Nel fine settimana ci sono state manifestazioni davanti all’ambasciata francese di Niamey, la capitale del Niger di cui la Francia è stata la potenza coloniale fino al 1960. Migliaia di persone hanno espresso il loro appoggio alla Guardia presidenziale, che il 26 luglio ha compiuto un colpo di stato e arrestato il presidente Mohamed Bazoum, in carica dal 2021: oltre a sostenere i militari, i manifestanti hanno richiesto l’intervento della Russia, lodando il presidente Vladimir Putin e sventolando bandiere russe.
7/n
🚨🇳🇪 Sono migliaia i manifestanti scesi in strada per esprimere il loro sostegno alla giunta militare che ha deposto il legittimo presidente #Bazoum.Chiedono l’intervento della #Russia in #Niger. pic.twitter.com/XerN6lF59b
— Dario D'Angelo (@dariodangelo91) July 30, 2023
Escludendo il Niger, dal 2020 ci sono stati altri sei colpi di stato riusciti in vari paesi dell’Africa centrale: due in Mali, due in Burkina Faso, uno in Guinea e uno in Ciad; tra quelli falliti, uno ha riguardato il Sudan. La Compagnia Wagner, l’organizzazione russa di mercenari che a fine giugno ha tentato una marcia su Mosca, è particolarmente attiva in Mali e in Sudan.
L’URANIO DEL NIGER
L’instabilità in Niger è una preoccupazione per la Francia, non solo per i legami storici e politici ma anche perché il paese è il settimo maggiore produttore al mondo di uranio, un metallo radioattivo utilizzato principalmente come base per il combustibile delle centrali nucleari ma anche per le terapie di trattamento del cancro, per la propulsione delle navi e per la realizzazione di armi.
Nonostante la buona posizione in classifica, la produzione di uranio del Niger è paragonabile a quella della Russia (al sesto posto) ma lontanissima da quella di Namibia, Canada e soprattutto del Kazakistan, che da solo supera la quantità estratta dai successivi quattro paesi produttori messi insieme.
Nel 2022 il Niger ha estratto 2020 tonnellate di uranio, il 5 per cento del totale mondiale, secondo la World Nuclear Association. Nello stesso anno, la Russia ne ha estratte circa 2500, il Canada 7350 e il Kazakistan oltre 21.000.
LA FRANCIA CONTROLLA LE MINIERE
La principale miniera nigerina di uranio si trova nella città di Arlit, nel nordovest del paese, ed è gestita da SOMAÏR, una joint venture tra la compagnia statale francese Orano (ne possiede il 63,4 per cento) e la società statale nigerina Sopamin (36,6 per cento).
Il progetto più interessante è però quello di Imouraren, a sud di Arlit, che si stima contenga tra le riserve più vaste al mondo del metallo. Orano ha ottenuto i diritti di sfruttamento nel 2009 ma i lavori sono stati sospesi nel 2015 nell’attesa che le condizioni del mercato migliorino (che il prezzo dell’uranio si alzi, ad esempio).
I RISCHI
Lo scorso aprile il quotidiano francese Le Monde ha dedicato un approfondimento al ruolo dell’uranio nigerino per il settore energetico francese, offrendo una descrizione dell’area intorno ad Arlit e dei pericoli che contiene.
“Questa parte dell’Africa, nel nord del Niger, è classificata come ‘rossa’ dal ministero degli Affari esteri francese”, scriveva Le Monde. “Afflitta da banditi, traffico di droga e di migranti, la regione rimane sotto alta vigilanza perché soggetta al terrorismo che prospera ai suoi confini e al sentimento anti-francese che sta crescendo in tutto il Sahel. Già nel 2010, Orano e Vinci [azienda ingegneristica francese, ndr] hanno dovuto confrontarsi con il rapimento da parte di al-Qaeda nel Maghreb islamico di sette dei loro dipendenti, tra cui cinque cittadini francesi. Nel 2013 i jihadisti si sono introdotti nella miniera con un veicolo imbottito di esplosivo, causando la morte di un dipendente. Da allora, le condizioni di sicurezza del gruppo si sono inasprite”.
QUANTO CONTA L’URANIO NIGERINO PER LA FRANCIA E L’UNIONE EUROPEA
A detta di Orano, meno del 10 per cento dell’uranio utilizzato nelle centrali nucleari francesi proviene dal Niger. Questi impianti, infatti, non utilizzano il materiale grezzo, quello estratto dalle miniere: il minerale deve essere prima lavorato e trasformato in combustibile.
A livello comunitario, tuttavia, la dipendenza da Niamey è più marcata: è nigerino il 24,2 per cento dell’uranio importato dall’Unione europea nel 2021. Si tratta di una quota superiore anche a quella del Kazakistan (22,9 per cento), dell’Australia (15,5 per cento) e del Canada (14,3 per cento).