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Asia Pacifico

Cosa succede nell’Asia Pacifico fra geopolitica e green economy

Rischi e opportunità sul fronte della green economy nella regione Asia Pacifico. L'analisi di Meera Patel, Senior Manager - Sustainable and Thematic Investments di GAM

Nell’ultimo decennio abbiamo assistito all’emergere di una crescente community della sostenibilità nell’area Asia-Pacifico, che abbraccia governi, aziende e investitori. Ciò è dovuto principalmente al ruolo significativo della regione dal punto di vista economico, demografico e delle emissioni, ma anche alla crescente necessità di fronteggiare in modo concreto gli impatti del cambiamento climatico. Le catene di approvvigionamento della green economy dipendono più che mai dalla produzione asiatica, con la Cina che domina i pannelli solari, la lavorazione dei minerali critici e la produzione di batterie, mentre il Giappone e la Corea del Sud sono leader nella strategia e nella commercializzazione dell’idrogeno verde grazie agli accordi commerciali regionali.

Tra le crescenti tensioni geopolitiche e la continua ondata di colpi di scena elettorali, le principali economie asiatiche, che utilizzano la green economy come motore per stimolare la crescita futura e migliorare la sicurezza energetica, sono esposte all’incertezza nell’ambito delle revisioni normative globali – cosa che provoca sia venti di coda che venti contrari.

PERCHE’ E’ COSì IMPORTANTE?

Da quando, nell’agosto del 2022, gli Stati Uniti hanno firmato la legge sulla riduzione dell’inflazione (Inflation Reduction Act, IRA) da 370 miliardi di dollari, le catene di approvvigionamento di energia pulita dell’Asia e i livelli di investimenti diretti esteri (IDE) hanno subito un impatto negativo, tanto che il Rapporto sugli investimenti mondiali 2024 delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo stima una diminuzione dell’8% degli investimenti diretti esteri nell’Asia in via di sviluppo nel 2023.

Con l’obiettivo di ridurre i costi energetici per le famiglie e le imprese statunitensi accelerando gli investimenti privati in soluzioni energetiche pulite, rafforzando le catene di approvvigionamento locali e creando opportunità di lavoro a livello locale, l’IRA (Inflation Reduction Act) ha reindirizzato i flussi di investimento in un contesto difficile caratterizzato da tassi di interesse elevati e dal dilemma di un eccesso di offerta per i titoli dell’energia pulita.

Una vittoria repubblicana alle elezioni presidenziali statunitensi di novembre potrebbe potenzialmente indebolire l’introduzione e l’attuazione dell’IRA (Inflation Reduction Act), con gli incentivi rivolti ai consumatori, come i crediti d’imposta per i veicoli elettrici, e i settori altamente dipendenti dalla tecnologia, come l’idrogeno e la cattura del carbonio, che subiscono le maggiori pressioni. È inoltre probabile che una rinnovata attenzione alle preoccupazioni delle società straniere caratterizzerà i titoli dei giornali, con un impatto negativo sui settori cinesi dei veicoli elettrici e dell’energia pulita.

INVESTIMENTI, QUALI OPPORTUNITA’?

Gli Stati a maggioranza repubblicana hanno tratto grande beneficio da una rinascita del settore manifatturiero trainata dall’IRA (Inflation Reduction Act) e dalla relativa creazione di posti di lavoro, per cui è altamente improbabile che tutti i sostegni vengano revocati, a prescindere dal partito che vincerà a novembre. Alla luce delle sfide poste dall’invecchiamento delle infrastrutture, la produzione di impianti solari su larga scala e di stoccaggio di energia rimarrà una priorità strategica fondamentale e finora ha prevalso sugli annunci di nuovi impianti. Diverse aziende coreane del settore dell’energia pulita sono ben posizionate per beneficiare di un sostegno continuo e offrono il vantaggio aggiuntivo dell’integrazione, operando in tutte le principali catene di fornitura del solare, investendo al contempo in una tecnologia di rivestimento delle batterie all’avanguardia, che potrebbe ridurre i costi del 17%-30%.

L’Asia rappresenta oltre due terzi della capacità globale dell’industria pesante e attualmente è ampiamente riconosciuto che l’unico modo per portare queste industrie a zero emissioni nella scala richiesta è attraverso tre tecnologie avanzate: forni elettrici ad arco, idrogeno e cattura del carbonio. Sebbene siano state annunciate numerose proposte di progetti di decarbonizzazione da parte di aziende industriali di primo piano, le inefficienze energetiche e i costi rimangono i principali ostacoli alla scalabilità di queste tecnologie. Tuttavia, su base relativa, l’Asia ha compiuto progressi significativi. Ad esempio, ciò è evidente dalla capacità della Cina di produrre idrogeno a circa la metà del costo degli equivalenti europei, consentendo la scalabilità degli elettrolizzatori e l’impatto a catena di una rapida deflazione dei costi, come si è visto in altre parti della catena di valore dell’energia pulita. Eventuali passi indietro dell’IRA (Inflation Reduction Act) sull’idrogeno e sulla cattura del carbonio potrebbero fornire un’ulteriore spinta alle aziende asiatiche.

C’è una fonte di energia tradizionale su cui la maggior parte dei Paesi e dei policymaker sembra essere d’accordo e che è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi net zero: il ruolo del nucleare nel mix energetico. Sebbene la transizione dagli impianti a carbone e a gas alle centrali atomiche sia ben avviata, le sfide di natura ingegneristica restano un problema.

A breve termine, il divieto degli Stati Uniti di importare prodotti a base di uranio dalla Russia, che rappresenta il 40% della capacità globale, potrebbe ridurre le forniture e due aziende leader nell’arricchimento dell’uranio con sede in Europa potrebbero beneficiare di questa interruzione. In Asia, nell’ambito della partnership Sapporo 5, il Giappone si è impegnato ad aumentare l’arricchimento da 75 a 450 tonnellate all’anno entro il 2027, mentre la Cina ha trascorso gli ultimi due decenni diventando sempre più autosufficiente in questo settore.

Sebbene le dinamiche geopolitiche rimangano imprevedibili, la comprensione dell’impatto dei vari scenari è fondamentale per identificare i rischi, le pressioni inflazionistiche e il progresso o il mancato raggiungimento degli ambiziosi obiettivi net zero.

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