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Giappone Nucleare

Sogin, cosa succederà alla centrale di Latina

Al via lo smantellamento della centrale nucleare di Latina. Si chiude definitivamente l'epoca dell'energia dell'atomo in Italia

 

Non hanno speranze i nuclearisti italiani. La possibilità che l’Italia pur nella incerta transizione energetica, possa riprendere (come, quando, dove, non si è mai capito) la produzione di energia dall’atomo è fuori da qualsiasi disegno. Il programma di smantellamento delle vecchie centrali prosegue e la Sogin si intesta i risultati strategici, almeno fino al 2027. Siamo nella cosiddetta fase 1 di un piano condiviso da tutte le forze politiche del valore di 270 milioni di euro.

Ieri altro passo avanti, sostanziato nel decreto del Ministero dello sviluppo Economico,  sulla disattivazione della centrale di Latina. È il quinto provvedimento dopo quelli per gli impianti di Bosco Marengo e le centrali di Trino, Garigliano e Caorso.

“Siamo soddisfatti – ha commentato l’amministratore delegato di Sogin, Emanuele Fontani – per l’emissione di tale decreto. Si tratta di un passaggio cruciale per la chiusura del ciclo nucleare italiano, che ci consente di entrare nel vivo del decommissioning della centrale pontina”. L’iter dello smantellamento viene condiviso da vari Enti statali, della cui collaborazione Fontani si dice soddisfatto.

Su tutte le operazioni resta sempre l’incognita del deposito nazionale delle scorie radioattive: uno dei tanti problemi irrisolti del sistema energetico italiano. Per ora i rifiuti di Latina saranno stoccati in sicurezza sul sito. Sia nel nuovo deposito temporaneo, sia in alcuni locali dell’edificio reattore appositamente adeguati, così da non realizzare ulteriori strutture, spiega Sogin.

Tutto sarà controllato secondo il progetto per tutelare il territorio e la salute pubblica, come si fa da molti anni dialogando anche con enti locali e rappresentanze sociali. Nel cantiere di Latina si abbatteranno sei boiler, per un peso di oltre 3.600 tonnellate e si ridurrà l’altezza dell’edificio reattore.

Un lento addio, dunque, alla prima centrale nucleare italiana costruita dall’Eni nel 1958. Allora la società di Enrico Mattei aveva orizzonti larghi alla ricerca dell’autonomia energetica del Paese, ancora con le ferite del dopoguerra. Sogin ricorda che durante la sua attività il sito di Latina ha prodotto 26 miliardi di kilowattora di energia elettrica, non ritenuti poi più necessari dopo il referendum che decretò la fine di quella fonte di energia.

Abbattere progressivamente le centrali, allontanare del tutto l’idea del ricorso al nucleare vede l’Italia incamminata con Francia e Germania verso la rinuncia all’atomo. Una volta tanto non guasta.

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