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Fortune

Tutte le mosse statunitensi per la quotazione di Aramco a New York

L’analisi di Fabio Vanorio, blogger di Start Magazine L’IPO (Initial Public Offering) della saudita Aramco rappresenta il fulcro del piano di modernizzazione dell’economia del Regno saudita, “Vision 2030”, auspicato e condotto dal Principe ereditario Mohammed bin Salman. Saudi Aramco, in origine di proprietà statunitense e risalente a Standard Oil of California e Texas Oil Company,…

L’IPO (Initial Public Offering) della saudita Aramco rappresenta il fulcro del piano di modernizzazione dell’economia del Regno saudita, “Vision 2030”, auspicato e condotto dal Principe ereditario Mohammed bin Salman.

Saudi Aramco, in origine di proprietà statunitense e risalente a Standard Oil of California e Texas Oil Company, è oggi la società petrolifera statale dell’Arabia Saudita, con un ruolo fondamentale nell’economia interna e nel finanziamento pubblico saudita.

La governance di Aramco punta, con il progetto di IPO, a superare ogni record nella raccolta, avendo previsto un target di 100 miliardi di dollari vendendo solo il 5% della società. Anche se per molti analisti l’obiettivo è ritenuto eccessivo, se fosse comunque pari anche solo alla metà di questo obiettivo sarebbe comunque il doppio dell’attuale IPO record realizzata dal gruppo cinese Alibaba Group Holding Ltd. con 25 miliardi di dollari raccolti realizzata a New York nel 2014.

E’ facile dunque immaginare come la scelta della piazza finanziaria da parte di Riyadh possa rappresentare un interesse strategico per ogni Stato interessato ad ospitare l’operazione. Ad oggi, il Principe ereditario Mohammed bin Salman non ha mai nascosto la sua preferenza per New York (NYSE o NASDAQ), per il potenziale guadagno e per il sicuro prestigio che ne comporterebbero. A tal fine, sono noti i suoi meeting nel 2017 con JPMorgan Chase & Co., Evercore Partners Inc., Moelis & Co. e Morgan Stanley per discutere degli aspetti critici della quotazione.

Il suo stretto rapporto con il Presidente Donald J. Trump rappresenta un ulteriore fattore da considerare. Il pressing realizzato dal Presidente Trump per la realizzazione dell’IPO saudita a New York è stato finora notevole. In tal senso va ricordato il tweet postato nel novembre scorso, con il quale Trump ha enormemente alzato la posta in gioco rispetto a Cina, Regno Unito, Hong Kong e Singapore che si stanno ponendo come alternative. Il tweet è stato inviato mentre il Presidente Trump era a bordo dell’Air Force One diretto da Honolulu a Tokyo e, in quell’occasione, ha detto ai giornalisti presenti sull’aereo di essere stato motivato a farlo poiché l’IPO di Aramco “sarà la più grande di sempre” e perché gli Stati Uniti vogliono “avere tutte le maggiori quotazioni”.

trump

 

Nel rapporto con Trump, Mohammed bin Salman si è sempre mostrato molto interessato, concentrandosi non solo sui legami diplomatici e militari, ma anche sugli investimenti, la tecnologia ed anche la cultura. Le recenti relazioni tra Aramco e Alphabet Inc. (sussidiaria di Google) verso una maggiore diffusione di tecnologie digitali nell’estrazione di petrolio e gas alimentano questa tendenza.
Studi legali e banche al lavoro sull’IPO si mantengono cauti, tuttavia, a causa delle rigide normative sull’obbligo di divulgazione delle cifre relative alle riserve petrolifere, sulle norme contabili e sul potenziale contenzioso che potrebbe causare una legge approvata nel settembre 2016 negli Stati Uniti che consente alle famiglie delle vittime dell’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 di citare in giudizio il Regno saudita.

Membri del team IPO di Aramco hanno recentemente avanzato una “last resort option”, creando, e quindi quotando, solo una sussidiaria dotata di alcune delle risorse upstream e downstream di Aramco. Una tale mossa potrebbe potenzialmente proteggere il gruppo da cause legali.

D’altro canto, anche i maggiori hedge e mutual funds statunitensi stanno mostrando scetticismo nei confronti dell’operazione, evidenziando tre problemi principali relativi alla IPO: (1) la valutazione (ritenuta eccessiva) di Aramco pari a 2 trilioni di dollari USA, (2) il rapporto (non attrattivo) dividendo/prezzo (dividend yield) che Aramco sarebbe disposto a distribuire agli investitori, e (3) le aspettative di raffreddamento dei prezzi del petrolio nel medio termine causate dalle ipotesi di aumento della produzione di petrolio negli Stati Uniti.

L’importanza del deal sembra comunque poter superare ogni ostacolo. Secondo Jason Bordoff, Direttore del Center on Global Energy Policy alla Columbia University e Senior Oil Official nell’Amministrazione Obama, il tweet di Trump è da ritenersi come “energy geopolitics in action”. Mentre altri politici, tra cui Theresa May e Shinzo Abe, hanno esercitato semplici pressioni politiche su Riyadh per attirare Aramco nelle loro rispettive Borse nazionali, il tweet di Trump è di gran lunga la proposta più eclatante fatta a Riyadh, indicatore di una motivazione che, anche in considerazione della concretezza dei recenti accordi conclusi in materia di armamenti tra i due Paesi, potrebbe condurre al successo dell’operazione in breve tempo.

Fabio Vanorio

DISCLAIMER: Tutte le opinioni espresse sono da ricondurre all’autore e non riflettono alcuna posizione ufficiale riconducibile né al Governo italiano, né al Ministero degli Affari Esteri e per la Cooperazione Internazionale. Laddove il tema è inerente a relazioni internazionali, il testo è stato autorizzato per la pubblicazione dal Ministero degli Affari Esteri e per la Cooperazione Internazionale.

QUI SI PUO’ LEGGERE IL POST PRECEDENTE DI VANORIO E LA BIOGRAFIA

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