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Un green new deal italiano? Ripartire dal già fatto

Le intenzioni del governo Conte 2 sul green new deal, quello che è già stato fatto, la voce dei territori e la posizione di Uncem

Un paradosso. Di quelli da tenere a mente quando decidiamo di dare fiducia alla politica. Da una settimana, almeno, non c’è nulla di politicamente più corretto che parlare di lotta ai cambiamenti climatici, green economy, coscienza di massa, manifestazioni per salvare il pianeta.

Va tutto bene. Il pianeta si riscalda e le fonti energetiche tradizionali che fino ad oggi hanno mosso il mondo vanno superate. Entro il 2030, è stato ribadito alla recente conferenza Onu sul clima, dove peraltro mancavano i Paesi che inquinano di più. Non sarà facile centrare gli obiettivi globali per mille ragioni che toccano accordi commerciali, geopolitica, grandi company e via discorrendo.

Il governo Conte bis ha posto tra le sue priorità un green new deal, raccontato anche alla Conferenza Onu della scorsa settimana. Vogliamo dargli fiducia, come si diceva, al netto, però, del paradosso che il suo esecutivo vive. Il fatto, cioè, che nel 2015 il Parlamento approvò una buona legge green, rimasta, però, incompiuta, perché mancano i decreti attuativi. È la n.221 che contiene disposizioni su green economy, dissesto idrogeologico, mobilità elettrica e sostenibile, sostegno alla raccolta differenziata dei rifiuti, incentivi agli acquisti verdi, istituzione delle green communities e delle “oil free zone” per le aree montane. Una specie di buon decalogo del fare da tutti noi molto apprezzato. E rilevante, nella legge, anche la parte che favorisce le imprese verdi e il turismo. 79 articoli, dunque, che tracciano un futuro degno delle più nobili idee di Greta Thunberg e del suo movimento internazionale. Per quale motivo dobbiamo essere giudicati come quelli che arrivano tardi?

Molte di quelle norme riguardano i Comuni montani, che sono i malati e i medici al tempo stesso dei danni ambientali. La loro organizzazione Uncem nei giorni della mobilitazione dei giovani, è andata a parlarne con i Ministri dello Sviluppo economico Patuanelli e dell’Ambiente Costa. Che dire? Che quel collegato ambientale alla legge di bilancio 2016 ci avrebbe risparmiato molte litanie ambientaliste e fatto guadagnare due anni sulla tabella di marcia verso i traguardi del climate change. Tanto più che le aziende italiane del settore energetico stanno investendo fior di miliardi. Purtroppo molti importanti provvedimenti non sono ancora stati declinati in opportunità e scelte politiche, ha detto il Presidente Uncem, Marco Bussone. Il Parlamento e il governo possono intervenire già ora, prima di fare nuove leggi. Per essere credibili – nel vero o post Renzi, il cui governo varò quella legge- devono trovare subito i soldi. I decreti che mancano possono cambiare la prospettiva italiana, ed oltre alle aziende anche gli enti locali faranno la loro parte. Sono pronti, aspettano solo gli strumenti. Io dico che se si ha coscienza e non si declamano a vuoto impegni di tale portata, c’è una buona base da cui partire.

Quell’“ecologia integrata” di cui parla Papa Francesco nell’Enciclica Laudato è qualcosa di cui i precedenti governi si erano fatti carico senza preoccuparsi, poi, dell’efficacia dei provvedimenti. Conte ha ragione a voler sfidare i giovani che manifestano per l’ambiente dando una sterzata alla politica economica italiana. Ma prima ancora di varare nuovi provvedimenti che richiedono passaggi complessi e concertati a più livelli, è saggio misurare i comportamenti politici rispetto a quello che già c’è. E se qualcosa non va più bene, in Parlamento c’è una ampia maggioranza “ambientalista “. I Comuni, oltretutto, aspettano piani di organici dei territori dove ci sono risorse necessarie allo sviluppo delle comunità.

Si devono aprire nuovi rapporti con le imprese dei settori energetici – ha spiegato Bussone – rendendo i territori coproduttori dei beni nati dal combinato di risorse e territorio. Energia primaria, acqua, giacimenti naturali vanno gestiti in modo sostenibile, con dialogo e competenza, guarda caso com’è nello spirito della legge. La transizione energetica è tema con più facce, ma non può prescindere dai territori, da chi li vive ed amministra. La storia recente di infrastrutture progettate, bloccate e poi riprese dice che se non concerti le decisioni non fai molta strada. L’Italia ha le sue occasioni per il cambio di passo e di azioni vere, richiesto da migliaia di giovani tre giorni fa. Ci sono nuove opportunità per mettere in circolo risorse economiche anche con la programmazione dei fondi europei 2021-2027. Un percorso da intraprendere, senza fughe in avanti, con piedi ben piantati per terra, studiando per bene quello che è stato già fatto. Ricordate il precedente governo giallo verde, accusato di voler smantellare a tutti i costi le misure del centrosinistra? Se così fosse saremmo davanti ad un assurdo gioco di autolesionismo. A meno che non si voglia restare prigionieri di un curioso paradosso.

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