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Orano

Anche sul riciclo delle batterie Stellantis snobba le aziende italiane

Stellantis e Orano formeranno una joint venture per il riciclo delle batterie, ricche di metalli critici come il litio e il cobalto. Ecco azionisti e business della società francese, attiva principalmente nell'uranio.

Stellantis – la casa automobilistica che controlla i marchi FIAT, Chrysler, Citroën, Opel, Peugeot e ancora – ha annunciato martedì la firma di un memorandum d’intesa con la società energetica francese Orano. I due gruppi creeranno una joint venture dedicata al riciclo delle batterie dei veicoli elettrici e degli scarti delle gigafactory (si chiamano così le fabbriche di batterie, in gergo) di Stellantis in Europa e in Nordamerica.

A COSA SERVE IL RICICLO DELLE BATTERIE

Le batterie oggi più diffuse, agli ioni di litio, contengono metalli di valore come il litio, il nichel e il cobalto, la cui estrazione e lavorazione è solitamente controllata dalla Cina in percentuali molto alte rispetto al totale globale: Pechino, ad esempio, vale oltre il 70 per cento della raffinazione mondiale di cobalto e circa il 65 per cento di quella di litio. Il recupero dei metalli critici dalle batterie giunte a fine vita – secondo un modello organizzativo chiamato “economia circolare” – permette allora sia di contenere la necessità di estrarre nuove risorse, sia di ridurre la dipendenza dalle forniture estere.

Il piano strategico Dare Forward 2030 di Stellantis prevede che la divisione Economia circolare decuplicherà i ricavi dal riciclo, per oltre 2 miliardi di euro, entro il 2030.

COSA FARANNO STELLANTIS E ORANO

La joint venture tra Stellantis e Orano utilizzerà la “tecnologia innovativa a basse emissioni” della società francese, che – spiega il comunicato – permette il recupero di pressoché tutti i materiali presenti nelle batterie agli ioni di litio e la produzione di nuovi materiali per i catodi. Il catodo è l’elettrodo positivo della batteria: negli accumulatori agli ioni di litio, è generalmente composto da nichel, manganese e cobalto.

La collaborazione tra le due aziende prevede anche la raffinazione della cosiddetta “massa nera” (ovvero ciò che resta delle batterie dopo la rimozione di acciaio e plastiche) nell’impianto idrometallurgico che Orano sta realizzando a Dunkerque, nel nord della Francia: l’obiettivo del governo francese è trasformare l’area di Dunkerque, un ex-centro minerario oggi impoverito, in un polo industriale per le batterie.

La produzione inizierà nella prima parte del 2026.

GLI OBIETTIVI EUROPEI SUI METALLI CRITICI (E LA SITUAZIONE ATTUALE)

La Commissione europea ha stabilito che entro il 2030 gli stati dell’Unione dovranno riciclare sul territorio comunitario almeno il 15 per cento dei minerali critici consumati, oltre ad estrarne – sempre internamente – il 10 per cento e processarne il 40 per cento.

Attualmente l’Unione europea dipende dall’estero per il soddisfacimento della propria domanda di metalli per le batterie, con picchi del 96 per cento per il manganese e del 100 per cento del litio, stando all’EU Critical Raw Materials Report 2023.

TUTTO SU ORANO

Orano è una società statale francese che si occupa principalmente di uranio e materiali nucleari. Era saltata all’attenzione della stampa generalista lo scorso luglio, dopo il colpo di stato in Niger: proprio Orano (attraverso una joint venture con la compagnia statale nigerina Sopamin) gestisce la più importante miniera di uranio del paese, ad Arlit, e possiede i diritti di sfruttamento del promettente progetto Imouraren, che si stima contenga tra le riserve più vaste al mondo di questo metallo.

L’azienda ha sede a Châtillon, vicino Parigi, ed è nata nel 2001 dalla ristrutturazione del gruppo energetico statale francese Areva. Conta 17.000 dipendenti.

Il maggiore azionista di Orano è lo stato francese, con il 45,2 per cento; seguono Areva (statale a sua volta) con il 40 per cento e il CEA (un ente pubblico francese per la ricerca sull’energia atomica e le energie alternative) con il 4,8 per cento. Altri azionisti di rilievo sono le compagnie giapponesi JNFL e Mitsubishi Heavy Industries, entrambe con il 5 per cento ciascuna.

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