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Sussidi Green

Tutte le ire dell’Europa sull’Ira di Biden

Tutte le ultime novità sull'Ira, il mega piano di sussidi e incentivi dell'amministrazione Biden per la transizione energetica, che sta facendo sbuffare gli Stati europei. Fatti e approfondimenti

 

Continua lo scazzo transatlantico sull’Ira, il provvedimento bandiera dell’Amministrazione Biden che faciliterà a colpi di sussidi e di esenzioni fiscali la transizione verde in America ma che gli alleati europei considerano protezionista e sleale. Gli ultimi ad alzare la voce da questa parte dell’Oceano sono stati la nuova Segretaria al commercio britannica Kemi Badenoch ed alcune associazioni industriali europee. A tutti ha replicato con freddezza John Podesta, lo zar dell’energia verde di Biden e ispiratore della stessa Ira, con una franchissima intervista sul Financial Times.

La preoccupazione della Gran Bretagna.

Fresca di nomina, la Segretaria di Stato britannica per gli Affari del commercio Kemi Badenoch è intervenuta a un evento politico e, come riferisce Fox Business, ha ribadito la posizione del suo Paese nei confronti dell’Ira, sottolineando come Londra, esattamente come le altre capitali europee, “sta guardando con preoccupazione a ciò che stanno facendo gli Stati Uniti”.

Bollando il provvedimento come “protezionista”, la Badenoch ha affermato che la Gran Bretagna sta “lavorando molto bene con un gruppo di Paesi affini che sono preoccupati” per le conseguenze dell’Ira.

“L’Ue è molto preoccupata”, sono state le parole del Segretario, “e stiamo lavorando congiuntamente con essa. Ma non c’è solo l’Ue. Il Giappone è preoccupato, la Corea del sud è preoccupata, e la Svizzera è preoccupata”.

L’inquietudine dei gruppi d’affari europei.

Come messo in evidenza dal Financial Times, in settimana hanno fatto sentire la loro voce anche alcune associazioni di categoria europee, intervenendo dopo l’approvazione di un nuovo pacchetto dell’Amministrazione Biden che vedrà l’esecutivo investire ulteriori 7 miliardi di dollari in componenti per batterie elettriche, 7,5 miliardi in postazioni per la ricarica e 10 miliardi nelle reti di trasporto pulite.

“Il nostro più importante partner commerciale”, ha dichiarato Luisa Santos, direttore generale di BusinessEurope, “decide di fare le cose nel proprio esclusivo interesse. Ma poi vogliono il nostro sostegno sulla Cina”.

Cecilia Bonefeld-Dahl, portavoce di DigitalEurope, che rappresenta il settore tecnologico del Vecchio Continente, paragona gli ultimi incentivi Usa a un “dejà vu”. “Il modo per raggiungere i nostri comuni obiettivi climatici, sono state le parole di Bonefeld-Dahl, “non è attraverso più clausole ‘compra americano’, ma attraverso azioni comuni e standard comuni”.

Il “non mi scuso” di Podesta.

Nonostante l’affollarsi e l’intensificarsi delle voci critiche, l’Amministrazione Biden non sembra intenzionata a fare passi indietro o concessioni. Ne è una riprova l’intervista concessa al Financial Times dallo zar per l’energia pulita del governo John Podesta, uno dei registi dell’Ira.

Gli Stati Uniti, ha affermato Podesta, “non si scuseranno” per aver scelto una politica per la transizione energetica che darà la priorità alle aziende e alla forza lavoro Usa.

“Non ci scuseremo”, sono state le sue parole, “per la nostra convinzione che i soldi dei contribuenti americani debbano favorire investimenti americani e posti di lavoro americani”.

Piuttosto che contestare l’America, ha sottolineato Podesta, gli alleati europei dovrebbero “ringraziare la leadership Usa”, ossia fare proprio come hanno fatto loro, incentivando la propria transizione energetica.

“Noi speriamo”, è il suo auspicio, “che le industrie europee ce la facciano, ma è compito dell’Europa fare la propria parte”.

“Se c’è una competizione qui” – enfatizza Podesta minimizzando lo scenario di un duello industriale transatlantico all’ultimo sussidio – è una competizione per risolvere la crisi climatica … e penso che gli Europei debbano dare il benvenuto alla leadership Usa in questa competizione”.

“La sfida di gestire la crisi climatica richiede”, secondo Podesta, “la trasformazione dell’economia globale su una scala mai vista prima nella storia umana,  dunque c’è ampio spazio per la partecipazione di tutti”.

Stati Uniti ed Europa dovrebbero operare in sincrono anche per un’altra valida ragione: la concorrenza del rivale cinese, la cui attuale supremazia in alcuni ambiti del comparto green rappresenta una “vulnerabilità” tanto per gli Usa quanto per i suoi alleati.

“Lo abbiamo visto nella guerra in Ucraina”, è stato il commento di Podesta, “con la dipendenza dell’Europa dalle fonti fossili della Russia, cosa può succedere quando un Paese decide di usare il suo potere di mercato come un’arma”.

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