero dovuto pagare per ottenere posizionamenti specifici e quindi utilizzava tali dati per modellare le loro offerte al fine di vincere le aste più importanti per loro, presumibilmente alle tariffe più basse possibile. Le preoccupazioni con Project Bernanke sono fondate sul fatto che Google è sia la piattaforma di aste pubblicitarie, sia un acquirente di annunci”.

Secondo il Journal, gli avvocati dello stato del Texas hanno affermato che ciò equivaleva a Google che si impegnava in insider trading nei mercati della pubblicità digitale. In questo modo Big G avrebbe goduto di un vantaggio sleale rispetto agli strumenti di acquisto di annunci concorrenti.

LA POSIZIONE DI BIG G

Google ha riconosciuto l’esistenza del Progetto Bernanke, ma ha negato che ci fosse qualcosa di inappropriato nell’usare il suo accesso a informazioni esclusive per informare le offerte.

L’azienda ha affermato che la tecnica era “paragonabile ai dati conservati da altri strumenti di acquisto”. Ha aggiunto inoltre che il reclamo “travisa molti aspetti della nostra attività di tecnologia pubblicitaria”.

IL SETTORE PUBBLICITARIO E GOOGLE

Google gestisce un grande scambio pubblicitario, in cui editori e inserzionisti acquistano e vendono annunci e rappresenta anche quegli acquirenti e venditori sullo scambio. L’azienda vende anche annunci su YouTube e sul motore di ricerca di Google.

Secondo Google, nel 2018 ha pagato più di 14 miliardi di dollari ai partner editoriali nella sua rete pubblicitaria, rispetto ai 10 miliardi di dollari del 2015. Gli editori mantengono circa il 70% delle entrate quando utilizzano i prodotti Google, una cifra superiore alla media del settore.

L’ADDIO SUI COOKIE

Il gigante della ricerca sta già affrontando un’indagine avviata dal regolatore antitrust del Regno Unito sulla sua decisione di eliminare i cookie di terze parti per tracciare gli utenti e sostituirli con nuovi strumenti per la pubblicità digitale.

Secondo i critici Google starebbe utilizzando strumenti orientati alla privacy per aumentare la propria attività pubblicitaria. Nell’ambito della sua riorganizzazione dei cookie, Google sta lavorando a una tecnologia che mostrerebbe annunci pubblicitari basati sul posizionamento degli utenti in ampi gruppi di interesse.

L’ACCUSA DI COLLUSIONE CON FACEBOOK

Infine, Google è anche accusata di collusione con Facebook per mettere fuori gioco la concorrenza. Secondo l’accusa i due principali player nella pubblicità online avrebbero stretto un patto segreto illegale nel 2018 per dividere il mercato degli annunci su siti Web e app.

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