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Piano

Perché il piano industriale Ue è un sussurro rispetto all’Ira di Biden

Il piano di risposta dell’Unione europea al neo-protezionismo americano sembra abbastanza moderato, non solo nei contenuti ma anche nei toni. L'articolo di Sergio Giraldo.

Il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato la settimana scorsa la risposta europea all’Inflation Reduction Act (IRA), il piano di sussidi alle aziende avviato lo scorso agosto dal presidente americano Joe Biden. Il Green Deal Industrial Plan elaborato a Bruxelles, afferma la Commissione, migliorerà la competitività dell’industria net zero europea e supporterà la transizione ecologica. Per ora si tratta solo di una comunicazione della Commissione, ma la bozza sarà discussa già nel prossimo consiglio europeo del 9 e 10 febbraio.

COSA PREVEDE IL PIANO UE PER L’INDUSTRIA VERDE

Il primo pilastro della nuova strategia europea sarà un quadro regolatorio più snello, che consenta di evitare l’eccesso di burocrazia. La Commissione intende proporre per questo un Net-Zero Industry Act che individui gli ostacoli e semplifichi il quadro, per consentire una più rapida crescita economica. L’Atto sarà completato da un provvedimento sulle materie prime critiche, che favorisca un accesso adeguato ai materiali industriali necessari alla transizione energetica, e da una riforma del mercato dell’elettricità, per permettere ai consumatori di beneficiare dell’aumento della produzione da fonti rinnovabili.

In secondo luogo, l’Unione intende favorire gli investimenti e il finanziamento delle iniziative industriali. Per fare ciò, la Commissione propone di dirottare su questa iniziativa i fondi inoptati, dunque ancora disponibili, del Next Generation Fund (250 miliardi), più 40 miliardi dal programma Horizon Europe, più altri 100 miliardi dalle politiche di coesione. In tutto, in teoria, circa 390 miliardi di euro, più dei 370 miliardi di dollari dell’IRA.

COSA CAMBIA PER GLI AIUTI DI STATO

Sarà inoltre possibile per i singoli Stati membri finanziare le proprie aziende in coerenza con la sospensione del divieto di aiuti di stato, il cosiddetto Temporary Crisis and Transition Framework (TCTF). In pratica, si renderà possibile il sostegno finanziario statale alle imprese, estendendo le categorie di esenzione dal divieto e aumentando le soglie di valore dei finanziamenti possibili. Questo è uno dei punti più critici nella proposta della Commissione, perché chiaramente discriminatorio. Ci sono infatti situazioni molto diverse, all’interno dell’Unione, tra Paesi che hanno maggiori possibilità di spingere in deficit il bilancio pubblico e ricorrere all’indebitamento (ad esempio la Germania), rispetto ad altri che di fatto non hanno questa possibilità (ad esempio l’Italia).

Per ovviare al problema, la Commissione propone di utilizzare a compensazione i fondi già allocati al programma REPowerEU e proporrà, forse entro l’estate, un fondo sovrano europeo che investa sulla base di risorse comuni.

LE REAZIONI

Le idee comunicate ieri da Ursula von der Leyen hanno suscitato diverse reazioni. Il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck ha detto di averle accolte con favore. Il gruppo del Partito popolare europeo ha definito il piano “troppo poco, troppo tardi”. ll presidente del gruppo Renew Europe al Parlamento europeo, Stephane Sejourne, ha detto invece di aver apprezzato le proposte “seppur tardive”.

È certamente troppo presto per dare un giudizio compiuto su quanto ha in mente Bruxelles. Se si considera l’insieme del piano, però, lo stile dell’Unione rimane il medesimo del Recovery Fund: si sospendono “temporaneamente” le norme quadro europee (riconoscendo così, ancora una volta, che queste frenano la crescita), si dà spazio alla Germania per avvantaggiarsi rispetto agli altri Stati membri, si mettono a disposizione fondi immaginari oppure presi a debito, con tutte le penetranti condizioni che saranno messe a contorno.

La reazione dell’Unione europea al neo protezionismo americano sembra, comunque, abbastanza moderata, non solo nei contenuti, ma anche nei toni. Se ad emanare un atto come l’IRA, che concede 369 miliardi di dollari di sovvenzioni e aiuti pubblici all’industria americana, fosse stata l’amministrazione di Donald Trump (che pure non è mai arrivato a tanto), avremmo assistito a interminabili filippiche contro i muri che si alzano, le barriere nazionaliste e la pericolosa autarchia. Poiché invece alla Casa Bianca siede un democratico, l’Europa e i suoi cantori abbozzano.

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