Gli Stati Uniti e il Giappone hanno annunciato mercoledì una collaborazione per accelerare lo sviluppo e la commercializzazione della fusione nucleare, una tecnologia che promette di produrre grandi quantità di energia pulita ma che al momento è ferma allo stato sperimentale. La partnership tra i due paesi è stata annunciata durante la visita a Washington del primo ministro giapponese Fumio Kishida, che si è riunito con il presidente americano Joe Biden.
COS’È LA FUSIONE NUCLEARE
La fusione nucleare funziona all’opposto della fissione, il processo utilizzato in tutte le centrali oggi attive nel mondo: non genera energia dalla divisione di atomi pesanti bensì dall’unione di atomi leggeri; non rilascia emissioni di gas serra, non produce rifiuti ad alta radioattività ed è considerata inesauribile o quasi per via della facilità di accesso al trizio e al deuterio (i due isotopi dell’idrogeno utilizzati come combustibile).
Nonostante le grandi potenzialità, la fusione nucleare – che utilizza magneti o laser – è molto difficile da mantenere stabile e da rendere efficiente: il cosiddetto guadagno energetico netto, cioè la generazione di più energia di quanta ne viene consumata nel processo, è stato raggiunto solo due volte (entrambe dal laboratorio americano Lawrence Livermore), in quantità molto modeste e in maniera discontinua.
COSA SAPPIAMO DELLA PARTNERSHIP STATI UNITI-GIAPPONE
La partnership tra Stati Uniti e Giappone si concentrerà sulla commercializzazione della fusione nucleare – ossia, in breve, sul superamento degli ostacoli scientifici e tecnici all’avviamento di centrali elettriche a fusione – attraverso collaborazioni tra università, laboratori e aziende private dei due paesi.
IL RUOLO DI COMMONWEALTH (SOSTENUTA DA ENI)
Secondo la Fusion Industry Association, un’associazione di settore con sede a Washington, ad oggi nel mondo i progetti di fusione nucleare hanno ricevuto finanziamenti per oltre 6 miliardi di dollari; l’80 per cento degli investimenti si concentrano negli Stati Uniti, dove sono attive numerose aziende come Commonwealth Fusion Systems. La startup – di cui l’italiana Eni è un’importante sostenitrice – promette di avviare una centrale elettrica a fusione di tipo commerciale già negli anni 2030.
Commonwealth Fusion Systems è una delle otto società statunitensi che lo scorso giugno hanno ottenuto l’accesso a un fondo di 46 milioni di dollari del dipartimento dell’Energia. Le altre sono Focused Energy, Princeton Stellarators, Realta Fusion, Tokamak Energy, Type One Energy, Xcimer Energy e Zap Energy.
LE ALTRE INIZIATIVE
Alla COP28 di Dubai gli Stati Uniti hanno promosso un engagement plan sulla fusione nucleare con trentacinque paesi. Il piano ha lo scopo di accelerare il progresso dell’energia da fusione attraverso la cooperazione sulla ricerca, sullo sviluppo della filiera, sulla formazione del personale e sulla regolazione normativa.
Nel 2023 il Giappone ha istituito un forum industriale sulla fusione dedicato alla commercializzazione di questa tecnologia. L’obiettivo del gruppo, al quale partecipano sia società energetiche che ingegneristiche, è consigliare il governo nipponico sugli standard tecnici e di sicurezza da adottare anche in vista della realizzazione di progetti all’estero.