Non c’è posto per il nucleare nel piano green dell’Unione Europea. I tremila big che hanno partecipato al Word Economic di Davos hanno discusso sui grandi temi che assillano il pianeta – dal riscaldamento globale alle politiche di sviluppo, dagli appelli di Greta ai sistemi di approvvigionamento energetico – ma non hanno trovato nessuna sintesi accettabile.
Nulla che ci faccia credere che la sfida climatica sia in cima all’agenda di politici e banchieri. Nei fatti non è così. Viene da pensare che questi consessi, almeno per quanto riguarda gli impatti climatici, siano ormai una stanca ripetizione di copioni scritti e riscritti. Lo avevamo già visto con la recente Cop 21 di Madrid e Davos è stata una triste replica. Il premier italiano Conte, non prendendovi parte, è escluso dalla delusione.
Sul nucleare, però, a dare una mano al piano di Ursula von der Leyen ci sta pensando il presidente francese Emmanuel Macron. Nel pieno delle contestazioni per la riforma pensionistica e con indici di popolarità in discesa Macron e il premier Édouard Philippe trattano con il colosso EDF la chiusura di 14 rettori nucleari operativi in 7 centrali.
In cambio dello spegnimento entro il 2025, il governo stanzia 1 miliardo e 800 milioni di euro per aumentare la produzione di biogas e di altre rinnovabili. Una scelta radicale, anche se ricordiamo che più volte la Francia ha annunciato l’uscita morbida dal nucleare.
Insieme alla Germania -per il piacere dei tanti nuclearisti sparsi per l’Europa- la Francia è il Paese che ha fatto più largo uso di reattori. Ad ogni modo, secondo il piano annunciato, saranno spenti gli impianti più vecchi ed ovviamente più pericolosi. La storica centrale di Fessenheim dovrebbe essere la prima a smettere di funzionare, sebbene se ne fosse parlato già nel 2018.
Macron sa che la riconversione energetica della Francia può dargli nuovo smalto in Europa, soprattutto se le idee del suo governo coincidono nel medio periodo con quelle della nuova Commissione Ue. Senza trascurare che le leve finanziarie di Christine Lagarde vanno nella stessa identica direzione di un maggiore spazio alle fonti rinnovabili.
EDF, a sua volta, ha l’opportunità di dimostrare ai competitor europei di stare al passo con l’evoluzione dei sistemi energetici. Le strategie non gli mancano a maggior ragione che Parigi oltre che sul biogas, intende puntare anche sull’eolico con progetti di piattaforme off shore.
In soldoni la produzione elettrica da nucleare francese dovrebbe scendere del 20% entro il 2035, 10 anni più avanti del termine europeo. Significativo anche che pochi giorni fa è stata invitata dallo stesso governo francese a ridurre il prezzo di vendita di energia da nucleare rispetto a quello di mercato. Insomma siamo agli inizi di una partita che ha il sapore di un replay.