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Hub

Ha senso l’idea di un hub del gas (russo) in Turchia?

Putin propone la creazione di un hub del gas in Turchia, che gestirà le forniture di combustibile russo all'Europa e ne determinerà i prezzi. Il progetto piace molto a Erdogan, ma la sua convenienza è dubbia. Ecco perché.

 

Mercoledì il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha detto di essere d’accordo con l’omologo russo Vladimir Putin per la creazione di un hub (cioè un centro, un polo) del gas naturale in Turchia.

L’IDEA DI PUTIN

L’idea arriva proprio da Putin, che l’aveva proposta a Erdogan una settimana prima, ai margini di un vertice della CICA in Kazakistan. Il presidente russo ha in mente di fare della Turchia non un semplice centro di distribuzione del gas verso l’Europa, ma un hub regionale vero e proprio “che determina i prezzi” del combustibile, simile al TTF di Amsterdam o all’Henry Hub statunitense.

“Se la Turchia e i potenziali acquirenti di altri paesi sono interessati”, ha dichiarato Putin, “possiamo prendere in considerazione la costruzione di un altro gasdotto e la creazione di un hub del gas in Turchia per il commercio con paesi terzi, in primo luogo quelli europei”.

UN’ALTERNATIVA AL TTF E AL NORD STREAM

A suo dire, la Turchia è “il paese di transito più affidabile per le forniture di gas all’Europa” e permetterebbe inoltre di “regolare facilmente [i prezzi, ndr] a un normale livello di mercato, senza alcun condizionamento politico”.

Putin fa riferimento a due cose: ai prezzi del gas molto più alti del solito sul TTF (dovuti principalmente, però, a una carenza di gas, viste le ridottissime forniture russe) e ai danni subiti a fine settembre dai gasdotti Nord Stream 1 e 2, destinati al trasporto del gas russo in Europa attraverso il mar Baltico. Secondo il Cremlino, i danni sono la conseguenza di un sabotaggio politico che dimostra l’inaffidabilità di quella rotta; alcuni ipotizzano, al contrario, che la responsabilità del fatto sia proprio del governo russo.

L’AMBIZIONE DELLA TURCHIA

Il piano di Putin consiste dunque nel riorientare i flussi di gas russo verso il mar Nero e fino alla Turchia, dove sono già presenti diversi gasdotti dall’Azerbaigian, dall’Iran e dalla Russia stessa (il TurkStream).

La creazione di un hub del gas in Turchia piace moltissimo a Erdogan, che ambisce a fare del paese non un semplice punto di passaggio tra venditori (euroasiatici) e acquirenti (europei), ma un intermediario energetico più completo, che fissa i prezzi della materia prima.

UN HUB DEL GAS IN TRACIA?

Erdogan ha detto che le autorità turche hanno iniziato subito a studiare le questioni tecniche legate alla creazione di un hub del gas, che potrebbe sorgere in Tracia, una regione che comprende parti di Turchia (vi si trova Istanbul), Bulgaria e Grecia. A detta del presidente, sarebbe “il luogo più appropriato”.

TROVARE GLI ACQUIRENTI

Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha detto che il gas russo che arriverà in Turchia potrà venire destinato al mercato europeo. Per dare concretezza all’idea di un hub turco, però, sarà necessario costruire altri gasdotti e infrastrutture varie. “È questione di domanda e offerta. Quanti paesi dell’Europa sud-orientale e occidentale sono pronti a ricevere il gas da un progetto del genere?”, si è domandato il ministro.

La domanda di combustibili fossili – incluso il gas – dell’Unione europea è infatti destinata a ridursi sempre più, visti gli obiettivi di transizione energetica e di riduzione delle emissioni di gas serra. La Commissione europea, inoltre, ha presentato a maggio un piano (RePowerEU) da 210 miliardi di euro per azzerare le importazioni di idrocarburi russi entro il 2027 e potenziare l’installazione di impianti per le energie rinnovabili e l’idrogeno.

LE SPESE

In un contesto di riduzione dei consumi di gas, solo le forniture meno costose riusciranno a rimanere sul mercato, e l’hub turco potrebbe non essere in grado di garantire questa competitività di prezzo. Le spese di trasporto del combustibile dalla Tracia fino all’hub di Baumgarten in Austria, e da lì verso l’Europa nordoccidentale, sono considerate piuttosto alte dagli esperti.

Considerati gli investimenti e i tempi di realizzazione necessari, la Turchia potrebbe non riuscire a rientrare delle spese sostenute per la creazione dell’hub. L’Unione europea, inoltre, dice di voler prestare maggiore attenzione alla sicurezza energetica e alla diversificazione dei fornitori (è improbabile, quindi, che decida di ricadere nella dipendenza dalla Russia); a giugno, poi, ha firmato un memorandum d’intesa con Israele ed Egitto per incrementare la compravendita di gas.

COSA HA DETTO LA FRANCIA

La Francia, infatti, ha dichiarato che “non ha senso creare nuove infrastrutture che permettano di importare più gas russo”. Un portavoce della presidenza francese ha aggiunto che la quota di mercato del gas russo in Europa è calata al 7,5 per cento dal 40 per cento circa di un anno fa, ed “è probabile che scenderà ancora”.

“Russia e Turchia possono decidere insieme di esportare più gas”, ha concluso l’Eliseo, “ma non possono farlo nell’Unione europea, che ha impegni di sovranità, di riduzione della dipendenza e anche di transizione climatica”.

LE RISERVE DELL’UE SULLA TURCHIA

Considerate le riserve della Commissione europea sulla Turchia, dato il rifiuto del paese di imporre sanzioni alla Russia per l’invasione dell’Ucraina (al contrario, sta continuando a portare avanti un dialogo economicopolitico con Mosca), difficilmente Bruxelles andrà a consegnare ad Ankara il controllo sui flussi e i prezzi del gas.

I LIMITI TECNICI DI GAZPROM

Da parte russa, sostituire il Nord Stream con la Turchia significherà portare la capacità di esportazione verso il paese dagli attuali 31,5 miliardi di metri cubi l’anno (la capacità del TurkStream) ad almeno 55. La società statale Gazprom aveva effettivamente ventilato l’idea di un’espansione del TurkStream fino a 63 miliardi di metri cubi all’anno, ma – date le sanzioni, che impediscono a Mosca di accedere a tecnologie e servizi occidentali – potrebbe non disporre dei mezzi tecnici per effettuare i lavori: le navi posatubi impiegate nel mar Baltico per la costruzione del Nord Stream 2 potrebbero non essere efficaci nel mar Nero, data la profondità molto maggiore del fondale.

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